Domanda record per i primi titoli comuni Ue che finanziano la ripresa economica. Ma il capo della Banca centrale tedesca Weidmann attacca la Bce di Lagarde
- L’Unione europea ha emesso sul mercato i primi “social bond” per finanziare Sure, il sistema di prestiti che servirà per pagare la riduzione dell’orario di lavoro nei paesi colpiti dalla crisi pandemica, tutelando l’occupazione.
- Ma con il superamento della linea rossa sono tornate anche le linee di frattura fra i falchi e le colombe della Banca centrale europea.
- Il 19 ottobre, il governatore della Bundesbank, Jens Weidmann ha dichiarato che un debito «su larga scala a livello europeo» è «preoccupante» e lo ha fatto ancora prima che la prima collocazione del debito europeo iniziasse.
La prima linea rossa è stata superata martedì: l’Unione europea ha emesso sul mercato i primi “social bond” per finanziare Sure, il sistema di prestiti che servirà per pagare la riduzione dell’orario di lavoro nei paesi colpiti dalla crisi pandemica, tutelando l’occupazione. Ma con il superamento della linea rossa sono tornate anche le linee di frattura fra i falchi e le colombe della Banca centrale europea.
Il 19 ottobre, il governatore della Bundesbank, Jens Weidmann ha dichiarato che un debito «su larga scala a livello europeo» è «preoccupante» e lo ha fatto ancora prima che la prima collocazione del debito europeo iniziasse.
Per di più martedì sono state collocate solo due tranche di titoli, una da dieci miliardi di euro con scadenza a dieci anni e una da sette miliardi con scadenza a vent’anni. Secondo i dati diffusi nei circuiti finanziari, per la prima c’era una domanda di 145 miliardi di euro e per la seconda di 88 miliardi di euro. In tutto significa 233 miliardi di euro di offerta, un livello che gli stessi gestori del collocamento non hanno esitato a definire “monstre” e un record sul mercato obbligazionario europeo.
La spiegazione del successo è piuttosto semplice. L’Ue ha raccolto liquidità a un prezzo conveniente per i Paesi con titoli di debito maggiormente rischiosi, come Italia o Spagna, e meno conveniente rispetto a quelli con titoli più sicuri, come la Germania. Questo ha reso gli “eurobond” più appetibili per gli investitori.
Da una parte, infatti, il debito europeo gode come i Paesi con il debito più sicuro del giudizio massimo di affidabilità delle agenzie di rating, e quindi può essere considerato un bene rifugio dove investire il proprio capitale in tempi di incertezza. Dall’altra, però, seppure il rendimento per la prima tranche risulti comunque negativo, è comunque maggiore di quello dei soliti titoli di stato tedeschi. E si tratta solo di un antipasto.
«Quella di oggi è la testa di ponte per quello che saranno le emissioni del piano Next Generation Eu», fa notare Lorenzo Codogno ex dirigente del tesoro, oggi visiting professor della London School of Economics. Sure, infatti, può arrivare a coprire fino a cento miliardi di prestiti, ma altre emissioni dovrebbero servire a finnaziarie il programma Next Generation da 750 miliardi.
La giornata di martedì potrebbe, dunque, segnare simbolicamente l’inizio di una nuova fase politica per l’Unione. Per questo diversi osservatori hanno letto le parole di Weidmann più che come un avvertimento rigorista come una risposta diretta alle dichiarazioni rilasciate lo stesso giorno da Christine Lagarde sulla necessità di rendere il programma Next generation permanente. In una intervista a Le Monde Lagarde aveva dichiarato a proposito del piano: «Dovremmo discutere della sua possibile permanenza nella scatola degli strumenti europei (…) Spero che possa esserci un dibattito su uno strumento di bilancio comune della zona euro che tragga insegnamento da quello che succede oggi».
Alla linea rossa del debito, poi, se ne aggiunge un’altra che coinvolge ancora più direttamente la Bce. Da settimane Weidmann insiste su mantenimento di limiti chiari per i programmi di finanziamento e in particolare sul più flessibile tra loro, il Pepp, quello legato alla crisi pandemica. Lagarde non solo ha difeso le scelte di flessibilità sul programma di acquisto, ma la settimana scorsa in un incontro promosso dalle Nazioni Unite ha lanciato la possibilità di abbandonare la chiave di capitale, cioè il principio secondo il quale gli acquisti della Bce devono essere proporzionati a chi ne detiene il capitale, «per compensare la sottovalutazione del rischio climatico nei mercati finanziari».
Per dirla più chiaramente, Lagarde ha ipotizzato la possibilità di legare gli acquisti delle obbligazioni delle imprese a criteri ambientali, per rispondere a quelli che non ha esitato a definire come fallimenti di mercato. Ai piani alti dell’Eurotower la presidente non è sola. Isabel Schnabel, attivissimo membro del consiglio direttivo della Bce, ha proposto direttamente di escludere dai programmi di acquisto le obbligazioni delle industrie maggiormente inquinanti. Ma anche qui le posizioni più avanzate devono vedersela con i conservatori sul fronte economico, anche quelli che di fronte alla crisi avevano sostenuto la necessità di politiche espansive.
Il presidente dell’istituto per la ricerca economica di Monaco Clemens Fuest, che con Schnabel ha condiviso la poltrona di consigliere economico del governo tedesco, ha accusato Lagarde di essere addirittura antidemocratica, per essersi arrogata sul fronte delle regole ambientali una prerogativa che spetta agli stati. Prese di posizione diverse, ma che riflettono il dibattito interno avviato per la revisione della strategia complessiva della banca centrale: durerà mesi ed è quello su cui falchi e colombe si giocano di più.
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