Con uno stanziamento pubblico di appena 2 milioni di euro l’anno per la formazione, in tre anni Ferrovie dello stato e imprese private hanno assunto 3mila macchinisti per i treni merci. Necessarie altre assunzioni per i prossimi anni, ma dal bilancio statale è sparito il finanziamento
- Con appena due milioni di euro pubblici l’anno per la formazione Mercitalia di Ferrovie dello stato e le 19 imprese private riunite in Fercargo in tre anni hanno assunto 3mila macchinisti.
- Ne vorrebbero assumere altrettanti nel prossimo triennio, ma dal bilancio dello stato è sparita la voce di finanziamento e nessuno sa spiegare perché.
- Il trasporto per ferrovia delle merci, comprese quelle di prima necessità, ha funzionato a dovere durante tutto l’anno della pandemia. Stanno andando in pensione centinaia di macchinisti che devono essere rimpiazzati
Agli autotrasportatori che non ne avrebbero bisogno soldi a piovere, alle aziende dei treni merci che i soldi li chiedono per continuare ad assumere migliaia di macchinisti niente. Eppure si tratterebbe di poco, un'inezia rispetto alle centinaia di miliardi di euro del bilancio statale: appena due milioni l'anno.
Una cifra irrisoria, ma non una mancia, meno della metà dei cinque milioni concessi ogni anno all'autotrasporto nonostante da un po' di tempo l'autotrasporto faccia fatica a impiegarli con progetti mirati. Con due milioni di euro l'anno per tre anni, dal 2017 al 2019, le imprese dei treni merci hanno pagato una quota della formazione (il 30 per cento) per preparare i nuovi macchinisti che poi hanno assunto. Ogni 10 persone che hanno seguito i corsi, 9 hanno trovato un lavoro in ferrovia. In 3 anni sono stati assunti dalle imprese pubbliche e private 3 mila macchinisti, tutti giovani, età media 24 anni, tutte assunzioni vere, a tempo indeterminato.
Il successo dei treni merci
L'esperimento stava funzionando bene, insomma, e ci sarebbe stato bisogno proseguisse per almeno due motivi. Il primo: in tempo di Covid il settore ferroviario delle merci continua a tirare parecchio. Il secondo motivo: ci sarà bisogno di migliaia di nuovi macchinisti che dovranno prendere il posto di quelli che vanno in pensione. Per legge il lavoro del macchinista è considerato usurante, quindi i tempi necessari per maturare il diritto alla pensione sono ridotti e molti lavoratori sono arrivati a fine carriera. Da qui la necessità di assicurare il turnover per evitare il paradosso che una volta domata la pandemia e messi sulla via giusta i 209 miliardi di euro del Recovery plan, il trasporto delle merci su rotaia invece di essere uno degli strumenti della ripresa, diventi un collo di bottiglia.
Nonostante tutte queste buone ragioni a sostegno dello stanziamento per la formazione dei macchinisti, nel bilancio 2021 dello stato i 2 milioni non ci sono. La voce è stata cancellata. Perché e da chi? Non ci sono responsabili certi e neanche spiegazioni sicure. Sembra non ci sia una qualche manina che nell'ombra con la penna rossa ha tirato una riga per la cancellazione. La spiegazione dell'accaduto che circola tra i diretti interessati è allo stesso tempo più banale e sconcertante.
Pare che al gabinetto del ministro dove nel frattempo è stato riconfermato come capo Alberto Stancanelli, uno dei pochi ripescati tra gli alti burocrati del passato governo, si siano dimenticati di inserire la norma nell'articolato di legge. Una banale dimenticanza, insomma. Anche se è il secondo anno di fila che capita. Pure nella legge di bilancio del 2020 lo stanziamento per la formazione dei macchinisti non era stato inserito, ma poi lo scivolone fu corretto in corsa e il provvedimento ad hoc fu inserito nel successivo Decreto rilancio.
D’accordo Fs e privati
A favore dello stanziamento pro macchinisti c'era uno schieramento molto ampio e composito. Prima di tutto c'erano le 19 imprese italiane e straniere riunite nell'associazione Fercargo che insieme all'azienda pubblica del trasporto merci, cioè Mercitalia del gruppo, Fs avevano fatto con diligenza il loro lavoro di lobby fin dall'estate. Per una volta tanto pubblici e privati si erano mossi d'amore e d'accordo partendo dal presupposto che l'obiettivo era comune, «di sistema» come si dice in questi casi. Anche i sindacati erano ovviamente d'accordo perché in un momento in cui sono alle prese con la burrasca quotidiana di licenziamenti e cassa integrazione, avere a che fare con aziende che assumono è una benedizione anche per loro.
Lo stupore dei sindacati
In una nota la Uil Trasporti, per esempio, denuncia la «grave mancanza dei finanziamenti» in un periodo in cui «emerge quanto sia stato importante per il paese il supporto dato dalle varie imprese ferroviarie del trasporto merci in particolare nella distribuzione dei generi di prima necessità». Per la Uil è fondamentale recuperare i finanziamenti «anche in sinergia con il Recovery plan in cui vengono indicati diversi miliardi di euro per il passaggio modale dalla gomma al ferro». Anche i partiti erano convinti in blocco della bontà del piccolo stanziamento. Da Fratelli d'Italia alla Lega al Pd ai 5 Stelle, in commissione Trasporti ognuno aveva presentato un emendamento che, a parte le firme, era nella sostanza sovrapponibile agli altri.
Pure chi aveva il compito di seguire da vicino nel passato governo le faccende del trasporto merci, cioè il sottosegretario Salvatore Margiotta, aveva sposato in pieno la causa della formazione dei macchinisti e l'aveva poi sostenuta. Perfino i burocrati della specifica Direzione ministeriale dei Trasporti si erano espressi a favore dello stanziamento. E infine addirittura gli autotrasportatori avevano fatto sapere di non essere contrari allo stanziamenti a favore dei rivali dei merci. Soprattutto gli autotrasportatori più grandi, quelli in grado di trasferire il carico sui treni, soprattutto dopo la lezione della paralisi del Brennero non sono affatto entusiasti all'idea che nel prossimo futuro ci sia penuria di macchinisti.
© Riproduzione riservata