Il Consiglio direttivo della Banca centrale europea ha deciso di portare il tasso sui depositi dal 3,75 al 4 per cento. Una scelta motivata dalle deludenti prospettive sul fronte dell’inflazione
La Bce spinge i tassi d’interesse un altro quarto di punto più su. Il tasso di riferimento, quello sui depositi presso la banca centrale, passa dal 3,75 per cento al 4 per cento, come ha deciso questo pomeriggio il Consiglio direttivo dell’istituzione di Francoforte. La stretta, quindi, non è ancora finita.
La Banca centrale vede ancora l’inflazione troppo lontana dall’obiettivo del 2 per cento e ha scelto di raffreddare l’economia nel tentativo, finora riuscito solo in parte, di frenare la corsa dei prezzi, che ad agosto nell’area euro non sono scesi sotto il 5,3 per cento (5,5 per cento in Italia).
Per il 2023, come segnala il comunicato della Bce, l’aumento del costo della vita in Eurolandia sarà del 5,6 per cento, il 5,1 per cento se si escludono energia e prodotti alimentari non lavorati. Numeri ancora troppo elevati, nella visione dei banchieri di Francoforte per mollare la presa sui tassi d’interesse, anche se con la raffica di aumenti degli ultimi 15 mesi, il costo del denaro ha raggiunto un livello tale che – si legge nel comunicato della Bce – «se mantenuto per un periodo sufficientemente lungo, darà un contributo sostanziale a riportare l’inflazione entro il target» del 2 per cento.
L’effetto collaterale
La decisione di oggi, però, ha anche l’effetto collaterale di pesare su un sistema produttivo che in tutta la zona euro ha già perso colpi nei mesi scorsi e minaccia di rallentare ancora nell’ultimo semestre dell’anno. È di lunedì scorso l’annuncio della Commissione Ue che ha tagliato le previsioni di crescita dell’area Euro per il 2023 dall’1,1 per cento allo0,8 per cento e per l’Italia da 1,2 a 0,9
È chiaro che ai vertici della Bce continua a dominare l’ala più intransigente e rigorista, i cosiddetti falchi, che non intendono mollare la presa fino a quando non ci saranno chiari segnali che l’inflazione ha invertito la marcia. Per Paesi come l’Italia, alle prese con una congiuntura economica debole e un colossale debito pubblico, l’ulteriore rialzo dei tassi, il decimo consecutivo dal luglio 2022, è destinato nell’immediato a creare nuove difficoltà. Il denaro costerà più caro, per i prestiti alle aziende come per i mutui destinati alle famiglie.
E anche il Tesoro vedrà salire gli oneri per far fronte ai rendimenti dei titoli di stato. La speranza, a questo punto, è che nella prossima riunione di ottobre, la Bce possa prendere atto di dati migliori sul fronte dell’inflazione e quindi interrompere la lunga serie dei rialzi. Nel frattempo, in Italia, il nuovo rialzo darà nuova voce ai politici che da tempo criticano la politica restrittiva della Bce guidata da Christine Lagarde, una strategia che sta fallendo nella lotta all’inflazione e rischia di dare il colpo di grazia a un’economia già traballante.
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