Ho bisogno di avere dal mio capitale un flusso di rendimenti annuale per integrare la scarsa pensione e ho puntato per questo nel passato a un portafoglio investimenti formato da titoli con alte cedole e fra queste massicciamente purtroppo sulla Turchia di cui avevo letto un gran bene su un sito internet che suggeriva un titolo “sicuro” della Bei, Banca Europea degli Investimenti. Nel 2017 le previsioni degli analisti di una delle primarie società di rating mondiale sembravano positive sulla Turchia e il peggio alle spalle invece è un continuo stillicidio di cattive notizie. Morale: ho incassato delle belle cedole ma di fatto perdo quasi il 50% del capitale facendo i conti in euro e non in lire turche. E pensare che avevo investito nei bond turchi una bella sommetta. Non le chiedo cosa succederà alla Turchia ma come posso evitare in futuro di cadere in simili tranelli? Ci si può fidare degli analisti finanziari e delle previsioni di Borsa ed economiche?

Michele


Gentile Michele,

Jeroen van der Veer, uomo d'affari olandese, presidente del consiglio di sorveglianza della Philips ed ex amministratore delegato della Royal Dutch Shell ha detto una volta che “come gnu che migrano, gli investitori si seguono a vicenda e seguono l'analista. A volte incontrano un burrone nel loro viaggio.”

Ha incontrato purtroppo un burrone come quello turco (di cui ha scritto Mario Seminerio il 25 novembre 2021 sul quotidiano Domani un’efficace sintesi delle ragioni del baratro finanziario che la politica di Erdogan ha generato) ma non se la prenda solo con il “sultano” come lo chiamano a volte beffardamente alcuni.

Lei signor Michele ci ha messo anche del suo a pensare di costruire un portafoglio partendo dalle cedole da incassare: è una cavolata (non mi viene in mente un termine finanziario più tecnico) che sta pagando cara. Ed è in buona compagnia perché molti risparmiatori italiani si lasciano incantare da dividendi e cedole (i frutti) senza guardare alla buona salute degli alberi che li dovrebbero generare. E anche qui ci sono molte società di gestione e banche che sfornano continuamente prodotti e strumenti finanziari che sfruttano quella che è spesso una trappola mentale di molti risparmiatori. Come collocare fondi che pagano cedole talvolta inesistenti perché prelevano i soldi dallo stesso capitale versato del risparmiatore. Non esistono in sostanza come ha capito rendimenti senza rischi o ritorni allettanti “sicuri”. Diffidi di chi la fa troppo facile. I mercati finanziari offrono anche grandi opportunità agli investitori ma non regalano nulla. Soprattutto agli ingenui.

«Mio figlio dice che è ora di investire in bitcoin. Che faccio?»

Investire in obbligazioni emesse in valute diverse dall’euro espone al rischio valutario ovvero che un Paese ti ripaghi il suo debito con una moneta così svalutata che una volta cambiata in euro ci si ritrovi con molto meno capitale di quello che si era investito, anche se si sono continuate a incassare le cedole.

Non è però solo colpa sua. Quello che le sfugge è come funziona esattamente il circo Barnum delle previsioni e ci vuole molto tempo per capirlo e prendere delle batoste aiuta. Ci sono poi migliaia di siti e giornali che rilanciano consigli finanziari allo scopo di avere persone come lei che fanno una marea di click sugli articoli che consigliano questo e quello riprendendo gli studi degli analisti e degli economisti. Che cercano di giustificare il loro ruolo che è spesso quello di fare “cinema”. Cercava una soluzione veloce, facile e gratuita, ammantata di un minimo di professionalità, perché c’erano analisti che consigliavano questa soluzione e siti internet che riprendevano questo consiglio: ecco il risultato.

Fidarsi del giudizio degli analisti finanziari come degli economisti per investire è qualcosa che un investitore serio e un po’ scafato non dovrebbe quasi mai fare.

“La sola funzione delle previsioni in campo economico è quella di rendere persino l’astrologia un po’ più rispettabile” diceva un certo John Kenneth Galbraith, uno degli economisti più assennati dello scorso secolo che ammetteva le pecche della sua categoria: “non facciamo previsioni perché siamo in grado di farle, ma soltanto perché qualcuno le richiede”.

Agli inizi del 2000 lo stesso Galbraith, pubblicò un saggio molto attuale. A partire dal titolo: “L’economia della truffa”. Un libro che raccontava l’ingresso del mondo moderno nell’era dei grandi crac, delle crisi economiche, degli scandali finanziari e delle grandi corporation (ora il “contagio” si è allargato alle banche e addirittura agli Stati sovrani) in stato quasi permanente ed effettivo. C’era tanta provocazione nella tesi di questo economista spesso controcorrente (scomparso nel 2006 alla veneranda età di 97 anni) ma anche un fondo di verità per quanto sgradevole.

Vi era quasi un paradosso nella tesi di Galbraith: il sistema economico internazionale è entrato nell’epoca della “frode innocente”. L’inganno e il falso sono accettati sia da chi li compie (società, banche, stati sovrani) sia da chi li subisce (il risparmiatore), perché ormai endemici al nostro tessuto sociale.

Armato della consueta forza provocatoria e ironica, John Kenneth Galbraith, faceva luce su un sistema completamente assoggettato sempre più alle regole delle grandi corporation e della speculazione. Un mondo che distorce a suo piacimento la verità, dando vita a miti e leggende e dove la speculazione e l’avidità diventano supreme forme d’ingegno.

Negli ultimi 20 anni dal saggio di Galbraith il modo per “accalappiare” i clienti è certo cambiato e si è evoluto, ma la sostanza rimane la stessa. Fare previsioni e diffondere report con target price o consigli “buy” (comprare) o “sell” (vendere) è evidentemente una “liturgia” indispensabile del sistema.

In realtà come dice un mio amico, vero cultore degli investimenti, Fulvio Marchese, sono i mercati a fare le performance e non chi vende, confeziona prodotti o fa le previsioni che spesso valgono meno del tempo di scadenza di uno yoghurt.

ll diffondere “previsioni” viene spesso usato come arma di marketing dalle banche d’affari per giustificare il proprio valore aggiunto e dare l’idea di una “conoscenza superiore dei mercati”. Nella realtà i risultati offerti nell’85% dei casi dagli stessi fondi d’investimento di queste banche smentiscono miseramente questa capacità.
Lo dicono gli spietati numeri. Più spietati dell’andamento della lira turca.

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