- Domani scade il tempo per la risposta alla Ue sulla mancata messa a gara delle concessioni che potrebbe costare ai contribuenti una sanzione pecuniaria per tutelare gli interessi di chi per anni ha pagato pochissimo: il Papeete paga 10mila euro di canone annuo.
- Il Pd promette riforme ma difende la proroga fino al 2033 del governo giallo verde e prova a negoziare con Bruxelles: «Troveremo l’accordo».
- Intanto l’authority antitrust ha deciso di portare in tribunale il comune di Piombino che non aveva messo a gara le concessioni sottolineando che sono «risorse naturali scarse» e per questo non possono essere bloccate nelle mani di pochi.
Entro domani, 3 febbraio, il governo dovrebbe inviare la risposta alla lettera di messa in mora della Commissione europea che ci è stata recapitata a dicembre a causa dell’ennesima proroga delle concessioni balneari. Una violazione del diritto europeo che potrebbe portare i contribuenti italiani a pagare con le tasse una multa salata per difendere i diritti di una categoria che per anni ha pagato canoni non adeguati. Secondo l’ultimo report spiagge di Legambiente, il Papeete Beach di Milano Marittima paga 10mila euro di canone annuo, il Lido della Playa di Gallipoli 2.572 e il Twiga di Marina di Pietrasanta di Flavio Briatore 17.619 euro.
Questa volta la proroga di 15 anni, fino al 2033, è stata decisa con la legge 145 del 2018, del governo Movimento 5 stelle-Lega, e confermata da quello Partito democratico-M5s col decreto rilancio. I balneari hanno, infatti, trovato nel Pd un interlocutore attento alla tutela dei loro interessi. Partecipando al ciclo di incontri «La politica incontra i balneari», assieme all’ex ministro leghista Gian Marco Centinaio, pochi giorni fa Umberto Buratti, deputato democratico di Forte dei Marmi, ha assicurato: «Da parte nostra c’è la volontà di riconfermare quello che il parlamento ha fatto sia col governo gialloverde che col governo giallorosso». Buratti e Centinaio hanno spiegato di aver lavorato al di là delle divisioni maggioranza e opposizione «per mantenere una promessa» e cercando di superare le opposizioni del Movimento 5 stelle.
Il deputato Pd Piero De Luca, figlio del presidente della regione Campania Vincenzo, ricorda che l’Italia ha ancora spiagge libere – la quota è il 40 per cento, ma in realtà dipende molto dalla zona, a Rimini è attorno al nove, ci sono aree dove la costa libera non è balneabile. Le concessioni del demanio marittimo, secondo lui, non dovrebbero nemmeno rientrare nella direttiva Bolkestein, la norma del 2006, recepita dall’Italia nel 2010, che impone la messa a gara e a cui l’Italia non si è mai adeguata: «Cercheremo l’accordo con la Commissione sulla proroga e se non lo troveremo il governo chiederà un periodo transitorio necessario per adeguarsi», dice parlando a nome del partito e indicato dal partito.
Come fatto nei negoziati per le autostrade il Pd cercherà di convincere l’Unione europea promettendo una riforma organica delle concessioni, includendo nel riordino anche gli altri esercenti che occupano il suolo costiero. Nel frattempo pochi giorni fa la Corte costituzionale ha bocciato le proroghe decise dalla regione Calabria, mentre continua il caos a livello locale, con la regione Sardegna che ha diffidato i Comuni che non estendevano le concessioni al 2033 in nome della legge nazionale e la procura di Genova che è arrivata a inviare una lettera agli enti locali per invitare alla messa a gara in nome del diritto europeo.
Sulle concessioni all’interno della Bolkestein, dice Roberto Biagini, presidente del Coordinamento nazionale per il mare libero, «si sono espressi giudici a iosa, dalla Corte di giustizia Ue alla Consulta. Il Pd e le altre forze da lunedì a venerdì parlano di libero mercato e meritocrazia, il sabato e domenica quando vanno al mare tornano al protezionismo a vantaggio di pochi. Le spiagge in Italia sono beni pubblici affidate a una casta di pochi privilegiati». L’autorità Antitrust ha perfino deciso di portare in tribunale il comune di Piombino che non aveva indetto le gare facendo leva anche sul fatto che si tratta di concessioni «che riguardano risorse naturali scarse».
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