- Durante la pandemia lo stato ha concesso alle aziende farmaceutiche uno sconto sui rimborsi calcolati dall’Aifa che le aziende devono corrispondere alle regioni.
- Il “condono” è passato sotto silenzio, ma vale secondo l’ufficio parlamentare di bilancio 157 milioni di euro in meno alla sanità pubblica.
- A beneficiarne c’è anche l’azienda farmaceutica della famiglia del capogruppo del Pd al Senato Marcucci che oltre al condono previsto dal governo si è applicata uno sconto ulteriore, versando allo stato solo il 39 per cento del dovuto.
Durante la pandemia lo stato ha concesso alle aziende farmaceutiche uno sconto sui rimborsi calcolati dall’Aifa che le aziende devono corrispondere alle regioni, sottraendo risorse alla sanità pubblica. Il “condono” è passato sotto silenzio, ma vale oltre 150 milioni di euro in meno alla sanità pubblica. A beneficiarne c’è anche l’azienda farmaceutica della famiglia del capogruppo del Pd al Senato Andrea Marcucci, la Kedrion amministrata dal fratello di Marcucci Paolo e di cui Andrea risulta consigliere fino al 31 dicembre 2020. La società che ha come principale azionista la holding di famiglia Sestant Internazionale Spa (di cui Marcucci è consigliere) è anche partecipata da due fondi di Cassa depositi e prestiti.
Il “condono” dei rimborsi
Il governo Conte bis ha, infatti, approvato con l’ultima legge di bilancio una norma che permette alle società farmaceutiche di avere uno sconto del 15 per cento sui rimborsi che le aziende dovrebbero versare sui conti correnti delle regioni, quando le spese per i farmaci superano il tetto di spesa che gli enti locali non possono sforare.
Si tratta di un meccanismo di pay back (rimborso) introdotto nel 2007 per calmierare la spesa - soprattutto quella in capo agli ospedali che acquistano i farmaci più costosi - e limitare i buchi dei bilanci regionali che prevede precisi limiti per gli acquisti e conguagli nel caso dosi o aumento dei prezzi portino a superare il limite. Per il 2020, per esempio, l’ufficio di bilancio, ha calcolato un rimborso pari a 400 milioni di euro.
L’Aifa chiede, il governo sconta
Da qualche anno si basa sulle quote di mercato delle aziende, proporzionando il rimborso alla quota, indipendentemente da quanto i budget aziendali abbiano contribuito allo sforamento della spesa: in questo modo le piccole e medie aziende italiane possono competere anche con le grandi nelle forniture a ospedali e strutture sanitarie. A calcolare quanto le aziende farmaceutiche devono alle regioni è l’Aifa, l’agenzia italiana del farmaco, che è un’autorità indipendente. Per il 2018 l’agenzia ha chiesto oltre un miliardo di euro alle società per ripianare la spesa delle regioni con il meccanismo del payback, ma grazie allo sconto, il totale è arrivato complessivamente a 895 milioni, con un alleggerimento di 157 milioni di euro.
Uno sconto perfino maggiore di quello che era già stato applicato a inizio 2019 dal primo governo Conte per trovare la soluzione alla quasi decennale controversia Regioni-imprese, rispetto ai ripiani non saldati dal 2013 al 2017. Erano altri tempi, e il servizio sanitario nazionale provato da anni di vacche magre doveva ingegnarsi per recuperare risorse che peraltro spettavano direttamente alle regioni per curare i cittadini. Per questo si lavorò per chiudere un accordo per far pagare un po’ meno alle imprese, e far recuperare risorse importanti alle regioni che rischiavano il tracollo dei sistemi sanitari regionali.
Alla chiusura degli arretrati delle case farmaceutiche, si legge nella relazione dell’ufficio parlamentare di bilancio, è legata anche la determinazione dei tetti di spesa per il 2021 e per il 2022. Ma anche se si è raggiunto l’obiettivo di incasso fissato di 580 milioni di euro, non tutte le aziende hanno chiuso i conti con lo stato.
Ci sono società che hanno versato importi maggiori sia rispetto a quanto previsto inizialmente dall’Agenzia del farmaco, che dopo l’intervento della legge di bilancio; altre che hanno accettato di buon grado lo sconto; altre ancora che neanche dopo lo sconto hanno onorato l’impegno. Tra queste c’è Kedrion, sede a Lucca, leader internazionale riguardo le terapie al plasma.
Con una delibera datata gennaio 2021 l’Aifa ha chiesto a Kedrion quasi un milione e 700 mila euro (1.679.384,76, per la precisione). La legge di bilancio del 2020 con il famoso sconto del 15 per cento ha ridotto l’importo a 1.428.179,34, abbonando 300 mila euro.
Ma anche sulla cifra scontata, secondo i documenti la società della famiglia Marcucci corrisposto 550 mila euro, cioè il 39 per cento del totale. E questo dopo un anno il 2019 in cui secondo il rapporto annuale pubblicato dalla società, Kedrion, ha realizzato quello che la stessa azienda definisce un fatturato record di 808,2 milioni di euro, in aumento del 17, 5 per cento rispetto all’anno precedente e soprattutto un Ebitda rettificato pari a 166,1 milioni di euro, in crescita dell’11,7 per cento.
In questo caso lo stato ha fatto un favore a se stesso, visto che nella società è presente Fsi investimenti di Cassa depositi e prestiti (che ha il 25 per cento del capitale) e da novembre 2019 anche Fsi Sgr (con il 19,59 per cento).
I governi cambiano, la fortuna per Kedrion resta. Ma non è la sola società che durante la pandemia deve ancora fondi alla sanità delle regioni. Per esempio i cittadini dovrebbero sapere che nei versamenti effettuati da un'azienda leader dei farmaci da banco come la Menarini, rispetto alle richieste di Aifa, mancano all'appello ancora oltre tre milioni di euro.
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