- Quel che resta della complicata vicenda giudiziaria di truffe immobiliari e riciclaggi ai danni di Banca Carige che ruota intorno a Giovanni Berneschi, padre padrone dell'istituto ligure per molti lustri, è un patteggiamento a 2 anni e 10 mesi. Nel 2018 la Corte d'Appello di Genova lo aveva condannato a 8 anni e sette mesi di carcere per gli stessi fatti.
- Il patteggiamento è arrivato dopo che Berneschi ha accettato di risarcire lo stato con 22 milioni di euro in solido con gli altri coimputati di una stagione rampante dell'istituto ligure.
- I protagonisti di questa vicenda hanno scelto di regolare tutto come sui mercati e dall'incontro tra domanda di legalità dei pm e quella di tranquillità degli avvocati sono scaturiti i patteggiamenti preceduti dal risarcimento.
Quel che resta della complicata e lunghissima vicenda giudiziaria di truffe immobiliari e riciclaggi ai danni di Banca Carige che ruota intorno a Giovanni Berneschi, uno dei banchieri più famosi d'Italia e padre padrone dell'istituto ligure per molti lustri, è un patteggiamento a 2 anni e 10 mesi ottenuto dal gip di Milano Raffaella Mascarino dopo aver accettato di risarcire lo stato con 22 milioni di euro in solido con gli altri coimputati di una stagione rampante dell'istituto ligure.
Eppure le cose per l'anziano ex presidente della banca genovese, 84 anni il prossimo luglio, si erano messe decisamente peggio solo qualche anno fa: era il 2018 e la Corte d'Appello di Genova lo aveva condannato a 8 anni e sette mesi di carcere per gli stessi fatti – associazione per delinquere finalizzata alla truffa, attribuzione fittizia di quote societarie - per i quali a Milano è uscito con l'onore delle armi, si potrebbe dire.
Nel 2019, però, il colpo di scena della Corte di Cassazione che aveva stravolto tutto annullando la sentenza di appello genovese per incompetenza territoriale. Per i giudici del Palazzaccio il primo processo non andava fatto nel capoluogo ligure ma davanti al Tribunale di Milano, e quindi aveva ordinato l'invio degli atti alla procura lombarda che, dopo un paio di anni ancora, ha chiuso oggi la partita con una serie di patteggiamenti decisamente più lievi rispetto alle pene del 2018.
Patteggiamenti per aver fatto comprare a società del gruppo bancario due alberghi e quote societarie a prezzi gonfiati, sapendo che parte delle maggiori somme sborsate dalla banca sarebbero poi tornate a chi aveva architettato queste operazioni schermate da un'attività di riciclaggio messa in campo da una rete di professionisti e imprenditori compiacenti.
I magistrati milanesi probabilmente non se la sono sentita di reimbarcarsi in un processo che sarebbe dovuto ripartire daccapo, dopo tutti questi anni, per fatti contestati in larga parte tra il 2005 e il 2006; gli imputati hanno realizzato che, seppur il lungo iter giudiziario gli avrebbe allungato la vita, non sarebbe stata poi così serena. E, questione non da poco, sarebbe passata con una serie di sequestri di beni, conti correnti e quant'altro - più grossi di quel che ha risarcito - l'avrebbe resa decisamente più amara.
I protagonisti di questa vicenda hanno scelto di regolare tutto come sui mercati e dall'incontro tra domanda di legalità dei pm e quella di tranquillità degli avvocati sono scaturiti i patteggiamenti preceduti dal risarcimento. I famosi 22 milioni di euro che in cinque hanno accettato di pagare, al netto delle eventuali cause civili. Oltre a Berneschi si sono presentati allo sportello pagamenti anche Ferdinando Menconi, l'ex capo della controllata Carige Vita Nuova, il braccio assicurativo della banca, che ha patteggiato 2 anni e sei mesi, e poi Ernesto Cavallini, Sandro Calloni e Andrea Vallebuona, ingranaggi delle truffe e del riciclaggio ai danni della banca che hanno preso pene ancor minori. In precedenza aveva già patteggiato la moglie di Berneschi mentre restano fuori altri professionisti che hanno scelto di andare a processo sapendo che non si svolgerà mai, dato che le loro imputazioni si prescriveranno a novembre di quest'anno.
Questi patteggiamenti non chiudono, però, la storia milanese dei processi che ruotano intorno a Banca Carige, tutt'ora sospesa in borsa fino a che non si troverà una soluzione stabile. Resta ancora aperta l'indagine penale a carico dell'ex amministratore delegato Paolo Fiorentino nata da un esposto dell'imprenditore Vittorio Malacalza, ex socio forte della società prima del suo ultimo tracollo e dell'arrivo del Fondo Interbancario di tutela dei depositi come salvatore. Un fascicolo che potrebbe arrivare a definizione a breve, se non ci saranno intoppi.
© Riproduzione riservata