La smania per i licenziamenti a Confindustria viene d’estate insieme alla smania per la villeggiatura, ed è tanto frenetica da aver messo in fibrillazione il governo. Fulcro della turbolenza è il ministro del Lavoro Andrea Orlando che il presidente degli industriali Carlo Bonomi e il suo vice Maurizio Stirpe hanno descritto come persona infida, accusandolo di aver tentato un “colpo di mano” inserendo una mini proroga del blocco dei licenziamenti dal 30 giugno fino a fine agosto senza preavviso, in nome di un presunto nuovo collateralismo sindacale.

Approvvigionamento

Perché tanta foga contro una proroga di appena due mesi, peraltro pagata integralmente dallo stato? La risposta è che le imprese vogliono avere mano libera sulla struttura dei costi, puntando a compensare le difficoltà di approvvigionamento e i rincari delle materie prime, provocati dalla ripartenza della Cina, con il solito vecchio taglio del costo del lavoro. Non solo hanno centrato l’obiettivo ma hanno anche ottenuto allo stesso tempo un totale ombrello statale da aprire a piacimento. Dunque dall’estate si procederà azienda per azienda. I settori a rischio emorragia di posti di lavoro sono le costruzioni e la manifattura, incluso il tessile-abbigliamento, fortemente gravato dal calo di consumi. L’edilizia dovrebbe essere trainante sia per i cantieri del Pnrr sia per l’ecobonus.

L’aumento dei prezzi dei materiali riguarda anche le imprese edili ma grava soprattutto sulla filiera della componentistica auto, alle prese con la ristrutturazione in direzione dei veicoli elettrici e ibridi. «Tutto il settore auto è segnato dagli sconvolgimenti della transizione ecologica e finora manca una visione strategica da parte del governo», sostiene Simone Marinelli, responsabile del comparto per la Fiom nazionale. Per Marinelli se si pensa di affrontare l’impatto delle nuove tecnologie licenziando gli operai con maggiore anzianità rimpiazzandoli con giovani precari, «si parte con il piede sbagliato». Gli strumenti per un approccio diverso ci sarebbero. Alcuni sono stati rifinanziati proprio con il Sostegni bis, come l’abbassamento a 100 dipendenti della soglia per accedere al contratto d’espansione che favorisce la staffetta generazionale. Manca invece il rinnovo del Fondo nuove competenze che prevede 250 ore di corsi di riqualificazione per ciascun lavoratore pagati dallo stato, da utilizzare in alternativa e in contemporanea alla cassaintegrazione. Scade a fine giugno e le aziende non si sono battute per una proroga. Fiom, Fim e Uilm chiedono poi al ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti l’apertura di un tavolo “automotive” che includa anche nel gruppo Stellantis.

Il decreto Sostegni bis è stato dunque corretto dal premier Mario Draghi dopo l’approvazione con la tecnica “salvo intese”. La mini proroga di Orlando è stata epurata dalla versione finale uscita ieri sulla Gazzetta ufficiale. La cassa integrazione “Covid” (tutta a carico dello stato) resta fino alla fine dell’anno, anche se per le micro imprese comporta il divieto di licenziare fino a tutto ottobre. Mentre ora le più grandi, al pari delle ditte semi familiari, non dovranno più pagare i contribuiti addizionali per riattivare la cassa integrazione, se si impegneranno a non licenziare nei prossimi sei mesi. È stata questa la correzione più significativa, per la quale è stato necessario trovare altri 163,7 milioni di euro. Per mettere interamente a carico dello stato i circa 400mila dipendenti che presumibilmente resteranno cassintegrati fino a capodanno.

Vittoria degli imprenditori

Gli imprenditori possono cantar vittoria su tutta la linea, grazie alla compattezza tra Lega e Forza Italia e i vertici di Confindustria che hanno accusato in coro Orlando di aver tentato un “blitz”. Ma di uno slittamento a settembre si parlava da tempo. Confapi, l’associazione delle piccole e medie imprese, quasi tutte meccaniche, che non fa parte di Confindustria ma che partecipa agli stessi tavoli ministeriali, ancora il 21 aprile si dichiarava favorevole alla proroga di due mesi indicata inizialmente da un emendamento Pd, M5s e Leu al decreto Sostegni I. Ciò che è intervenuto a cambiare le carte in tavola e a rendere inaccettabile ciò che andava bene ad aprile, è il combinato disposto delle difficoltà sui mercati e del clima iperfavorevole alle imprese già dimostrato dalle norme sugli appalti. L’irritazione dei sindacati resta forte, il segretario della Cgil Maurizio Landini sul dietrofront del governo ha detto che «la partita non è chiusa» e se ne riparlerà in sede di conversione del decreto. Il 28 maggio Cgil, Cisl e Uil organizzano un presidio davanti a Montecitorio per chiedere la proroga del blocco per tutti fino a fine ottobre e la riforma degli ammortizzatori sociali che Orlando continua a promettere per luglio ma che ancora non si vede neanche in bozza. La politica però pare già oltre. Il ministro Stefano Patuanelli, capodelegazione pentastellato nell’esecutivo, considera la versione emendata e finale del Sostegni bis «chiara e condivisibile».

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