- L’imprenditore Francesco Borgomeo ufficializza di aver rilevato tutte le quote del fondo Melrose per lo stabilimento di Campi Bisenzio a Firenze.
- Lo ha ribattezzato Fiducia nel Futuro della Fabbrica di Firenze ma non dice quanto l’ha pagato o cosa ne farà.
- Gli operai, contenti di non essere licenziati per la seconda volta, temono di fare la fine della rana di Chomsky e vogliono vedere i piani industriali per il rilancio. E non smobilitano il presidio davanti ai cancelli.
Il cavaliere bianco della vertenza Gkn è un fiorentino di 54 anni, Francesco Borgomeo. Filosofo prestato all’imprenditoria, allevato in una scuola dei gesuiti e specializzato all’università Gregoriana a Roma, è lui che ieri, rompendo gli indugi e le voci che si rincorrevano dall’inizio di dicembre, ha annunciato ufficialmente di aver rilevato il cento per cento della proprietà della fabbrica di Campi Bisenzio dal fondo speculativo inglese Melrose Industries.
Ma gli operai della “testuggine”, che in questi mesi si sono messi alla testa delle lotte contro le delocalizzazioni delle multinazionali estere con il motto “Insorgiamo”, sono solo moderatamente contenti.
Borgomeo era in precedenza stato scelto dalla stessa Gkn-Melrose come advisor proprio per risolvere la dura vertenza che si è aperta nel luglio scorso quando con un messaggio di posta elettronica l’azienda annunciava all’improvviso la dismissione dello stabilimento fiorentino e il licenziamento dei 370 dipendenti.
La vertenza si è nei mesi complicata e dopo la vittoria degli operai sulla procedura illegittima di licenziamento gli operai sono stati reintegrati a pieno titolo anche se i macchinari sono rimasti fermi.
Ora l’imprenditore fiorentino, che ha già all’attivo il salvataggio della fabbrica di ceramiche Marazzi Sud di Anagni, rilevando lo stabilimento Gkn Driveline Firenze in liquidazione, ha tolto a Gkn-Melrose le castagne dal fuoco.
L’intento dichiarato è procedere verso un piano di reindustrializzazione del sito produttivo nell’arco dei prossimi sei mesi. E naturalmente di accedere a uno stato di crisi per ottenere ammortizzatori sociali per i dipendenti.
Una scatola piena solo di operai
I contorni dell’accordo di cessione non sono noti e possono rimanere riservati essendo tra privati. Non si sa quindi il prezzo della cessione delle quote e nemmeno che fine faranno i costosi macchinari fermi da luglio.
Non è neanche chiaro cosa produrrà la nuova fabbrica, che Borgomeo ha voluto ribattezzare con il nome di Qf Spa, che sta per Quattro F, ovvero Fiducia nel Futuro della Fabbrica di Firenze. “
«Sono quattro F che spiegano come la penso», ha detto il nuovo proprietario. Ma per il leader del Collettivo di Fabbrica Gkn Dario Salvetti «il nome non è altro che un invito motivazionale e non chiarisce affatto quale sia la missione produttiva».
Il timore degli operai è che una volta sollevato il fondo Melrose dalle more della vicenda si apra un lungo processo di tentativi di reindustrializzazione che in molti, troppi, casi si è tradotto soltanto in una lunga agonia.
«Ben venga Borgomeo, si tratta di un primo passaggio e del risultato della nostra lotta, ma se lui è un ponte e la Gkn la riva che ci lasciamo alle spalle vorremmo anche conoscere la riva opposta, che al momento non si vede, così come non si vede ancora un piano industriale e non si conoscono gli acquirenti finali e i partner del progetto», dice Stefano Angelini, delegato Fiom della Rsu interna.
I sindacati chiedono di essere convocati quanto prima al ministero dello Sviluppo economico insieme agli enti locali e in quella sede di conoscere il cronoprogramma del piano di rilancio di Borgomeo, il nome degli investitori e i loro piani industriali.
Dal canto suo gli operai del Collettivo di fabbrica chiede che venga presa in considerazione la loro proposta per la trasformazione della fabbrica di Campi Bisenzio in Polo pubblico per la mobilità sostenibile, cioè per la produzione di autobus elettrici.
E anche se assumono la conquista di non venir licenziati per la seconda volta, non smobilitano il presidio a difesa dei macchinari, temendo di fare la fine della rana bollita di Chomsky.
La rana immersa in un pentolino d’acqua fredda prova sollievo quando accendi il fuoco perché avverte un certo tepore. Mano a mano che l’acqua sale di temperatura la rana si abitua al calore. Quando infine avverte pericolo di morte, l’acqua calda le ha tolto ogni forza e non riesce più a saltare fuori dalla pentola.
Resta infine da capire quale sia il tornaconto dell’imprenditore Borgomeo, che a Firenze si considera incaricato dalla politica di questa missione di salvataggio e quindi si ipotizza che proprio in questo ambito sia disponibile a trovare una contropartita. Sempre però che non sia colui che accende il fuoco della pentola con la rana dentro.
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