• Salvatore Gaziano, analista e consulente finanziario indipendente, fondatore di SoldiExpert SCF, risponde alle domande sulla Borsa e la Vita e di finanza personale. Scrivete a lettori@editorialedomani.it
• Questa settimana si parla di fondi ad alta cedola, una strategia molto apprezzata dai risparmiatori italiani che negli anni soprattutto passati ha visto numerose banche e reti proporre veicoli di questo tipo anche e soprattutto per motivi di marketing
• Un risparmiatore dopo molti anni di investimento ha scoperto che i fondi ad alto dividendo che aveva sottoscritto molti anni su proposta della banca gli hanno restituito (cedole comprese) un rendimento drammaticamente inferiore a quello del mercato di riferimento.
Ho in portafoglio da molto tempo dei fondi d’investimento di una primaria società internazionale che mi erano stati proposti dalla banca e mi ero fatto ingolosire dalla cedola molta elevata che si proponeva, pari al 7 per cento annuo. «Era proprio quello che cercavo» pensai all’epoca.
Un risultato secondo il gestore che si poteva ottenere dalla selezione delle azioni di alta qualità e con dividendi corposi unita a una strategia discrezionale di vendita di opzioni.
Questa scelta che mi sembrava all’epoca intelligente si è rivelata in realtà abbastanza stupida visto che se è vero che ho incassato le cedole da questo fondo il capitale non si è assolutamente rivalutato nel frattempo in proporzione a quello che è salito l’azionario l’europeo o mondiale. Addirittura nel caso di un fondo dopo oltre 14 anni di detenzione, considerando anche tutte le cedole ricevute, ho calcolato che ho perfino meno soldi del capitale di partenza mentre nello stesso periodo l’indice azionario europeo è salito del 74 per cento.
Una vera beffa!
Cosa secondo lei è andato storto? Le società che distribuiscono maggiori dividendi non dovrebbero essere le migliori? Ho sottoscritto io dei fondi “sfigati”? Sbaglio nel desiderare un rendimento costante del mio capitale?
Gentile risparmiatore,
credo che ci sia in effetti un concorso di colpe e che abbia anche sottoscritto dei fondi d’investimento “sfigati” come dice lei. E lo dicono le performance in confronto all’andamento del mercato sottostante su un orizzonte temporale significativo.
Ma se la cosa la può consolare non è il solo perché sono decine e decine di migliaia i risparmiatori italiani che si sono fatti sedurre (ottenendo risultati subottimali) dai fondi con cedola venduti da banche e reti. Fondi sia azionari che obbligazionari collocati a piene mani, sfruttando anche un “baco” di molti risparmiatori che si fanno abbagliare dal discorso della cedola o del dividendo elevato.
Si tratta di una strategia che piace perché dà l’illusione di aver trovato un sistema facile per investire e senza doversi molto curare dei propri investimenti. Risolve, apparentemente con poco tempo e stress, il problema di come investire il proprio denaro.
La cedola è un po' come la mela di Adamo ed Eva: una tentazione a cui è difficile resistere. Ricevere un dividendo o una cedola – come spiegano gli esperti di finanza comportamentale – piace perché fa sembrare l’investimento più sicuro. Il marketing bancario e finanziario sa sfruttare questa distorsione e per questo motivo propone continuamente prodotti che prevedono lo stacco di cedole generose “acchiappa-clienti”.
La cedola è un sedativo molto potente e il fondo o il titolo che stacca la cedola nell’immaginario collettivo non può perdere. Invece può perdere eccome, anche quando stacca ogni mese la cedola.
Giro di soldi
Per questo quando si investe è bene prendere sempre decisioni informate o discuterne con un consulente finanziario possibilmente non in conflitto d’interessi. Alcuni di fondi di questo tipo nel regolamento prevedono per esempio la possibilità di prelevare i soldi per pagare le cedole dallo stesso capitale versato dei sottoscrittori.
Vengono in questo modo restituiti ai sottoscrittori i loro stessi soldi nel caso le cedole o i dividendi incassati non siano sufficienti. E dal punto di vista finanziario e anche fiscale la cosa non è furbissima per un risparmiatore poiché su ogni cedola incassata lo stato italiano si porta via il 26 per cento di tassazione senza possibilità di alcuna compensazione nel risparmio amministrato. E se il prelievo avviene sui tuoi stessi soldi senza che sia stato realizzato alcun capital gain effettivo, questo giochino delle cedole elevate è evidentemente nel tempo un massacro finanziario.
E sono diverse le ragioni per cui nel tempo formare un portafoglio basato sulle azioni ad alto dividendo non sia una genialata come appare. Per esempio non c’è la certezza che un’azienda che paga un alto dividendo terrà negli anni questo pagamento a livelli elevati. Né tantomeno è sicuro che, dopo lo stacco della cedola, le società recupereranno sempre il valore del dividendo. Un’azienda che paga alti dividendi potrebbe essere fatta fuori nel suo mercato di riferimento da una società che invece trattiene l’utile in azienda e lo investe con efficacia nel proprio business. Se si analizza il comportamento di panieri di titoli ad alto dividendo e non, compresi fondi ed Etf (quasi sempre una migliore alternativa), si potrà scoprire che sono presenti numerosi casi in cui i panieri formati dai titoli con maggiori dividendi sono quelli che hanno perfino perso di più nelle fasi orso e il valore nel tempo è cresciuto meno rispetto a quello dei titoli normali. Insomma il così detto paracadute del dividendo non si è spesso aperto proprio quando serviva.
Selezionare le azioni in base al dividendo, privilegiando le società più generose non è una strategia che negli ultimi decenni si è dimostrata superiore come rapporto rischio/rendimento a guardare i freddi numeri.
I panieri “cedolosi”
A 3, 5, 10 anni e più per fare un paragone un Etf azionario globale avrebbe quasi sempre fatto meglio di un paniere di titoli selezionati tra quelli che pagavano cedole elevate. Sui fondi d’investimento specializzati in “high dividend” la percentuale di “vincitori” è ancora più bassa con una dispersione dei risultati incredibile dove un elevatissimo numero di fondi ha deluso (e di molto) le aspettative complici i costi elevati e le scelte non sempre rivelatesi particolarmente azzeccate e tempestive.
Nel caso dei fondi da lei sottoscritti poi la strategia attuata dai gestori evidentemente non ha funzionato perché il confronto fra l’andamento del mercato e quello dei fondi mostra una forbice tutta a sfavore dei fondi “cedolosi”.
Nel caso del fondo azionario europeo lei si ritrova (cedole comprese) dopo oltre 14 anni con meno capitale di quanto ha versato mentre se avesse investito sulle stesso mercato con un Etf generico (ma in quel caso la sua banca e il suo promotore sarebbero rimasti a bocca asciutta) ha ottenuto un rendimento medio annuo del 3,86%.
Nel caso del fondo invece turbo-dividendi sull’azionario mondiale partito nel 2011 almeno ha ottenuto un rendimento lordo dell’8,6 per cento annuo ma l’omologo Etf sempre sullo stesso mercato ha ottenuto un rendimento del 14 per cento annuo. E il rischio non sarebbe stato superiore perché il fondo azionario turbo-dividendi nella fase peggiore è arrivato anche a perdere più del mercato (quasi il 39 per cento).
Perché se si guarda indietro i panieri costituiti da titoli “cedolosi” hanno ottenuto risultati inferiori all’indice globale? Molte società per esempio tecnologiche in questi lustri magari hanno pagato bassi dividendi o preferito reinvestire nel proprio business i flussi di cassa generati e queste società negli ultimi anni hanno avuto una rivalutazione azionaria mediamente superiore. Le growth stocks le azioni ad alta crescita, hanno più volte battuto le cash cow ovvero le società più tradizionali e stabili ricercate proprio per la sicurezza degli immancabili dividendi distribuiti anno dopo anno.
Il valutare soprattutto un unico fattore nella selezione dei titoli su cui investire, porta a una inevitabile polarizzazione del portafoglio. Scegliere i titoli solo in base ai dividendi può portare a una forte concentrazione dell’investimento. Per esempio le società più generose tradizionalmente sul fronte dei dividendi distribuiti sono soprattutto banche e società energetiche e va considerato quindi attentamente questo aspetto. Come consulenti finanziari indipendenti e come SoldiExpert Scf se dal punto di vista tattico possiamo comprendere per una parte residuale del proprio portafoglio di investire sugli Etf legati al tema “alto dividendo” non riteniamo corretto concentrare la parte “core” strategica e più di lungo periodo su un unico tema come quello dei dividendi.
Nell’ultimo anno il cambio di marcia dei mercati ha riportato naturalmente l’attenzione su questo tema e il boom dei titoli soprattutto energetici ha favorito questo approccio tematico o fattoriale ma un’analisi più a largo spettro evidenzia anche i contro di focalizzare eccessivamente un portafoglio su pochi fattori. La diversificazione (unita al tempo e al controllo dei costi) è un potente alleato invece del risparmiatore.
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