- Governo e manager avevano annunciato che Ita, la nuova compagnia che dovrebbe subentrare ad Alitalia, sarebbe partita con il favore dell’estate, la stagione migliore per il business dei voli
- Ma la trattativa con l’Europa va a rilento e nel migliore dei casi Ita volerà in autunno e forse addirittura in inverno con metà flotta. Con queste premesse è alto il rischio che venga uccisa in culla dalla concorrenza
- Risolto con un compromesso il caso dei biglietti venduti da Alitalia per l’autunno e l’inverno. Piano della sindaca Raggi per la compagnia
L’estate è appena cominciata, ma Ita (Italia trasporto aereo) deve già dirle addio. La nuova compagnia che dovrebbe prendere il posto di Alitalia, lanciata a ottobre di un anno fa dal passato governo con la convinzione ferrea potesse beneficiare della stagione calda che è la migliore per il trasporto aereo, non ce la fa a partire nei tempi sperati.
Non decolla, come del resto era agevole prevedere da parte di chi avesse considerato la faccenda in termini non trionfalistici e propagandistici. Ben che vada se ne riparla in autunno o forse addirittura in inverno, cioè nelle stagioni meno propizie per qualsiasi compagnia aerea normale, ma che appaiono quasi proibitive per una compagnia che riparte quasi dal nulla come Ita, con un nuovo marchio, una storia, quella di Alitalia, da far dimenticare, un mercato da riconquistare per di più con un assetto non proprio adeguato alle necessità.
Le indiscrezioni fatte circolare dicono che Ita si presenterebbe alla prova con una flotta composta da meno della metà degli aerei rispetto a prima del Covid (47 invece di 104), con il lungo raggio quasi del tutto cancellato e un quarto dei dipendenti (3/4 mila rispetto agli 11 mila attuali).
Nel caso in cui tutto procedesse nel senso sperato, solo nel 2025 Ita riconquisterebbe le stesse dimensioni di Alitalia del 2019. Con queste premesse è molto alto il rischio che la nuova compagnia sia strangolata in culla dalla concorrenza e vada a sbattere ancor prima di prendere il volo.
La conseguenza sarebbe che come la vecchia Alitalia anche Ita si inghiotta un altro mare di soldi pubblici, i famosi 3 miliardi di capitale messi a disposizione dallo stato italiano.
Sciopero il 6 luglio
Al momento, per la verità, non c’è niente di ufficiale e definito per il piano industriale e per la composizione della flotta che ne dovrebbe conseguire. Tanto che i sindacati chiedono al governo di essere sentiti per poter discutere proprio dei contenuti del piano e in assenza di una convocazione hanno indetto uno sciopero nazionale il 6 luglio. Cgil, Cisl, Uil e altri manifesteranno a Fiumicino, la Cub, Air Crew e Usb davanti al Mims, l’ex ministero dei Trasporti. La storia infinita di Alitalia sta entrando nel frattempo anche tra i temi al centro della campagna elettorale per il sindaco di Roma.
Nel programma della sindaca uscente Virginia Raggi ci sarà un capitolo preparato da un gruppo di esperti che comprende l’economista Ugo Arrigo, in passato consulente di vari ministri dei Trasporti, il comandante Alitalia Danilo Baratti del sindacato di categoria Navaid, il magistrato Paolo Maddalena. Mentre il sindaco di Fiumicino, Esterino Montino, ha deciso di convocare nel suo comune il 13 luglio i vari candidati della capitale per farli esprimere pubblicamente sulla vicenda della compagnia.
Composizione della flotta e piano industriale non possono prescindere dalla trattativa del governo italiano con l’Unione europea, la quale almeno per il momento non sembra affatto disposta a retrocedere rispetto all’impostazione iniziale data alla vicenda.
Con una lettera firmata dalla commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager l’8 gennaio, l’Unione europea ha posto come condizione irrinunciabile che tra Alitalia e Ita ci sia «discontinuità», cioè che l’una non sia il proseguimento dell’altra con in più i 3 miliardi di euro di dotazione pubblica che lo stato si appresta a concederle. In questo caso secondo l’Europa la violazione dei principi della concorrenza sarebbe evidente.
Trattativa in folle
Nonostante rispetto ad allora in Italia ci sia un nuovo governo, non risulta siano stati fatti fondamentali passi avanti nella trattativa. Sono cambiati i soggetti italiani che seguono la partita, che ora sono sostanzialmente tre: il presidente del Consiglio, Mario Draghi, il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti e quello dell’Economia, Daniele Franco.
L’ultimo incontro che essi hanno avuto con la commissaria europea è servito soprattutto per risolvere la faccenda dei biglietti, l’ennesima grana causata dalla lunga e incerta transizione da Alitalia a Ita. Siccome Alitalia continua a vendere biglietti, ma non si sa fino a quando potrà onorare la vendita, cioè fino a quando potrà far volare i passeggeri sui suoi aerei, si è posta la questione di come salvaguardare comunque gli acquirenti.
In un primo momento al governo avevano dato per scontato che i biglietti venduti da Alitalia per l’autunno e inverno prossimi potessero essere ceduti a Ita, ma anche in questo caso l’Europa ha fatto sapere che non era possibile proprio in ossequio al principio di discontinuità e alla tutela della concorrenza.
L’accordo trovato prevede che Ita compri i biglietti di Alitalia e nel caso in cui si tratti di voli non più operati da Ita, siano altre compagnie a subentrare a Alitalia. E nel caso in cui ce ne fosse bisogno i viaggiatori o queste ultime possano essere risarciti con un fondo biglietti della capienza di 100 milioni di euro costituito con un decreto apposito dal governo.
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