Il governo continua ad andare avanti, di ultimatum in ultimatum, dichiarandosi pronto e revocare la concessione nel caso in cui Atlantia non si decida a cedere a Cassa depositi e prestiti la sua quota di Autostrade. L’ultimo appuntamento decisivo era fissato per sabato 10 ottobre, ma anche stavolta non è successo niente.
- Il 30 settembre a poche ore dalla scadenza del penultimo ultimatum su Autostrade, il governo ha spiegato che avrebbe dato dieci giorni di tempo alla società controllata dai Benetton per cambiare la sua posizione e procedere alla cessione delle sue quote a Cassa depositi e prestiti.
- Nel frattempo Atlantia ha inviato una lettera in cui contestava la vendita riservata a Cdp e la ministra De Micheli ha fatto sapere di aver chiesto un parere all’avvocatura dello stato che ha raccomandato di tenere conto dell’interesse decisivo degli utenti.
- Il consiglio dei ministri che doveva essere convocato dopo dieci giorni non c’è mai stato e oramai nessuno ne chiede più conto: il governo continua a gridare al lupo senza che il lupo ci sia, come nella favola di Esopo.
Oramai nessuno ci fa più caso: il 30 settembre il governo aveva dato dieci giorni di tempo ad Atlantia, azionista di controllo di Autostrade per l’Italia (Aspi), per cambiare posizione sulla cessione delle quote a Cassa depositi e prestiti. Altrimenti, aveva fatto sapere il governo, sarà convocato un consiglio dei ministri per dare il via libera alla revoca minacciata fin dal giorno dopo del crollo del Ponte Morandi di Genova. Ma oramai, come nella favola di Esopo col pastore che grida sempre al lupo fino a che nessuno gli crede più, il governo continua a gridare alla revoca della concessione senza che succeda assolutamente nulla. Addirittura senza che nessuno si ricordi della scadenza dell’ennesimo ultimatum, dell’annuncio di un consiglio dei ministri da convocare. La nuova finestra di dieci giorni erano stata annunciata a poche ore dalla scadenza dell’ultimatum precedente alla mezzanotte del 30 settembre. Un ultimatum, dunque, per far dimenticare il precedente.
Accordo sulle parole, non sui fatti
Il governo vorrebbe che fosse firmato almeno un accordo di intenzioni per il passaggio della maggioranza delle quote di Aspi da Atlantia a Cassa depositi e prestiti (Cdp). A metà luglio sembrava essere stato trovato il compromesso: le stesse Aspi e Atlantia avevano proposto la vendita a Cdp della maggioranza di Aspi «con una procedura trasparente di mercato». Erano tutti d’accordo sulle parole, non sui fatti. Ora Aspi sostiene che la procedura di mercato voglia dire una offerta aperta anche ad altri, mentre Cdp vorrebbe mettere in campo advisor riconosciuti a livello internazionale e procedere con una trattativa e un aumento di capitale riservato. Tuttavia più che un problema per la Cassa, controllata dal ministero dell’Economia, il problema è dell’esecutivo. Eppure nell’ultima lettera inviata dal ministero dell’Economia e delle finanze ad Autostrade per l’Italia non si parla nemmeno di revoca ma «si invita la società a riconsiderare le proprie posizioni e presentare soluzioni coerenti con gli impegni da voi assunti».
Dopo due anni un parere dell’avvocatura
Durante un’audizione alla camera dei deputati, la ministra dei Trasporti Paola De Micheli che guida il dicastero che ha dato la concessione ad Autostrade e che ne è il controllore, ha spiegato di aver chiesto un parere all’avvocatura dello stato per una valutazione della situazione sia in relazione al processo giudiziario, sia in merito alla trattativa. L’avvocatura, ha spiegato la ministra, ha fatto sapere che «la scelta sugli esiti del procedimento di revoca implica una ponderazione dell'interesse pubblico alla prosecuzione o meno del rapporto» e che in questa ponderazione deve essere calcolato anche l’interesse degli utenti alla fruizione delle strade in sicurezza in modo continuativo».
De Micheli ha detto che secondo l’avvocatura proprio questo interesse degli utenti deve essere «decisivo» anche nel valutare la gravità dell’inadempimento di Autostrade. Insomma, dopo due anni dal crollo del ponte di Genova in cui si è continuato a invocare la revoca della concessione, ora viene richiamata la priorità dell’interesse degli utenti. Giusto in tempo per fare passare un’altra scadenza: quella del 10 ottobre, anche se nessuno sembra essersene accorto.
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