- Il governatore di Banca d’Italia nelle sue Considerazioni finali spinge l’idea di un fondo comune per l’ammortamento dei debiti europei, nel nome della stabilità dell’Eurozona.
- Ma richiama all’Italia alla sua doppia responsabilità come paese beneficiario dei maggiori fondi di Next Generation Eu: sul fronte interno bisogna «cogliere un’occasione decisiva per avviare a soluzione i propri problemi strutturali».
- Lancia un richiamo alla crescita del capitale umano a tutti i livelli di impresa: la specializzazione in attività tradizionali e la piccola dimensione riducono la domanda di lavoro qualificato, generando un circolo vizioso di bassi salari e modeste opportunità di impiego che scoraggiano gli stessi investimenti in istruzione.
Un richiamo piuttosto duro alle banche, chiamate, in cambio della proroga fino alla fine dell’anno della moratoria sui prestiti, a garantire una maggiore trasparenza dei bilanci e a valutare urgentemente operazioni di aggregazione. Ma anche alle piccole imprese che creano lavoro poco qualificato e un circolo vizioso che rende poco appetibile l’investimento in istruzione. E poi l’idea di un fondo di ammortamento per i debiti passati dei paesi Ue, utile soprattutto all’Italia, e l’esempio della Fed su un’inflazione che possa anche essere moderatamente superiore agli obiettivi. Le considerazioni finali del governatore di Banca d’Italia, Ignazio Visco, partono dall’occasione storica che l’Italia ha con l’approvazione del programma di Next generation Eu e vanno ben oltre.
La responsabilità italiana
L’Italia è chiamata a una doppia responsabilità nella concretizzazione del Piano di ripresa e resilienza. Sul fronte interno bisogna «cogliere un’occasione decisiva per avviare a soluzione i propri problemi strutturali» e di fronte ai partner Ue serve «dimostrare con risultati concreti l’importanza di una Unione più forte e coesa». In linea con tutti i richiami degli ultimi anni della Bce, Visco ha sostenuto che la crisi ha dimostrato la crucialità di «una stretta sintonia tra le azioni dei governi e della autorità monetaria». Si è espresso a favore di una politica accomodante, a lungo, ma ha anche definito condivisibile la politica attuata dalla Federal Reserve, seppure sia da adattare al contesto europeo. Ha definito «ancora più evidente» la necessità di un bilancio comune europeo. «I programmi varati nell’ultimo anno potranno costituire un punto di riferimento per il disegno di meccanismi di natura permanente e dal funzionamento più agile», ha detto il governatore, aggiungendo però che si tratta di «un percorso costellato di difficoltà». Nel grande stagno del dibattito sulla gestione dei debiti e della nascita di un safe asset comune europeo, Visco ha lanciato una nuova proposta: «La gestione comune di una parte delle passività emesse in passato da ciascun paese, ad esempio attraverso un fondo di ammortamento, che consentirebbe anche di conferire rapidamente al mercato europeo dei titoli pubblici lo spessore e la liquidità di cui esso oggi manca».
Sulla ripresa Visco si è mostrato ottimista, ha stimato una crescita superiore al 4 per cento, facendo reagire positivamente i mercati, ma del resto il Documento di programmazione economica del governo la prevede al 4,5 per cento e allora non si capisce perché bisognerebbe festeggiare se Visco va nella stessa direzione, senza arrivare a confermare le stime dell’esecutivo. E poi ci sono i problemi strutturali, appunto. Al netto di un «segmento in crescita di imprese dinamiche e innovative – cui si deve il recupero di competitività sui mercati internazionali nell’ultimo decennio», ha detto il governatore, «il numero di microimprese con livelli di produttività modesti rimane estremamente elevato». Quasi il 50 per cento degli addetti dei servizi non finanziari, lavora in una impresa con meno di dieci dipendenti, il doppio che in Francia e Germania. La crisi, pagata soprattutto da giovani e donne, ha a che fare anche con questo. Con più nettezza che in passato, il governatore ha collegato la dimensione di impresa alla bassa qualità del lavoro in Italia e pure alla mancanza di una governance qualificata e di conseguenza al ruolo dato all’istruzione: «La specializzazione in attività tradizionali e la piccola dimensione riducono la domanda di lavoro qualificato, generando un circolo vizioso di bassi salari e modeste opportunità di impiego che scoraggiano gli stessi investimenti in istruzione». Da una formazione adeguata dipende la possibilità di avere sia lavoratori sia dirigenti qualificati, ha puntualizzato.
Il ruolo dello stato
I rischi restano pesanti sul piano occupazionale: «Le aziende potenzialmente in difficoltà contribuiscono per circa un sesto al totale dell’occupazione». Le priorità per lo stato restano quelle di intervenire sulle politiche attive per il lavoro, innalzando gli standard delle prestazioni. Ma Visco ha voluto prendere una posizione netta nel dibattito sul ruolo dello stato schierandosi contro l’estensione dei suoi compiti e arrivando a invocare «rischi non trascurabili di fallimento dello stato».
Da una parte, ha ricordato che nelle economie moderne lo stato «va ben oltre le funzioni minime di ordine pubblico, per esempio in risposta ai fallimenti del mercato o per obiettivi di equità sociale» e che «la spesa pubblica contribuisce a determinare la crescita potenziale». Per questo la contrapposizione tra stato e mercato «è fuorviante», c’è complementarietà e un ruolo è giocato anche dal settore non profit.
A proposito delle imprese, è tornato a battere sulla necessità di superare la mera dipendenza dal credito bancario. I dati parlano da soli: nel 2020 le emissioni nette di titoli di debito e di azioni quotate effettuate da società italiane sono ammontate a 16 miliardi, contro 101 per quelle francesi e 87 per quelle tedesche.
Ma il richiamo più duro e diretto è rivolto alle banche, e in particolare quello di piccole dimensioni, che già da qualche anno continuano a ignorare i ripetuti richiami della Banca d’Italia. La moratoria sui prestiti è stata eccezionalmente prorogata alla fine dell’anno, una scelta che «accrescerà le differenze con gli altri paesi europei» e che ha come conseguenza che i bilanci delle banche italiane saranno per forza di cose meno trasparenti. Visco ha chiesto quindi che gli istituti di credito facciano emergere «in maniera prudente e tempestiva» le perdite per evitare l’emergere di dubbi tra gli investitori sui loro portafogli.
Inoltre, diversi intermediari di piccole dimensioni, ha ripetuto, presentano debolezze «dovute a un governo societario non adeguato, debolezza dei controlli» e impossibilità di economie di scala. Le operazioni di ristrutturazioni, consorzi e non ultime quelle di aggregazione sono quindi urgenti. Visco ha spiegato che nonostante si cerchi una uscita ordinata dal mercato, le rigidità regolamentari non escludono le possibilità di dissesto. Insomma, ricordatevi che potete fallire.
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