Frigoriferi e impianti di condizionamento utilizzati male, scarsa manutenzione, illuminazione non a led, piastre e forni elettrici accesi quando non servono, edifici progettati con poca attenzione all’efficienza energetica, anche quando sono firmati da grandi architetti. È questo il panorama che spesso si presenta davanti ai consulenti chiamati dalle aziende per aiutarle a tagliare la bolletta. C’è da dire che le imprese italiane sono già abituate a sprecare poco, visto che pagano l’energia di più rispetto ai concorrenti stranieri. Eppure di spazio per risparmiare ce n’è parecchio, nel mondo delle aziende.

Al supermercato costa più il freddo della luce

La mappa della riduzione dei consumi in Europa

Entriamo per esempio in un supermercato: sicuramente vedremo lampade a led (che abbattono i consumi anche del 50 per cento) e avvertiremo magari una temperatura meno fresca d’estate. «Ma in base alla mia esperienza c’è un’area che è spesso trascurata ed è causa di inefficienze nei consumi energetici: quella della refrigerazione» spiega Paolo Paglierani, ingegnere, fondatore e amministratore delegato di Energika, società di Rimini specializzata in consulenza energetica. «L’illuminazione incide per il 15-20 per cento sulla bolletta di una catena di supermercati, mentre la refrigerazione pesa per il 40-60 per cento. L’imprenditore di solito non sa bene che cosa fare di fronte a questa fonte di spesa, è convinto che il suo margine di azione sia minimo. Invece può intervenire: per esempio gli scaffali a contatto con il pubblico vanno protetti da porte trasparenti per non disperdere il freddo. I frigoriferi possono essere modificati per diventare più efficienti. E bisogna isolare meglio il passaggio della merce tra i camion e le celle frigorifere, in modo che i prodotti non si scaldino».

Nata nel 1997 e presente in Italia e in Spagna con oltre 700 clienti di ogni settore, Energika individua gli sprechi nei consumi energetici delle imprese e propone le soluzioni per abbassare il costo della bolletta. Un’attività che, in seguito alla crisi, ha visto allungarsi la fila di clienti: «Non le nascondo che il boom di richieste c’è stato. Le dò solo un dato: un anno fa eravamo in 23, oggi siamo 35 e stiamo ancora assumendo personale».

Il caso McDonald’s

Rivolta contro i furbi delle bollette

In generale va detto che per tradizione le aziende italiane sono molto attente ai consumi energetici, avendo da sempre costi più alti rispetto ai paesi nostri vicini. «I tecnici che abbiamo in Italia» conferma Paglierani «sono molto preparati nel settore dell’efficienza energetica, sono tra i migliori d’Europa. Anche sotto il profilo normativo siamo avanti: il meccanismo dei certificati bianchi, cioè i titoli che trasformano in denaro il risparmio conseguito grazie alla realizzazione di un intervento di efficienza energetica, è un nostro fiore all’occhiello pur con i problemi che ha attraversato. Anche in termini di numeri di diagnosi energetiche, previste dalle norme europee, ne abbiamo fatte più di tutti gli altri paesi europei».

Però di lavoro da fare ce n’è ancora. La Alens di Pavia fornisce consulenza energetica e ha lavorato con la McDonald’s: un ristorante di Savona ha sostituito l’impianto di illuminazione con uno a led e così la potenza installata è passata da circa 16,5 a 4,3 kilowatt e il livello di illuminazione medio è aumentato del 20 per cento con un risparmio di 75,7 megawattora all’anno, pari a oltre 11.600 euro. «Nei ristoranti e nei reparti di gastronomia dei supermercati» aggiunge Davide Mariani, direttore tecnico della Alens, «le piastre e i forni elettrici vengono accesi a inizio giornata con sprechi importanti, mentre andrebbero attivati solo quando servono».

Industrie manifatturiere

Se prendiamo invece un’impresa manifatturiera, è molto probabile che si trovi davanti a varie forme di dispersione del calore, frutto della lavorazione della plastica, dei metalli o del vetro. È un calore che si potrebbe recuperare per scaldare altri ambienti dell’azienda, come gli uffici, oppure addirittura cederlo all’esterno. In pratica, se abbiamo aria calda che va in un camino, il suo calore può essere trasferito a dell’acqua che poi va immessa nel sistema di riscaldamento di un edificio. Non sono soluzioni banali, ma quando si riescono a realizzare costano poco, non richiedono macchinari complessi, e rendono tanto: l’investimento si recupera nel giro di in un paio di anni.

Nel caso della Riso Scotti la Alens ha suggerito per esempio una soluzione per recuperare il calore contenuto nell’acqua utilizzata nella lavorazione del riso. «Le imprese dovrebbero anche valutare in quale territorio si trovano e cogliere le opportunità energetiche che esso può offrire» suggerisce Paglierani. «Le faccio un esempio: un’azienda di materie plastiche produce tubi. Questi tubi appena usciti dall’estrusore vanno raffreddati e l’impresa usava a tale scopo un frigorifero. Noi abbiamo suggerito di usare invece l’acqua di un torrente che scorre lì vicino, evitando naturalmente che l’acqua del piccolo fiume si scaldi oltre certe temperature. Così si è tagliato il consumo di elettricità del frigorifero».

Il grattacielo di Intesa

Un altro aspetto segnalato dai consulenti è la progettazione degli edifici: nel caso di quelli industriali una presa d’aria potrebbe essere posizionata nel posto sbagliato, costringendo l’impianto di condizionamento a consumare molta più energia del necessario. Quando poi i consulenti energetici entrano in un grande palazzo di uffici, gli sprechi più comuni che notano riguardano le regolazione della temperatura. «Gli impiegati hanno caldo e aprono le finestre. Se invece fa freddo si alzano i termostati a manetta così nessuno si lamenta. Situazioni che abbiamo riscontrato anche in edifici estremamente moderni» ricorda un consulente. «In questi casi si può intervenire introducendo dei sistemi intelligenti capaci di monitorare le temperature e di interagire con il generatore di calore e ottimizzare la regolazione».

Nel caso di tre edifici della società di consulenza Accenture la diagnosi energetica di Alens ha portato alla rilevazione di interventi di efficienza che hanno generato risparmi per oltre 126 mila euro, pari al 18 per cento dell’attuale spesa. Poi ci sono impianti di condizionamento vecchi, che funzionano con più macchine diverse in genere mal gestite: introducendo un nuovo impianto centralizzato l’azienda può ridurre la sua spesa energetica del 5-10 per cento. E ancora oggi la scarsa manutenzione dei filtri dell’aria condizionata provoca sprechi inutili di elettricità, oltre ad un danno per la salute.

Anche i grandi architetti ci mettono del loro, considerando più importante l’aspetto e magari la funzionalità di un palazzo rispetto ai problemi di riscaldamento e raffrescamento. Un’indagine di Legambiente di qualche anno fa rivelava che alla prova delle analisi a infrarossi tre edifici progettati da architetti di fama internazionale come Fuksas, Krier e Portoghesi e costruiti a Milano, Roma e Alessandria mostravano una scarsa attenzione all’efficienza energetica. Magari hanno degli ascensori molto belli, che però fanno da camino e portano via l’aria riscaldata o quella raffrescata. E Mariani cita il grattacielo di Intesa Sanpaolo a Torino: «Bellissimo, ma nella spaziosa sala d’ingresso d’inverno si gela». In altre parole, lo spazio non è stato progettato con la dovuta attenzione ai consumi energetici.

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