Che cosa pensano del lavoro le ragazze e i ragazzi della generazione Z? La ricerca realizzata da Ipsos per Unioncamere Veneto e presentata recentemente a Mestre, è un buon caso di studio per cogliere qual è l’immaginario che circola all’interno di questa generazione. Il campione coinvolto è stato di 500 under 25 frequentanti le scuole superiori e le Università del Veneto.

Per riflettere sul mismatch tra domanda e offerta di lavoro e per leggere in controluce i fenomeni di abbandono del lavoro è utile partire dall’immagine degli imprenditori che aleggia in questo universo.

Per la maggioranza dei giovani veneti (53 per cento) i capi d’impresa sono avvertiti come rapaci, interessati solo a fare sempre più soldi o dei padroncini, dei comandanti autoritari. Il 34 per cento dei giovani, invece, ritiene che ci siano capi d’impresa responsabili, attenti alle persone e alla società o dialogici disposti ad ascoltare i dipendenti.

Chi pensa che i giovani di oggi non abbiano voglia di lavorare rischia di avere una posizione viziata da molti pregiudizi.

Valori

Dal punto di vista valoriale, per il 95 per cento dei ragazzi e delle ragazze il lavoro è molto importante e si colloca al terzo posto subito dopo amicizia (97 per cento) e divertimento (96 per cento) e viene prima della famiglia, dell’amore e anche dell’istruzione.

Per la generazione Z avere un posto di lavoro vuol dire impegnarsi per raggiungere degli obiettivi (37 per cento) e diventare adulto per realizzare i propri progetti (31 per cento). Il senso del lavoro per la generazione Z veneta è stabilità e progettualità.

Per questa generazione il lavoro è, ovviamente, una fonte di reddito (97 per cento) e un modo per affermare la propria indipendenza (96%), ma anche un’opportunità di crescita personale (94 per cento). Nel lavoro i giovani vogliono sentirsi realizzarti come persone (90 per cento) e ambiscono a occupazioni che siano un percorso, dei trampolini che gli consentano di guardare avanti, di costruirsi una posizione sociale (89 per cento).

Gli aspetti più importanti di un lavoro sono quattro: il trattamento economico (41 per cento), la stabilità (33 per cento), la possibilità di fare carriera (32 per cento) e l’autonomia (30 per cento). Seguono per importanza anche altri aspetti come la disponibilità di tempo libero, orari flessibili, la coerenza con gli interessi personali (es. hobby, cause sociali...) e con il percorso di studi, la possibilità di formazione, apprendimento e crescita personale, nonché buoni rapporti con i colleghi e con i superiori.

Fragilità

Di fronte al lavoro come si sentono i giovani? La generazione Z si sente fragile. Avverte di avere una cassetta degli attrezzi non particolarmente sviluppata. Sentono la carenza di esperienze lavorative, di avere avuto una formazione troppo teorica, di avere poche opportunità di incontro con il mondo delle imprese.

La disponibilità a fare qualche sacrificio c’è, ma è limitata nel tempo. La maggioranza dei giovani (58 per cento) è disposta ad accettare transitoriamente qualsiasi lavoro, ma vuole continuare a cercare il tipo di lavoro agognato.  ù

I timori che hanno le ragazze e i ragazzi nell’entrare in un luogo di lavoro sono molteplici: dal non essere apprezzato all’essere sfruttato (entrambi al 36 per cento); dal non trovarsi bene con i colleghi (29 per cento) al non avere più tempo per se stessi (26 per cento); dalla paura di diventare un numero (23 per cento) all’avere un capo autoritario (21 per cento).

E i driver per attirare e trattenere i giovani quali possono essere? Offrire la possibilità di fare esperienza (45 per cento), remunerare in modo adeguato (43 per cento), consentire alle persone di esprimere il proprio potenziale (28 per cento), insegnare un mestiere (28 per cento); apprezzare le persone per il lavoro che svolgono (27 per cento), creare un ambiente ben strutturato e organizzato, con procedure e regole chiare (26 per cento), far sentire le persone parte di un gruppo (25 per cento), essere un capo che ascolta e riconosce i meriti dei dipendenti (20 per cento).

La sfida del lavoro per i giovani è anche una sfida per le imprese, per il loro modo di essere e di pensare l’organizzazione e i processi interni.

Stabilità e adeguata remunerazione, benessere organizzativo e flessibilità, cittadinanza organizzativa e accompagnamento delle fasi di vita, merito e dialogo sembrano essere le diverse componenti con cui le imprese devono fare i conti per attirare i giovani.

© Riproduzione riservata