Nella dimensione percettiva delle persone la relazione tra l’individuale e il collettivo subirà un’evoluzione nei prossimi 10 anni. Per il 58 per cento degli italiani conterà sempre di più la collettività, l’essere insieme
Nella dimensione percettiva delle persone la relazione tra l’individuale e il collettivo subirà un’evoluzione nei prossimi 10 anni. Per il 58 per cento degli italiani conterà sempre di più la collettività, l’essere insieme
Come cambierà nei prossimi anni la nostra società, il nostro modo di vivere e relazionarsi? Nessuno ha la sfera di cristallo e le variabili sono molteplici, ma le scelte che fanno le persone sono basate sulle sensazioni che aleggiano sul futuro prossimo e nel giorno in cui si va alle urne per le elezioni europee è interessante vedere quale idea di futuro hanno le persone. La società di domani è un divenire complesso e articolato.
«Il futuro è aperto. Non è predeterminato», diceva Agnes Heller, esso non è più caratterizzato da identità fissate e da una struttura ordinata, ma ha assunto sempre di più una dimensione di flusso costante, di mutamento perpetuo, di divenire non lineare. Il processo di cambiamento sembra destinato a intaccare alcuni paradigmi relazionali e individuali consolidati da tempo. Nella dimensione percettiva delle persone la relazione tra l’individuale e il collettivo subirà un’evoluzione nei prossimi 10 anni. Per il 58 per cento degli italiani conterà sempre di più la collettività, l’essere insieme.
La spinta della Gen Z
Di fronte ai cambiamenti epocali in corso la società avverte l’esigenza di serrare le fila, di riconnettere relazioni, di rafforzare i legami. A sottolineare maggiormente la spinta verso il collettivo sono i giovani della Generazione Z (65 per cento), accompagnati dai residenti al sud (66 per cento) e da quelli che vivono nelle isole (68 per cento), nonché dalle persone che appartengono ai ceti popolari (61 per cento). Se la dimensione comunitaria e le relazioni dense saranno più ricercate e auspicate, al contempo, in una logica ossimorica della complessità, scenderà l’importanza della vita familiare. Per il 56 per cento degli italiani la dimensione familiare conterà di meno rispetto a oggi. Una percezione che è omogenea non solo nelle diverse coorti di età, ma anche nelle differenti classi sociali. A livello territoriale ci sono poche differenze, anche se il maggior calo dell’importanza delle relazioni familiari lo troviamo al sud (60 per cento) e nel centro Italia (59). Un altro aspetto che subirà alcune evoluzioni è quello legato allo stile di vita. Le persone proiettano sul futuro una sensazione di crescita della complessità esistenziale (67 per cento). La quota di italiani che prevede un ritorno a una maggiore semplicità esistenziale e a una maggiore connessione con l’ambiente e la naturalità è, invece, una minoranza risicata (33 per cento). La crescita della complessità esistenziale è avvertita dai giovani (69 per cento), dai residenti al sud (73) e dei ceti medio bassi (70) ed è trainata dalla dimensione delle trasformazioni tecnologiche. Per il 77 per cento del paese la tecnologia sarà sempre più importante e invasiva nella vita quotidiana delle persone. Su questa visione troviamo alcune differenze interessanti. Più freddi sull’importanza e l’invasività della tecnologia nella vita quotidiana sono i giovani della Generazione Z (65 per cento; 12 punti in meno della media), mentre immaginano una maggior pervasività i baby boomer (86 per cento), i residenti al nord (81 per cento a nord ovest e 83 a nord est), nonché il ceto medio (80 per cento, mentre i ceti popolari si fermano al 68 per cento).
L’opinione sulle città
Ulteriori mutamenti significativi potrebbero cogliere altri due aspetti: la dimensione metropolitana e la relazione con l’autorità. Le percezioni proiettive dell’opinione pubblica spingono verso una direzione di riduzione sia del rispetto delle autorità, sia del valore di vivere nelle aree metropolitane. Per il 52 per cento degli italiani vivremo sempre di meno nelle grandi città. Un’opinione su cui non concordano i giovani, per i quali invece si vivrà di più nelle grandi città (54 per cento), mentre è particolarmente sospinta dalle generazioni più adulte (56 per cento dei baby boomer propende per l’abbandono delle metropoli).
Sul fronte del rispetto verso l’autorità due terzi del paese ne prevede un netto calo (73 per cento). Una riduzione particolarmente avvertita tra i ceti popolari (76 per cento) e nelle regioni del mezzogiorno (75 per cento al sud e 76 nelle isole). La società che si paventa davanti agli occhi delle persone è una realtà in mutamento, in cui al crescere dei bisogni di legami e comunanza, fa da contraltare lo sfilacciarsi dei legami familiari; in cui lo stile di vita, sotto l’effetto della tecnologizzazione dell’esistenza, si incammina su una via sempre meno naturale e più complessa; in cui il riconoscimento dell’autorità sarà sempre più flebile e lo scontro tra vita rurale e metropolitana si divaricherà sempre di più. Una società, per dirla con Bauman, che si trova ad affrontare «sempre di più la sfida dell'incertezza, del vivere in un mondo di opportunità e rischi, piuttosto che in un mondo lineare e determinato».
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