- Gli Stati Uniti sono già nel pieno della ripresa, con quasi l’80 per cento dei posti di lavoro persi durante la crisi già recuperati, il Pil tornato al di sopra dei livelli pre-crisi e la borsa ai massimi storici.
- Nonostante la ripresa, però, molte persone non sono ancora tornate al lavoro e le imprese stanno disperatamente cercando personale da assumere.
- Qualcuno prova a incolpare i sussidi troppo generosi, ma le ragioni potrebbero essere ben altre.
Negli Stati Uniti il Covid ha colpito il mercato del lavoro in maniera molto più intensa rispetto ad altri paesi avanzati, soprattutto a causa dell’alta flessibilità e della mancanza di una rete di protezione sociale ai livelli dei paesi europei. Tra febbraio e aprile 2020 si sono persi oltre 22 milioni di posti di lavoro e oltre 23 milioni di persone hanno ricevuto un sussidio di disoccupazione nei momenti peggiori della crisi.
La grande flessibilità del mercato, però, si è dimostrata essere anche un enorme vantaggio per l’economia americana, che rispetto al picco della crisi ha già recuperato quasi 17 milioni dei posti di lavoro persi e, visto il ritmo della ripresa, dovrebbe averli recuperati tutti entro la metà del 2022. Gli Stati Uniti si riprenderebbero così molto in fretta da quella che è già la più breve recessione della storia del paese (solo due mesi di crescita negativa tra febbraio e aprile 2020).
Una ripresa così rapida, però, sta creando alcuni squilibri all’interno del mercato del lavoro, raccontati recentemente dal sito di informazione Axios. In particolare, i datori di lavoro stanno facendo molta fatica a trovare personale adeguato e il numero di posizioni lavorative aperte nel paese è oggi il più alto di sempre. I posti liberi a maggio 2021 erano 9,2 milioni, più o meno lo stesso numero di disoccupati, che sono 9,4 milioni. Nei periodi peggiori della crisi, la situazione era decisamente meno rosea, con circa cinque disoccupati per ogni posizione lavorativa aperta. Eppure, il tasso di disoccupazione è ancora superiore ai livelli pre-crisi (5,4 per cento contro il 3,5 per cento di febbraio 2020) e solo il 64 per cento delle offerte di lavoro determina poi un’assunzione (un valore che di solito si trova tra l’80 e il 90 per cento).
Qualcuno ha sostenuto che questo “congelamento” del mercato del lavoro sia legato soprattutto ai generosi assegni di disoccupazione di 300 dollari la settimana offerti dai singoli stati. Per questo motivo, circa la metà dei governi locali ha deciso di sospendere i sussidi. Uno studio di Reuters, però, ha messo a confronto i dati sulle assunzioni negli stati con e senza assegni di disoccupazione e i risultati sono pressappoco gli stessi.
Non sembra si tratti nemmeno di un problema di salari: soprattutto nelle mansioni meno specializzate, gli stipendi offerti dai datori di lavoro sono cresciuti e non poco. L’ala più a sinistra del Partito Democratico aveva spinto per introdurre un salario minimo federale a 15 dollari l’ora, ma la proposta non era riuscita a trovare spazio. Eppure, molte delle aziende, soprattutto quelle più grandi, si sono adeguate a questo livello. McDonald’s, per esempio, è così disperatamente alla ricerca di personale da assumere da aver scritto direttamente sulle insegne di alcuni dei suoi negozi gli annunci di ricerca del personale. “Lavora con noi, 15 dollari l’ora e pasti gratis” dicono i cartelli fuori dai ristoranti. McDonald’s sta cercando di attirare lavoratori anche offrendo giorni di ferie pagati, supporto nella cura dei figli e addirittura il pagamento delle rate universitarie, a dimostrazione del fatto che la ricerca di personale, anche non particolarmente qualificato, sia piuttosto complicata in questo momento. Il salario medio orario nel settore dell’ospitalità, tra quelli con maggiore richiesta di lavoro al momento, era di 17,40 dollari a maggio 2021, ancora di molto inferiore rispetto ai 30,30 dollari l’ora che si guadagnano in media nel settore privato, ma di poco più di un dollaro l’ora superiore rispetto all’inizio della pandemia (+6,5 per cento).
Se il problema non è né nella generosità dei sussidi né nella dimensione dei salari, allora di che si tratta? Nonostante questi due aspetti stiano sicuramente giocando un ruolo negli squilibri del mercato, i fattori scatenanti potrebbero essere ancora molti altri. Una prima causa potrebbe essere la difficoltà di gestire i carichi famigliari: anche negli Stati Uniti sono le donne ad aver sofferto maggiormente la crisi, sia dal punto di vista occupazionale che da quello di cura della casa, dei figli e degli anziani. Soprattutto molte donne, quindi, potrebbero essere ancora restie a rientrare nel mercato perché in difficoltà nel conciliare il tempo di lavoro con il tempo di cura. C’è anche una questione di mancato incontro tra domanda e offerta di competenze: il fatto che il numero di offerte di lavoro e di disoccupati sia lo stesso non significa che tutti i disoccupati sarebbero disposti o in grado di ricoprire determinati ruoli, soprattutto per le professioni ad alta specializzazione. Alcuni americani, poi, hanno deciso di anticipare la pensione a causa dei grandi risultati della borsa durante la crisi. Negli Stati Uniti, infatti, circa metà delle famiglie detiene azioni. Resta infine la paura per il contagio. Soprattutto in settori a contatto con il pubblico come quello della ristorazione, il rischio di contagio resta alto e il tasso di vaccinazione negli Stati Uniti, con una campagna partita molto bene, ma andata a rilento nell’ultimo periodo, è ancora troppo basso per andare al lavoro senza pericolo.
Non è chiaro se problemi di questo tipo emergeranno anche in Italia nel momento in cui la ripresa si farà più sostenuta, ma l’esempio degli Stati Uniti ci mostra che, per tornare alla normalità, il ritorno alla crescita potrebbe non essere abbastanza.
[MT1]Questo dato è semplicemente il rapporto tra le assunzioni (5,9 milioni) e le posizioni aperte a maggio 2021.
© Riproduzione riservata