Che cosa vuol dire avere successo oggi? Quali sono le fonti, i fattori, su cui le persone parametrano il loro senso del successo? Il sociologo polacco Zygmunt Bauman sosteneva che il «successo nella vita di uomini e donne postmoderni dipende dalla velocità con cui riescono a sbarazzarsi di vecchie abitudini piuttosto che da quella con cui ne acquisiscono di nuove».

Per gli italiani la prima fonte su cui parametrare il successo è il senso di libertà (54 per cento). Al secondo posto c’è la stima degli altri (35 per cento) e, infine, al terzo posto la ricchezza (24 per cento). Altre sorgenti del senso di successo sono: la carriera (19), il potere e il suo esercizio (14), la fama e la popolarità (14) e, infine, la bellezza (11).

Le fonti del successo non sono ovviamente uguali per tutti. I giovani della generazione Z, pur tenendo al primo posto il senso di libertà, mettono sul secondo gradino del podio l’avanzamento di carriera (28 per cento), seguito a pari merito dalla ricerca della stima degli altri e dalla ricchezza (25 per cento).

La ricerca della stima degli altri conta più negli uomini (39) rispetto all’universo femminile (32). Sempre per gli uomini è più importante, rispetto alle donne, avere potere (17 contro 12). Per le italiane, invece, la ricchezza (26 contro 21) e la bellezza (13 contro 8) sono più essenziali rispetto agli uomini. Uomini e donne sembrano appaiati nel valore assegnato al fare carriera (19 per le donne e 18 per gli uomini).

Fare carriera

Il tema della carriera come fonte di successo è maggiormente avvertito dai residenti al Sud e nelle Isole (rispettivamente al 21 e al 26 per cento), rispetto alle realtà del Nord (19 a Nordovest e 12 a Nordest). L’aspirazione alla ricchezza (33) è al secondo posto per importanza, dopo la libertà (47 per cento), nei ceti popolari, mentre nel ceto medio il podio è assegnato alla libertà (53) e alla stima degli altri (40).

La carriera è più importante nel ceto medio (21) rispetto ai ceti popolari (18), mentre il bisogno di essere famosi e popolari è un tratto agognato maggiormente dalla generazione Z (17 per cento), rispetto ai baby boomer (12 per cento).

Il successo nella vita, come evidenzia il sociologo canadese Erving Goffman, potrebbe essere «definito come il continuo perseguimento di una perfetta autostima attraverso un potenziale sempre più elevato di realizzazione». Una spinta realizzativa costante e inesauribile che marca anche i tratti narrativi di sé che le persone pensano di mettere in campo per caratterizzare la propria immagine e la propria identità.

Al primo posto c’è l’aspirazione a essere una persona autentica (35 per cento), seguita dalla spinta all’apparire come un soggetto riflessivo (29) e dalla brama di apparire una persona di gusto (27).

Se queste sono le tre punte di diamante della narrazione personale, il quadro si articola in un ampio ventaglio tematico in cui ritroviamo la voglia di sembrare delle persone determinate (26) e la proiezione di sé come soggetti aperti (20); il bisogno di sentirsi legati e ancorati a una tradizione (19) e la ricerca di punti di riferimento saldi in una rassicurante classicità (18); senza sottovalutare le spinte narrative indirizzate a racconti di sé caratterizzati da allegria (19), dinamicità (16) e spensieratezza (15).

All’interno di questo quadro narrativo generale si possono incontrare le peculiarità dei diversi segmenti socio-anagrafici. Per le donne l’apparire come una persona di gusto è molto più importante che per gli uomini (31 per cento contro 22), mentre gli uomini ricercano maggiormente un racconto riflessivo di sé (34 contro 25).

Per i giovani l’apparire allegro (20) è molto più validante che per gli adulti (16), così come l’essere passionale conta molto più nella gen Z (13) rispetto ai baby boomer (9). Nel ceto medio l’autenticità trionfa (42), rispetto ai ceti popolari in cui il tema si ferma al 27 per cento, mentre nei ceti popolari trionfano riflessività (35 contro 27) e dinamismo (19 contro 15).

L’essere di gusto (26 contro 20) e la sperimentazione (13 contro 5) sono tratti che marcano invece la narrazione del ceto medio. La brama del successo, che il neo liberismo ha iniettato a larghe dosi nella società nel corso degli ultimi 40 anni, ha creato le condizioni non solo per l’accrescersi delle disuguaglianze sociali ed economiche, ma ha originato anche un humus fertile per l’aumento degli stati di infelicità, insoddisfazione, ansia sociale e senso di esclusione. Come ci ricorda Erich Fromm: «Più una società mette in risalto gli ideali di successo individualistico, più produce l'opposto di ciò che promette, ovvero un numero crescente di fallimenti, miserie e patologie».

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