Nel rapporto di Oxfam per Davos, emerge che nel 2024 peseranno lavoro povero e mancanza di reddito di cittadinanza, mentre miliardari e i multimilionari stanno meglio di prima. Le misure messe in campo dal governo Meloni sono «destinate ad aumentare la disuguaglianza»
Si apre il forum economico di Davos, che riunisce le élite internazionali, e Oxfam ha preparato un rapporto che denuncia l’aumento delle disuguaglianze globali con un focus specifico sull’Italia. Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti l’anno scorso non è andato, quest’anno invece siederà ai tavoli nelle Alpi svizzere, e per lui c’è il capitolo “Disuguitalia”, parte del report della Ong Disuguaglianza: il potere al servizio di pochi.
L’esecutivo Meloni nel suo primo anno di governo ha deciso di eliminare il reddito di cittadinanza e ha detto no al salario minimo, due scelte errate – emerge dallo studio –, visto che rispettivamente hanno tolto supporto ai meno abbienti e hanno lasciato inalterata la condizione del lavoro povero, mentre il paese viene colpito dall’inflazione.
Il tutto mentre crescono i redditi di miliardari e multimilionari senza che nessuno osi toccarli. I nomi, si legge, sono quelli della lista Forbes, nella top 3, Giovanni Ferrero, Giorgio Armani, Sergio Stevanato. Non c’è più tra i primi cinque Silvio Berlusconi, morto il 12 giugno 2023, che Forbes catalogava insieme ai figli. Gli eredi dopo la suddivisione del patrimonio restano in classifica individualmente: Marina e Pier Silvio Berlusconi, secondo i calcoli di Forbes, hanno oggi un patrimonio di 1,9 miliardi di dollari e si trovano al 40esimo posto.
Miliardari e multimilionari
Il 2023 ha segnato ancora una volta gli aumenti patrimoniali dei più ricchi. In Italia, tra il 2021 e il 2022 il 20 per cento più povero ha dimezzato la sua quota di ricchezza (passata dallo 0,51 per cento allo 0,27 per cento), mentre il 10 per cento più ricco mantiene la sua fetta, più sostanziosa rispetto al 2020: 68,9 per cento. Alla fine del 2022 il patrimonio netto dell’1 per cento era 84 volte superiore a quello detenuto dal 20 per cento più povero della popolazione.
Dall’inizio della pandemia fino al mese di novembre 2023, il numero dei miliardari italiani è aumentato di 27 unità (passando da 36 a 63) e il valore dei patrimoni miliardari (pari a 217,6 miliardi di dollari a fine novembre 2023) è cresciuto in termini reali di oltre 68 miliardi di dollari (+46 per cento).
Nel corso del 2023 è cresciuto sensibilmente anche il numero dei multimilionari italiani: l’insieme dei titolari di patrimoni finanziari superiori a 5 milioni di dollari ha visto 11.830 nuovi ingressi su base annua. Il valore complessivo dei loro asset è lievitato nel corso dell’anno passato di 178 miliardi di dollari in termini reali.
Il reddito di Meloni
Nel 2022 è cresciuta l’incidenza della povertà, con prospettive di peggioramento. Il reddito di cittadinanza, spiega Oxfam, finora aveva agito da freno. La disuguaglianza nella distribuzione dei redditi netti equivalenti in Italia era rimasta pressoché stabile nel 2021 (ultimo anno per cui le stime distribuzionali sono accertate) rispetto al 2020.
Senza misure Covid e reddito di cittadinanza, nel 2021 il reddito del 20 per cento della popolazione più ricca sarebbe stato 6,4 volte quello del 20 per cento più povero, a fronte di un rapporto di 5,6.
A questo si aggiunge che nel 2022 il fenomeno della povertà assoluta ha mostrato già una maggiore diffusione rispetto all’anno precedente, per colpa del carovita. Poco più di 2 milioni e 180mila famiglie per un totale di 5,6 milioni di individui versavano in condizioni di povertà assoluta, non disponendo di risorse mensili sufficienti ad acquistare beni e servizi essenziali per vivere dignitosamente.
Oxfam lo spiega con i dati e con gli indicatori, estremamente concreti. Sono famiglie che non si sono potute permettere un pasto adeguato una volta ogni due giorni o che non hanno potuto riscaldare adeguatamente casa. Per loro niente automobile o mobili nuovi, con l’ansia dei ritardi nel pagamento di bollette, affitti o mutui. Su base individuale nemmeno svaghi fuori casa, anche solo incontrare gli amici per bere e mangiare insieme almeno una volta al mese.
L’incidenza della povertà a livello familiare è passata in un anno dal 7,7 all’8,3 per cento, mentre quella individuale è cresciuta dal 9,1 al 9,7 per cento. L’inflazione, ha «i suoi impatti più incisivi sulle famiglie a bassa spesa rispetto a quelle benestanti. – ha commentato Maslennikov -. La dinamica del 2023 risentirà verosimilmente del rallentamento dell’economia nazionale».
Le famiglie, spiega ancora, non potranno fare affidamento sui propri risparmi, mentre le misure del nuovo reddito di inclusione, presentato con grande enfasi dalla presidente Giorgia Meloni il Primo maggio scorso, «segmentano la platea dei poveri secondo discutibili criteri di meritevolezza». Considerando inoltre che i beneficiari potranno ridursi di 500mila unità rispetto alle famiglie eleggibili per il reddito di cittadinanza. Sono nuove misure «destinate ad aumentare la disuguaglianza, l’indigenza e l’esclusione sociale».
Lavoro diseguale
Alcuni segnali positivi, come il tasso di occupazione al 61,3 per cento per le persone tra i 15 e i 64 anni di età, non sono poi così positivi. Esaminando da vicino la dinamica tra il terzo trimestre del 2022 e il corrispondente trimestre del 2023, emerge che il tasso di occupazione tra i 15 e i 24 è pressoché invariato.
Tra i 25 e i 39 anni aumenta perché diminuisce la popolazione di riferimento. Il vero picco è nelle classi di età più anziane, tra i 55 e gli 89 anni di età.
Geograficamente il Mezzogiorno è ancora penalizzato, mentre persistono in tutta la penisola la stagnazione salariale, la bassa produttività e i ritardi occupazionali, bassa qualità lavorativa di giovani e donne, infine il ricorso al lavoro atipico che amplia le fila dei working poor.
Maslennikov conclude: «L’opposizione al salario minimo legale è una scelta emblematica di un profondo disinteresse a tutelare i lavoratori meno protetti, impiegati in settori in cui la forza dei sindacati è minima».
Oxfam raccomanda al Governo di intervenire, pensando non solo al reddito di cittadinanza e al salario, pur necessari, ma anche all’introduzione di un’imposta progressiva sui grandi patrimoni: rivolta allo 0,1 per cento più ricco della popolazione con un patrimonio netto individuale sopra i 5,4 milioni di euro porterebbe un gettito tra i 13,2 e 15,7 miliardi di euro all’anno. Una misura da accompagnare a una seria lotta all’evasione.
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