- L’80 per cento degli italiani è particolarmente sensibile e attento al tema della pace e il 17 per cento ha una posizione di disinteresse verso i conflitti
- Tra i giovani under trenta anni troviamo la quota più alta di soggetti disinteressati ai conflitti e a quanto succede nelle altre parti del mondo (33 per cento)
- Il 42 per cento dell’opinione pubblica spinge per una politica e delle scelte nazionali e globali che favoriscano l’eliminazione completa e totale dei conflitti e delle guerre dalla mappa del globo
Le vicende della guerra in Ucraina e le reazioni che attraversano l’opinione pubblica italiana consentono di riflettere sul valore della pace e sul tono dello spirito pacifista che è presente nel nostro paese. La guerra scatenata dall’invasione russa ha già avuto tra i civili, secondo i dati Onu, oltre settemila morti e undicimila feriti, mentre le vittime militari, tra russi e ucraini, assommano a circa 100mila persone. In base ai dati dell’Atlante delle guerre e dei conflitti, nel mondo, sono in corso 34 guerre.
Dallo Yemen, alla Siria, dalla Repubblica democratica del Congo al Myanmar, ad Haiti. Nel solo Sahel, tra Mali, Burkina Faso, Niger occidentale, nel 2022, ci sono stati 2800 attacchi orchestrati da gruppi estremistici islamici. Ci sono i conflitti latenti come in Kosovo, Nagorno-Karabakh, Taiwan. Senza dimenticare il conflitto in Etiopia, con i suoi 600mila morti civili e 2 milioni e mezzo di sfollati dal Tigray. Il mondo è infiammato dalle armi e la bandiera della pace ha toni e colori sempre più sbiaditi. Sul bisogno e sul concetto di pace gli italiani hanno sensibilità polarizzate. Per il 63 per cento pace vuol dire assenza di conflitti e guerre in tutto il pianeta e tra tutti i paesi. Non solo.
L’80 per cento degli italiani è particolarmente sensibile e attento al tema della pace e il 17 per cento ha una posizione di disinteresse verso i conflitti, ritenendoli un problema limitato che riguarda solo paesi lontani da noi. Un dato, quest’ultimo, che raddoppia tra i giovani under trenta anni, in cui riscontriamo una quota più alta di soggetti disinteressati ai conflitti e a quanto succede nelle altre parti del mondo (33 per cento). Tra i baby boomer, invece, l’attenzione e l’apprensione per i conflitti è molto alta e arriva al 91 per cento. Per la stragrande maggioranza dell’opinione pubblica, nel corso degli ultimi dieci anni, il mondo è diventato tristemente meno pacifico e sono lievitate le guerre e i conflitti. Una dinamica che non sembra destinata a regredire.
Il 47 per cento dell’opinione pubblica pensa che per il futuro ci dobbiamo aspettare una recrudescenza dei conflitti locali e, il 41 per cento, ritiene che aumenteranno le guerre e gli scontri tra stati. Ad avvertire la possibilità dello sviluppo di nuovi episodi bellici sono, innanzitutto, i ceti medio-bassi e popolari (45 per cento). L’opinione pubblica nazionale, nel suo complesso, è spaccata in due di fronte all’adagio latino “se vuoi la pace, prepara la guerra” (si vis pacem, para bellum). Nettamente avversi a questa visione è il 53 per cento dell’opinione pubblica, in particolare i cinquanta-sessantenni (56 per cento) e gli over sessanta (58 per cento).
La necessità di essere ben armati per creare un deterrente alla guerra convince, invece, il 38 per cento della popolazione (la restante quota è incerta e non si esprime), con una punta del 42 per cento tra le persone di età compresa tra i 31 e i 50 anni. Se il no alla guerra e alla corsa al riarmo convince la maggioranza del paese, il 42 per cento dell’opinione pubblica spinge anche per una politica e delle scelte nazionali e globali che favoriscano l’eliminazione completa e totale dei conflitti e delle guerre dalla mappa del globo.
Oltre a ciò sono auspicati nuovi interventi a sostegno della cooperazione internazionale (39 per cento) e strategie politiche volte a dare stabilità alle relazioni tra gli stati e dentro le nazioni (37 per cento). Per fermare le guerre ed evitare i conflitti, inoltre, il 32 per cento degli italiani è favorevole alla completa eliminazione delle armi nucleari; il 31 per cento spinge per politiche volte a eliminare la povertà e la fame nel mondo, mentre il 30 per cento auspica una forte ripresa della lotta alle discriminazioni e alle oppressioni dei diritti umani.
Sempre per bloccare l’insorgere di conflitti un quarto dell’opinione pubblica si dice favorevole e ritiene necessarie azioni volte a ridurre il gap tra paesi ricchi e poveri, mentre il 14 per cento auspica interventi volti a ridurre i cambiamenti climatici. La spinta verso la pace, il bisogno di pace, è certamente uno dei valori collante dell’opinione pubblica nazionale, anche se con tonalità differenti rispetto al passato. Alcune intensità sono mutate nel corso degli ultimi trent’anni e siamo di fronte al permanere della voglia di pace, ma allo stesso tempo siamo alla presenza di uno spirito pacifista scolorito.
La tensione incarnata nella frase “l’Italia ripudia la guerra”, stampata a fuoco nell’articolo 11 della nostra Costituzione mantiene tutto il suo valore, ma il portato di sdegno e rigetto totale che trasuda dalle parole della nostra Carta appare oggi meno vigoroso.
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