Il 70 per cento degli italiani si definisce poco o per nulla soddisfatto del funzionamento della democrazia in Italia
- I maggiori delusi sono le donne (73 per cento), la generazione X, ovvero i nati tra il 1965 e il 1980 (78 per cento), i residenti al Sud (72 per cento) e le persone che fanno parte del ceto popolare (79 per cento)
- Per l’83 per cento dell’opinione pubblica chi viene eletto in Parlamento perde facilmente il contatto con la gente
- Il 79 per cento degli italiani è convinto che i partiti politici siano troppo influenzati dalle persone ricche e dai poteri forti
Il tessuto democratico del nostro paese si è infragilito nel corso degli ultimi anni. La distanza delle persone verso la classe politica e quella dirigente si è andata approfondendo e solo il 30 per cento degli italiani è soddisfatto del funzionamento della democrazia in Italia, contro il 70 per cento che si definisce poco o per nulla soddisfatto.
La delusione per il funzionamento del nostro sistema trova alcuni punti di decantazione maggiore in precisi segmenti sociali: i maggiori delusi sono le donne (73 per cento), la Generazione X, ovvero i nati tra il 1965 e il 1980 (78 per cento), i residenti al sud (72 per cento) e le persone che fanno parte del ceto popolare (79 per cento).
Allontanarsi dalla politica
Nel corso degli ultimi cinque anni si è affievolito anche l’interesse per la politica. La spinta partecipativa che ha segnato alcuni periodi del passato recente si è un po’ raffreddata: il 14 per cento degli italiani afferma di essere molto più interessato alla politica rispetto a cinque anni fa, mentre il 30 per cento denuncia un calo di attenzione.
Anche in questo caso il livello di disinteresse ha tratti ben definiti: sociali (con il 42 per cento nei ceti popolari contro il 25 per cento nel ceto medio), generazionali (38 per cento tra i baby boomers rispetto al 21 per cento tra i giovani) e geografici (34 per cento nelle isole, contro il 25 per cento del centro Italia). Un segnale positivo arriva, invece, dai giovani under 30 anni, tra i quali l’interesse per la politica è cresciuto del 12 per cento in più rispetto alla media.
I fattori che alimentano il radicato senso di sfiducia sono molteplici e si fondano su alcune consolidate convinzioni o percezioni. Si può stilare una classifica dei fattori che alimentano il senso di distacco tra le persone, la politica e il sistema democratico. Ai vertici troviamo quattro aspetti: la percezione che chi viene eletto in parlamento perda facilmente il contatto con la gente (83 per cento); la convinzione che i partiti politici siano troppo influenzati dalle persone ricche e dai poteri forti (81 per cento); la sensazione che i partiti politici confondano le questioni piuttosto che fornire scelte e risposte chiare (79 per cento); la convinzione che, una volta giunti al potere, gli eletti si disinteressino dei bisogni delle persone (sempre 79 per cento, un dato che sale all’82 per cento tra i ceti popolari).
Una questione di sfiducia
Dietro questa prima fila di fattori che allargano la forbice relazionale tra le persone e i partiti e il nostro sistema democratico, incontriamo un ulteriore set di aspetti che partecipano allo scollamento e all’insoddisfazione. In questo ambito pesa più di tutto la percezione, da parte degli elettori, di non avere alcuna voce in capitolo su ciò che fanno il governo, il parlamento e lo stato (77 per cento). Un secondo elemento che partecipa al crescente disallineamento tra politica e società è quello relativo al fatto che, secondo gli italiani, nel nostro paese ci siano troppi partiti che rappresentano solo piccole enclave della società (76 per cento). Entità politiche che sono espressione di interessi particolari e parcellizzati, incapaci di interpretare una strategia orientata al bene complessivo della nostra nazione.
Infine, tra gli aspetti a corollario dello scollamento, ritroviamo sia lo scetticismo sulla capacità delle persone elette di fare ciò che è giusto per il paese (73 per cento), sia la sfiducia verso il valore stesso del voto (il 52 per cento pensa di avere poche possibilità di incidere, con il proprio voto, sul risultato elettorale). Pur in presenza di questi deficit, i partiti non hanno perso il proprio ruolo di cardini della democrazia e la maggioranza degli italiani (59 per cento) continua a ritenerli necessari e utili.
I segni di scollamento sono molteplici (non da ultimo il crescente fenomeno dell’astensione elettorale) e mostrano quanto la ferita nella nostra democrazia sia ampia. Un fenomeno che non è certo nuovo, ma è il frutto di un lungo processo che difficilmente sembra destinato a rimarginarsi. Il rischio cui siamo di fronte è quello di un avvitarsi delle dinamiche attuali, con la possibilità che, all’interno di un contesto infragilito, possano trovare humus fertile ulteriori smottamenti e derive, quando non anche, come direbbe lo scrittore uruguayano Eduardo Galeano, spinte verso democrature.
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