Un aumento dei prezzi mai così alto da 25 anni su base annua e una infiammata tra dicembre e gennaio che addirittura non si vedeva dal 1983. Le cifre snocciolate dall’Istat ieri sugli aumenti dei prezzi disattendono le previsioni e sono «preoccupanti anche per le loro conseguenze economiche e sociali».

L’andamento dei prezzi delle materie prime energetiche, spinto dalla crescita della domanda, ma anche parzialmente dagli effetti della transizione energetica, ha sballato anche le previsioni della Banca centrale europea, il cui board discute da mesi della natura dell’inflazione legata alla crisi Covid.

Nell’Eurozona l’inflazione a gennaio è arrivata al 5,1 per cento, l’Italia che aveva chiuso l'anno sotto la media, a gennaio l’ha superata al 5,3 per cento.

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Per il 2022 l’inflazione si attesterebbe al 3,4 per cento. L’inflazione di base, quella al netto dei prodotti energetici e alimentari, è stabile all’1,5 per cento per il 2022 e al netto dei soli energetici sarebbe all’1,8, ancora sotto a quel due per cento, obiettivo attorno al quale si muove la Banca centrale europea. Ma la distinzione col tempo rischia di sfumare, considerando che il rialzo si sta diffondendo, dicono all’Istat, «ad altre aree del paniere». 

Effetti sociali preoccupanti

Secondo Cristina Freguja, direttore responsabile delle statistiche sociali dell’Istat, la dinamica dei beni energetici è destinata a rallentare ma per tornare ai livelli pre crisi ci vorrà tempo: gli aumenti si trasmetteranno prima lungo le filiere e quindi «avremo un impatto significativo sui beni di largo consumo, i beni non durevoli per la casa, i trasporti, i servizi di assistenza e la ristorazione. La nostra moneta, quindi il nostro salario, varrà meno, ma non per tutti in maniera uguale.

Già a fine anno l’istituto di statistica aveva analizzato l’impatto dell’aumento dei prezzi sulle famiglie, in base alle diverse classi di spesa, cioè ordinandole per spesa equivalente dalla fascia meno abbiente a quella più ricca: il prezzo del paniere di beni delle famiglie che rientrano nella prima classe di spesa, cioè le più povere, è aumentato del 2,4 per cento, quello delle famiglie più ricche dell’1,6 per cento. Questo perché i beni, che sono coinvolti nei rincari attuali, incidono di più sui bilanci dei più poveri, mentre su sui bilanci delle famiglie più agiate pesano di più i servizi.

L’ulteriore fiammata di gennaio porta con sé preoccupazioni per le «conseguenze economiche e anche sociali». In teoria la prossima elaborazione dell’Istat sulle classi di spesa è fissata per giugno, ma già oggi considerando che l’ulteriore rialzo è sempre legato ai beni energetici e che l’inflazione colpisce in misura doppia i più poveri, «non potrà che ripercuotersi più fortemente sui livelli di consumo più basso».

L’effetto sui salari per ora non c’è, ma gli occhi sono puntati sui rinnovi contrattuali dei prossimi mesi. Inoltre è anche bene considerare il punto di partenza, visto che l’Italia è il Paese d’Europa in cui i salari sono scesi almeno negli ultimi 15 anni. Un’altra conseguenza potrebbe essere la diminuzione del valore dei risparmi – che sono aumentati durante la pandemia – in un contesto già disuguale, considerando che in Italia i depositi, tipici delle famiglie meno abbienti, sono tassati maggiormente di altri investimenti.

Preoccupa, poi l’impatto sulla crescita, ad oggi la fiammata italiana è maggiore di quella di altre economie europee. Giusto l’altroieri il ministro dell’economia francese Bruno Le Maire si è rallegrato del fatto che «in Spagna le bollette dell’elettricità aumenteranno del 71 per cento e in Italia del 129 per cento», rispetto al 4 per cento francese. 

Al momento è difficile fare previsioni, secondo gli analisti dell’Istat, «gli elementi di incertezza sono tanti e bisognerà ragionare a vista, di fronte a fenomeni complessi da governare anche nelle previsioni». Intanto ieri la direttrice generale del Fondo monetario internazionale, Kristalina Georgieva, ha detto che l’'inflazione «è un problema economico e sociale più importante di quanto fosse previsto mesi fa. Le restrizioni a causa del Covid e le pressioni climatiche stanno facendo aumentare il prezzo degli alimenti».

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