Il governo risponde alla rivolta delle imprese energetiche sulla tassa sugli extraprofitti con una norma ad hoc inserita nel decreto Aiuti bis. Obiettivo: accelerare con il pagamento dell’imposta ovvero costringere i grandi gruppi che hanno guadagnato a causa del rialzo dei prezzi energetici causato dal conflitto in Ucraina, a pagare quanto gli era stato chiesto dallo stato.

Infatti alcuni grandi gruppi hanno aperto contenziosi sul prelievo, convinti che violi la Costituzione e, sperando di replicare la saga della Robin Hood Tax del 2008, imposta sugli extraprofitti energetici dichiarata poi incostituzionale dalla Consulta, le imprese hanno versato appena un decimo di quanto previsto dal primo acconto al 30 giugno (pari al 40 per cento). I sindacati che chiedevano di alzare il livello della imposta per finanziare più generosamente gli interventi sul taglio del cuneo fiscale e la rivalutazione delle pensioni, quindi, non hanno trovato sponde e hanno trovato poche risorse rispetto a quante ne avevano chieste.

Quello che il decreto Aiuti bis porta in dote ai lavoratori è una riduzione del cuneo pari a 1,2 miliardi e una rivalutazione delle pensioni che è stata aumentata rispetto alla previsioni della vigilia, come lo stesso primo ministro Mario Draghi ha sottolineato in conferenza stampa. La misura più generosa per i lavoratori dipendenti resta la proroga del bonus bollette che arriva al 31 dicembre, che però per definizione è non strutturale.

Contro l’inflazione anche il taglio delle accise fino al 20 settembre e il credito di imposta sul gasolio agricolo sono stati prorogati al terzo trimestre. Ci sono poi 900 milioni di euro spalmati su sei anni per le opere delle complementari al Pnrr e 400 milioni per i cantieri delle Olimpiadi, giustificati dai rincari delle materie prime che hanno reso difficile aprire i cantieri. E anche un aumento di 200 milioni di euro del Fondo di solidarietà nazionale per indennizzare le imprese agricole che hanno subito danni dalla siccità.

Decreto mille interventi

Oltre alle risposte all’inflazione, il decreto licenziato ieri dopo diverse ore di Consiglio dei ministri contiene molto altro: si è trasformato in una nuova finanziaria dal valore di 17 miliardi, come ha detto lo stesso Draghi, in un decreto mille interventi, considerando che ne contiene tra i più diversi, dai fondi contro lo spegnimento dei televisori in montagna, a 600 milioni di euro per il fondo unico del turismo, ai fondi per premiare i prof con valutazioni positive della scuola con 400 euro in più al mese dal 2023-2024 (con rivolta istantanea delle sigle sindacali).

Dalle norme per prevedere la dichiarazione dello stato di emergenza preventivo per la siccità a livello nazionale a quelle che permettono al presidente del Consiglio di rispondere ai cyberattacchi in caso di «minacce che coinvolgono aspetti di sicurezza nazionale e non siano fronteggiabili solo con azioni di resilienza, anche in attuazione di obblighi assunti a livello internazionale».

Insomma, un mix di norme di reale urgenza e di urgenza da campagna elettorale. Nella prima categoria rientra soprattutto, in maniera abbastanza inattesa per chi non ha partecipato alle riunioni a porte chiuse di questi giorni, anche un miliardo di euro a disposizione per un aumento di capitale dell’ex Ilva, sempre più in crisi, giustificato sotto il cappello degli investimenti strategici.

Giusto ieri, nel tavolo al ministero dello sviluppo coi sindacati e i ministri Giancarlo Giorgetti e Andrea Orlando, l’amministratore delegato della nuova società Acciaierie d’Italia, Franco Bernabé aveva chiesto un aiuto in fretta e così è stato: una norma del decreto Aiuti permette a Invitalia di iniettare liquidità nella società. Il compito sarà portato a termine, sarà una somma sufficiente, aveva detto il ministro dello Sviluppo nella riunione a porte chiuse, «fino a che le condizioni di contesto torneranno a una relatività normalità».

Giorgetti aveva spiegato di potere inserire nella legge la norma in quanto l’ex Ilva è considerato «asset di interesse strategico nazionale» e aveva aggiunto di sperare che l’intervento potesse essere assecondato da ArcelorMittal, socio di Invitalia e al momento ancora primo azionista della grande fabbrica di Taranto.

Se quello per Taranto è stato un intervento messo a punto poche ore prima del Consiglio dei ministri, altre risorse sono alla fine scomparse. Per esempio è stato deciso di tagliare le risorse disponibili per l’assegno unico per i figli, a fronte, ha spiegato la ministra Elena Bonetti, di un numero di domande arrivate inferiore a quello stimato e per il fatto che il 20 per cento delle famiglie non ha presentato l’Isee e ha quindi scelto di ricevere la cifra minima.

Quei fondi, ben 630 milioni di euro, potevano essere reinvestiti sempre a favore delle famiglie, ma così non è stato. Non ci sarà una prossima volta. Ieri il ministro Andrea Orlando aveva preannunciato: «Sappiamo che è l’ultimo decreto del governo».

 

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