Il numero uno nominato da Elkann ha fatto scelte che hanno pagato solo nel breve termine. Dopo i profitti eccezionali del 2023 il mercato ha presentato il conto, a cominciare dagli Usa
Non è una sorpresa che la politica italiana, dalla destra di governo fino alla sinistra, abbia reagito con soddisfazione alla notizia delle dimissioni di Carlos Tavares dal vertice di Stellantis. Negli ultimi tre anni, il manager portoghese ha usato la strategia del muro di gomma con partiti e sindacati, che adesso contano di poter trattare con una controparte più malleabile.
Passeranno settimane, forse mesi, prima di avere indicazioni precise sul nuovo capo di Stellantis, fin d’ora però si può dire che le speranze diffuse nei palazzi del potere romani rischiano di andare deluse. E il motivo è semplice. La portata dei problemi che affliggono la multinazionale dell’auto presieduta (per quanto ancora?) da John Elkann si misura su scala globale e su scala globale andranno affrontati dal nuovo capoazienda. Quel che accadrà in Italia dipende, purtroppo, da decisioni che verranno prese tenendo conto di un contesto che, per Stellantis, spazia dagli Stato Uniti all’Est Europa e si inserisce in una crisi senza precedenti per l’intera industria automobilistica.
Investitori scettici
In questo quadro allarmante, la debolezza dell’azienda a capitale italo-francese è chiaramente percepita dagli investitori internazionali. E infatti lunedì la Borsa ha reagito con un pesante ribasso del titolo Stellantis (meno 6,3 per cento dopo un crollo anche del 10 per cento) alla notizia del siluramento di Tavares. Segnale chiaro che, per usare una metafora calcistica, per rilanciare una squadra in difficoltà il licenziamento dell’allenatore di per sé serve a poco se non cambia anche il modulo di gioco.
In trent’anni di carriera, prima in Renault quindi in Peugeot, per poi approdare alla corte di Elkann, il manager portoghese si è costruito la fama dell’abile tagliatore di costi e in Italia ha scaricato sulle casse pubbliche, sotto forma di cassa integrazione, gran parte degli oneri per i continui stop alle fabbriche, a cominciare dallo stabilimento simbolo di Mirafiori.
Per un po’ la strategia ha funzionato alla grande. Nel 2023 il titolo della casa automobilistica ha guadagnato in Borsa il 60 per cento, molto meglio dell’indice FtseMib in rialzo del 26 per cento nei dodici mesi. Il bilancio del gruppo l’anno scorso si è chiuso con profitti record a 18 miliardi di euro. Un risultato record che grazie a bonus vari ha contribuito a gonfiare i compensi di Tavares fino 36 milioni di euro, contro i 23,4 milioni dell’anno precedente. Nel frattempo la holding Exor, controllata dalla famiglia Agnelli-Elkann, a maggio ha incassato quasi 700 milioni di dividendi.
Alla lunga, però, i nodi sono venuti al pettine, a cominciare dal mercato nordamericano, un mercato dove si concentrano (dati 2023) il 45 per ceto dei ricavi e oltre la metà dei profitti operativi della multinazionale.
Naufragio americano
Proprio oltre Atlantico sono emersi i problemi di gran lunga più complicati da gestire per i vertici del gruppo.
Nei primi nove mesi del 2024 le auto invendute si sono accumulate nei piazzali dei concessionari statunitensi, che a metà settembre hanno inviato una lettera aperta a Tavares dai toni a dir poco aspri, segnalando le crescenti difficoltà commerciali e lamentando la “sconsiderata” strategia del gruppo. Una strategia concentrata sul breve termine, utile a gonfiare i profitti nel 2023, ma presto destinata a trasformarsi in un boomerang.
L’azienda è corsa ai ripari per ridurre l’invenduto a suon di incentivi ai dealer e ai clienti finali, ma intanto i conti sono andati a fondo. A fine ottobre Stellantis ha comunicato che nel terzo trimestre dell’anno, chiuso a settembre, le consegne sono diminuite del 27 per cento rispetto allo stesso periodo del 2023 e nel Nordamerica il calo ha toccato il 42 per cento. Si è così capito per quale motivo giusto un mese prima il gruppo era stato costretto a correggere al ribasso le previsioni sui profitti del 2024, con il margine operativo che sarà compreso tra il 5,5 e il 7 per cento contro il 10 per cento annunciato in precedenza.
In Europa le cose vanno meglio, ma la situazione resta più che preoccupante, visto che nel terzo trimestre i ricavi non hanno superato i 12,4 miliardi contro i 14,1 miliardi dell’anno precedente. Anche nel Vecchio Continente Tavares si è quindi visto costretto a rincorrere un mercato che va nella direzione opposta a quella prevista.
A farne le spese sono le fabbriche italiane, che esportano oltre il 60 per cento della produzione. I dati elaborati dal sindacato Fim Cisl descrivono una situazione da allarme rosso.
Flop commerciale
Tra giugno e settembre i veicoli usciti dagli stabilimenti della Penisola sono calati del 31,7 per cento rispetto a un anno prima e se si escludono i veicoli commerciali, pure in calo del 10 per cento, le solo auto fanno segnare un crollo del 40 per cento.
Proprio lunedì 2 dicembre sono stati pubblicati i dati di vendita sul mercato italiano del mese scorso con un nuovo calo per Stellantis del 24,6 per cento rispetto a novembre 2023.
Numeri che confermano la scarso appeal dei modelli proposti dalla casa automobilistica che è ora in cerca di un nuovo numero uno. Il manager che prenderà il posto di Tavares potrà contare su modelli che gli analisti considerano molto promettenti come la Grande Panda o la Citroen C3.
Ancora una volta, però, il rilancio dipenderà in buona parte dal mercato americano. Serviranno mesi per capire se dall’altra parte dell’oceano gli interventi in corsa annunciati di recente avranno un impatto positivo. La posta in gioco è il futuro del gruppo.
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