- I governi acquirenti si sono rifiutati di pagare il metano in rubli, ma un nuovo decreto del presidente russo impone alle aziende di aprire conti su banche locali. Mosca ha assicurato che verranno rispettati i contratti.
- Se qualcosa però cambierà nelle relazioni tra paesi al momento non è chiaro: al momento l’Eni non ha neppure conti in rubli, le materie prime si sono sempre commerciate in euro o dollari.
- Il prezzo del metano intanto continua a salire. Draghi ha ammesso che stiamo finanziando la guerra e chiede ancora una volta il tetto ai prezzi.
Il domani degli approvvigionamenti ruota attorno a un contratto. Anzi molti, che hanno spinto Vladimir Putin prima a fare marcia indietro sul pagamento del metano in rubli e poi a decidere di firmare il decreto che dovrebbe obbligare dal primo aprile «i paesi ostili», quindi gli europei, a pagare gli approvvigionamenti con la moneta di Mosca.
«Per comprare gas naturale russo, devono aprire conti in rubli in banche russe - ha detto Putin - È da questi conti che i pagamenti saranno fatti per il gas consegnato a partire da domani». Un mancato pagamento sarà considerato «un fallimento da parte degli acquirenti». E ha ripetuto il ricatto dei giorni scorsi: «Nessuno ci vende nulla gratis, e neppure noi facciamo carità - ha detto Putin - Quindi, i contratti esistenti saranno fermati».
Il prezzo al momento continua salire. Ieri, dopo che la Germania ha stabilito la pre-allerta gas, il prezzo del metano scambiato sulla piazza olandese ha avuto un balzo dell’8 per cento, a 114 euro, nella mattinata del 31 marzo è arrivato a 118 euro. Dopo l’annuncio di Putin è salito a 128 euro per poi chiudere la giornata a 125 euro.
Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha detto che la Germania ha verificato: «C'è scritto che si paga in euro. E ho chiarito nella telefonata che rimarrà così». Nonostante le minacce «le imprese potranno pagare, vorranno pagare e pagheranno in euro», ha aggiunto.
Sia Francia che Germania si sono dette pronte a eventuali interruzioni delle forniture.
Il decreto
Il decreto del Cremlino relativo al gas, firmato dal presidente russo Vladimir Putin, dice che i “Paesi ostili” potranno continuare a pagare il gas naturale in valuta straniera tramite una banca russa che convertirà il denaro in rubli. È quanto emerge dal testo pubblicato dai media di Stato russi. Per comprare il gas i clienti «dovranno aprire conti in rubli in banche russe», ha dichiarato Putin.
Secondo quanto riporta l'agenzia di stampa di Stato russa Ria Novosti, il decreto firmato da Putin prevede che una banca designata aprirà due conti per ogni compratore, uno in valuta straniera e uno in rubli; i compratori acquisteranno in valuta straniera e autorizzeranno la banca a vendere quella valuta per i rubli, che verranno messi nel secondo conto: è su quel conto che il gas verrà formalmente acquistato.
Gli acquirenti in 48 paesi, compresa l'Ue, dovranno aprire un conto bancario sia in valuta estera che in rubli presso la Gazprombank, riporta il Financial Times. Il testo diventerà completamente operativo in 10 giorni.
La quiete prima delle tempesta
Mario Draghi fino a questa mattina aveva rassicurato: «Vi riferisco le parole del presidente Putin: i contratti esistenti» sulla fornitura del gas, ha detto in un incontro con la stampa estera, «rimangono in vigore» così come sono, in dollari o in euro.
Mercoledì 30 marzo sono partite le telefonate con Putin, tra gli interlocutori Draghi che, il 31 marzo, durante la conferenza stampa alla Sala estampa estera, ha specificato: «Le aziende europee continueranno a pagare in euro o in dollari. La spiegazione di come fare a conciliare le due posizioni, ovvero mantenere il pagamento in euro o dollari e soddisfare» l'esigenza di essere pagati in rubli «è stata molto lunga» e per ora, come Putin si era premurato di dire anche al cancelliere tedesco Olaf Scholz nella stessa serata, tutto continuerà come prima.
La minaccia
Il 24 marzo Vladimir Putin aveva detto che la Russia avrebbe accettato solo pagamenti in rubli per il metano. Durante il Consiglio europeo i leader avevano già portato avanti i problemi relativi alla situazione contrattuale, pochi giorni dopo la posizione ufficiale dei paesi del G7: si sarebbero fermamente rifiutati.
Anche le compagnie che acquistano le forniture,l’italiana Eni in testa), hanno espresso il loro diniego e sono pronte a fare valere i contratti.
Se qualcosa però cambierà nelle relazioni tra paesi al momento non è chiaro: al momento l’Eni non ha neppure conti in rubli, le materie prime si sono sempre commerciate in euro o dollari.
Mentre la fatidica data del 31 marzo che avrebbe dovuto sancire il giorno in cui Mosca non avrebbe fornito il gas a chi non lo avrebbe pagato nella moneta di Mosca, nessuno ha dato cenni di arretramento. Il 30 marzo la Germania ha deciso di far partire la pre-allerta gas chiedendo a tutti di consumare meno, poche ore dopo è stata seguita dall’Austria, nelle stesse ore Mosca ha cambiato prospettiva.
La Russia esporta verso l’Europa 155 miliardi di metri cubi di metano, una fonte di guadagno fondamentale per Putin che si trova a gestire un’economia pesantemente colpita dalle sanzioni.
Già dopo la riunione dei ministri dell’economia del G7, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, ha cominciato a parlare di problemi tecnici e di un possibile un primo rinvio della misura, che adesso è tornata in auge.
Il 31 marzo il presidente del Consiglio italiano ha spiegato che sarebbe un fatto interno: «Ho capito che la conversione dal pagamento in euro o dollari in rubli è un fatto interno alla Federazione russa», nonostante questo «le analisi sono in corso per capire che significa, se le aziende europee possono continuare a pagare come previsto, se questo significa qualcosa per le sanzioni in atto. Questa è la situazione».
La sensazione, ha concluso il presidente del Consiglio, «è che non sia assolutamente semplice cambiare la valuta di pagamento senza violare i contratti», ha sottolineato Draghi. E così si va avanti. Senza sanzioni al metano, tra pagamenti in rubli e con le forniture russe che al momento non si sono mai interrotte ma che tutti temono potrebbero venire meno da un momento all'altro.
Il tetto ai prezzi
Mario Draghi è poi tornato a parlare di tetto ai prezzi all’ingrosso, esplicitando che l’intenzione è quella sia di risparmiare sia di colpire la Russia: «Germania e Italia stanno finanziando, insieme ad altri paesi, la guerra», a oggi, ha detto «non c'è nessun motivo che il prezzo del gas sia così alto». I collegamenti tramite gasdotto e le ingenti esportazioni di Mosca, danno all’Europa un forte potere contrattuale: «La Russia non può vendere il gas a nessun altro cliente che non sia l'Europa – ha detto Draghi -, c'è lo spazio per arrivare ad un tetto per ridurre i finanziamenti alla Russia occorre abbassare i prezzi del gas».
Se da una parte la strada potrebbe colpire Mosca, potrebbe rendere meno attrattivo il mercato europeo per il gas naturale liquefatto, quello su cui punta il vecchio continente per la diversificazione e l’Unione europea non ha ancora preso una decisione.
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