- Al Senato è stata rinviata perfino la scelta dei relatori sulla legge di bilancio, su cui però i senatori hanno un margine di manovra di poche centinaia di milioni.
- La partita vera sugli otto miliardi da distribuire per tagliare il fisco, tra lavoro e imprese, tra Irpef e Irap, è cominciata al ministero dell’Economia.
- Il governo ha come interlocutori, in rappresentanza dei partiti, tre membri dell’esecutivo su cinque, e presenterà lunedì i dati e le ipotesi di partenza per trovare il compromesso.
Ieri al ministero dell’Economia e delle Finanze è cominciato il vero tavolo di confronto sulla legge di bilancio.
Parallelamente alla discussione sulla finanziaria al Senato, su cui i partiti hanno un margine di manovra molto ridotto – 600 milioni di euro circa –, il ministro Daniele Franco ha iniziato, infatti, gli incontri con i responsabili economici delle forze politiche di maggioranza per trovare un compromesso sul taglio delle tasse, il capitolo più ingente della finanziaria che impegna otto miliardi, un quarto delle risorse complessive.
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In parlamento e al governo
Siccome le parallele, per definizione, non si incontrano mai al Senato e al tavolo del ministero dell’economia le dinamiche tra i partiti sono molto diverse.
A Palazzo Madama, unico luogo di confronto sulla legge di bilancio nel suo complesso per via dei tempi strettissimi per la discussione, i partiti hanno persino rimandato la scelta dei relatori – teoricamente uno di centrodestra e uno di centrosinistra – dopo che il Movimento cinque stelle ha fatto mancare l’appoggio al nome scelto dal Partito democratico, Vasco Errani.
Il tavolo apparecchiato al ministero dell’economia, invece, dove siedono per il M5s la vice ministra Laura Castelli, per Leu la sottosegretaria Maria Cecilia Guerra, per Forza Italia il sottosegretario del ministero dello sviluppo, Gilberto Pichetto Fratin, per la Lega, Alberto Bagnai e per Italia Viva, il presidente della commissione finanze della Camera, Luigi Marattin – in sostanza tre membri di governo su cinque - si è invece celebrato in un clima che tutti, senza eccezioni, hanno definito cordiale e senza tensioni.
Si è trattato per il momento solo di un giro di tavolo, in cui ogni partito ha presentato le sue posizioni sul fisco, ma si è anche impostato un metodo di lavoro: sarà il ministero dell’Economia e delle finanze a presentare dati e ipotesi di revisione del fisco per provare ad accompagnare i partiti ad un compromesso.
Cioè un punto di caduta tra chi vuole destinare maggiori risorse al taglio dell’imposta sulle persone fisiche per le classi medio basse di lavoratori dipendenti e chi, come Forza Italia, ha come obiettivo la cancellazione dell’Irap, la tassa sulle attività produttive con cui si finanzia buona parte della sanità regionale. Il punto di caduta non è semplice ma le premesse sono indicative.
Questione di distribuzione
Già la cornice del provvedimento ha messo per iscritto che le risorse possono essere destinate alla riduzione di entrambe le imposte, oltre che a una revisione della selva di detrazioni fiscali che complica e priva di razionalità e equità al sistema. In questo modo è difficile che si ottenga che tutti gli otto miliardi siano dedicati al taglio delle tasse sul lavoro dipendente, come per esempio, vorrebbero i sindacati, a partire dalla Cgil.
Per accontenare chi vuole tagliare le tasse sulle imprese, l’ipotesi è che si arrivi a una riduzione progressiva, che tenga conto anche dei risultati che si potrebbero ottenere negli anni futuri dalla riorganizzazione dell’amministrazione fiscale (anche il Pnrr prevede obiettivi intermedi di aumento della fedeltà fiscale da rispettare per ottenere l’esborso dei fondi Ue).
Non è chiaro poi il destino del bonus 80 euro poi trasformato in bonus 100 euro voluto dal governo Renzi che, pensato per aiutare i lavoratori dipendenti con i redditi più bassi, ha avuto come effetto collaterale quello di creare per alcuni livelli di reddito aliquote marginali effettive molto alte, e quindi grandi differenze di reddito netto tra contribuenti con situazioni di partenza molto simili. Siccome cancellare un bonus una volta accordato non è mai facile, come insegna la storia del nostro sistema fiscale, la soluzione potrebbe essere quella di estenderlo.
Considerando la quantità di eccezioni tra cui mettere ordine, le opzioni percorribili per cesellare un accordo sono diverse.
Quello che è certo, però, è che le richieste che i partiti hanno sbandierato in questi giorni di grancassa propagandistica non sono considerate realistiche. Non lo è l’aumento delle risorse per il taglio delle tasse a dodici miliardi, che vorrebbe Forza Italia, né l’estensione del forfat degli autonomi ai redditi fino ai 100 mila euro, un privilegio fiscale intaccato che la Lega continua impunemente a definire flat tax.
Tre livelli
Si potrebbe dire, dunque, che ci sono tre livelli di confronto attorno alla legge di bilancio.
Uno è quello della propaganda, il secondo è quello della discussione al Senato su cui potrebbero concentrarsi maggiormente le tensioni politiche, il terzo e più rilevante è quello giocato quasi interamente nel campo dell’esecutivo e che deve decidere la distribuzione degli 8 miliardi soprattutto tra, si diceva una volta, tra capitale e lavoro.
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