Che si fa se si è pensato di usare lo spazio di manovra sui conti pubblici per riprendersi dalla pandemia e poi, nel mezzo di una fiammata dei prezzi delle materie prime, arriva un conflitto con un paese verso il quale si è più esposti degli altri paesi europei cui si è già chiesto in prestito tutto il denaro a disposizione?

A Versailles la Francia cercherà di spingere la Germania verso una risposta fiscale comune alle conseguenze economiche del conflitto in Ucraina, dopo che la commissione ha già deciso di estendere la sospensione del Patto di stabilità europeo. Il vicepresidente Valdis Dombrovskis ha detto che gli stati possono intanto usufruire dei prestiti messi a disposizione con la Recovery and resilience facility, ma l’Italia è, con Grecia e Romania, uno dei paesi che ha già utilizzato tutte le risorse possibili.

La stretta della Banca centrale europea

Intanto la guerra ha già colpito: la Banca centrale europea ha tagliato di mezzo punto di Pil, dal 4,2 al 3,7 per cento, le stime di crescita dell’Eurozona. Contemporaneamente però, con una svolta inattesa, la Bce ha anche anticipato la fine del suo programma di acquisti: doveva essere ridotto a 20 miliardi in autunno, invece la riduzione sarà accelerata, scalerà a 20 miliardi già il prossimo giugno e si concluderà dopo l’estate.

L’inflazione è troppo alta – 5,8 per cento a febbraio con i prezzi dell’energia in rialzo del 31,7 per cento –, è proprio sull’inflazione che l’invasione russa e la guerra finanziaria che ne è seguita colpirà: per quest’anno i prezzi dovrebbero aumentare del 5,1 per cento, ma nello scenario peggiore schizzerebbero a più 7,1 per cento e la crescita si fermerebbe al 2,3.

La corsa dei primi al momento è diventata la preoccupazione maggiore per il board della Banca centrale. Nelle conclusioni del suo lungo comunicato, la Bce ricorda che «misure fiscali, incluse quelle a livello europeo, aiuterebbero a proteggere l’economia».

Della serie; ognuno fa il suo mestiere, ma intanto la stretta ha avuto subito effetti sullo spread Btp e Bund, impennato ieri a 164 punti base e la Borsa ha perso più del 4 per cento. La situazione dell’Italia, insomma, non è semplice.

I paesi dell’Europa orientale e centrale sono le vittime principali dell’economia di guerra su tutti i fronti: per relazioni commerciali con la Russia, dipendenza energetica e vulnerabilità rispetto al rialzo dei prezzi dell’energia. Sulla seconda linea del fronte, però, ci sono Germania e Italia, le nazioni più dipendenti a livello energetico dalla Russia ma anche che potrebbero risentire della mancanza di alcune materie prime. Come spiega un rapporto del Jacques Delors Centre, la dipendenza dell’Ue dall’area si concentra su alcuni prodotti: oltre a gas e petrolio, cereali ucraini, fertilizzanti da Russia e Bielorussia e alcune materie prime “critiche”. Il palladio, metallo utilizzato nei sistemi di scarico per ridurre le emissioni, serve proprio all’industria automotive italiana e tedesca. E poi per l’Italia ci sono anche le importazioni di alluminio.

Ristori e dazi

Il premier Draghi lo sa bene: è arrivato a Versailles con in mano l’informativa che i ministri dello Sviluppo Giancarlo Giorgetti e delle Politiche agricole Stefano Patuanelli hanno presentato in Consiglio dei ministri. Giorgetti ha proposto, tra le altre cose, un fondo ristori per le industrie maggiormente colpite dalla crisi e la possibilità di imporre restrizioni e dazi all’export di alcune materie prime, ovviamente da discutere a livello europeo.

Al ministero dello Sviluppo sono anche impegnati a cercare fornitori alternativi: al momento, ci sono stati contatti con il Canada per le forniture di grano, e coi paesi latinoamericani per i cereali, ma la ricerca continua.

Dall’Ucraina nel 2021 l’Italia ha importato il 3 per cento del frumento tenero e il 13 per cento del mais.

Patuanelli ha proposto di comprare più frumento da Francia e Germania, ma c’è bisogno anche di mais, olio di girasole, fertilizzanti e soprattutto, secondo il titolare dell’Agricoltura, serve un vero piano di emergenza: le imprese agricole «non riescono più a ridistribuire gli aumenti lungo la filiera». Il ministro ha proposto di modificare la Politica agricola comune per togliere vincoli alla produzione, su terreni irrigabili e lasciati a riposo, e far coltivare il coltivabile. E poi un piano straordinario per la ristrutturazione del debito delle aziende agricole, con l’ipotesi anche di tagliare gli oneri previdenziali per gli imprenditori. Infine ha domandato un Energy recovery fund, finanziato da debito comune europeo.

La macchina europea si è messa in moto. Proprio ieri la commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager che vigila sugli aiuti di stato ha proposto sostegni temporanei alla liquidità di tutte le imprese colpite dalla crisi, pagabili tramite garanzie e prestiti agevolati e aiuti per far fronte a prezzi eccezionalmente elevati del gas e dell’elettricità.

In campo è scesa anche la potente direzione Commercio: «L’invasione della Russia ha un profondo e duraturo impatto sulla situazione geopolitica e geoeconomica. Rafforzare i legami dell’Ue con i partner affidabili attraverso accordi commerciali deve essere una priorità», ha detto la numero uno Sabine Weyand.

Il debito comune però resta argomento controverso. La Francia spinge per replicare il modello del Recovery e ieri Draghi al suo arrivo a Versailles ha detto: «Francia e Italia sono completamente allineate sia sulle sanzioni che sul sostegno che queste sanzioni necessariamente comporteranno». Debito comune, dunque? «Ripeto: Francia e Italia sono completamente allineate», è stata la risposta, concisa ma chiarissima. Replicare il Recovery significherebbe farlo entrare definitivamente tra gli strumenti a dell’Unione. La premier svedese Magdalena Andersson ha riassunto in una frase le argomentazioni dei contrari: «Alcuni paesi trovano sempre nuovi argomenti per non pagare le loro spese». I francesi sperano che la Germania si convinca col tempo: in dieci giorni il cancelliere Scholz ha ribaltato decenni di politica estera, per quella economica ne servono di più.

 

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