- Il Consiglio dei ministri dell’Energia dell’Unione europea non si è ancora deciso sull’embargo del petrolio russo, e l’Italia, ha rivelato il Financial Times, preferirebbe un tetto ai prezzi piuttosto che un stop alle forniture.
- Oltre alla questione economica, il problema per l’Italia è la raffineria Isab di Priolo, in provincia di Siracusa, l’anello diretto di congiunzione con Mosca.
- L’impianto infatti attraverso la società svizzera Litasco è di proprietà della compagnia russa Lukoil e ad oggi, raccontano i sindacati, si approvvigiona interamente di greggio russo.
Nonostante l’esclation militare in Ucraina, il Consiglio dei ministri dell’Energia dell’Unione europea preferisce mantenere un approccio molto cauto sull’embargo del petrolio russo e propone una soluzione graduale. L’Italia preferirebbe un tetto ai prezzi, proposto senza grande successo a più riprese dal premier Mario Draghi, piuttosto che un stop alle forniture.
Oltre all’impatto sul Pil , il problema per l’Italia è anche la raffineria Isab di Priolo, in provincia di Siracusa, l’anello diretto di congiunzione con Mosca.
L’impianto infatti attraverso la società svizzera Litasco è di proprietà della compagnia russa Lukoil e si approvvigiona quasi interamente di greggio russo.
L’embargo metterebbe alla prova il sistema di approvvigionamento italiano e i mille lavoratori della raffineria, a cui si aggiungono gli impiegati dell’indotto.
L’Italia
Il presidente dell’Unione nazionale energie per la mobilità (ex Unione petrolifera), Claudio Spinaci, non commenta la situazione, in attesa di decisioni Ue, ma ha confermato l’allarme riferito al Secolo XIX nei giorni scorsi: il primo problema sarà quello dei prezzi, a prescindere dalla Isab.
La flessibilità del sistema logistico italiano «eviterà il peggio», ma il venire meno per legge dei prodotti russi porterebbe inevitabilmente a scompensi e «ulteriori aumenti di costo».
Benzina e gasolio hanno avuto un’altra impennata. Che la situazione non vada verso il miglioramento, lo dimostra anche il decreto varato dal governo per prorogare il taglio delle accise su benzina, gasolio e Gpl fino a luglio, a cui si è aggiunto l’azzeramento delle accise sul gas per autotrazione.
La dipendenza
Fino al 2021 la dipendenza dal greggio russo dell’Italia è stata del 7 per cento dell’import, per un totale di circa 4 milioni di tonnellate.
Mentre Eni, che attualmente possiede direttamente due raffinerie ed è in società con Kuwait per una terza, ha annunciato già a febbraio che non avrebbe più siglato contratti di fornitura di petrolio con la Russia, mentre a Priolo si è verificato un vero e proprio corto circuito.
Fiorenzo Amato, segretario della Filctem-Cgil di Siracusa, racconta che da quando sono state stabilite le sanzioni, nonostante la Litasco non dovrebbe essere colpita dalle sanzioni e Lukoil si sia espressa contro il conflitto, «le banche hanno cominciato a fare difficoltà nelle linee di credito» e adesso «gli unici fornitori disponibili sono rimasti quelli russi. Così adesso lo stabilimento si approvvigiona interamente di petrolio russo. Prima delle sanzioni si trattava del 15 per cento del prodotto lavorato».
La raffineria rappresenta circa il 20 per cento della capacità di raffinazione italiana. Il sindaco di Priolo (Siracusa), Pippo Gianni, nei giorni scorsi ha scritto al presidente del Consiglio, Mario Draghi, per chiedere la nomina di un commissario straordinario al posto dell'attuale governance locale di Lukoil e l'attivazione di «tutti gli strumenti finanziari disponibili» per «evitare, anche attraverso un programma di rilancio a breve termine, la disastrosa condizione rassegnata a seguito del rischio chiusura della raffineria Isab Lukoil».
La settimana scorsa era circolata l’ipotesi di nazionalizzazione, che il ministero dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, aveva allontanato: «Non è all’ordine del giorno», pur riconoscendo che la situazione è «socialmente» preoccupante.
L’energia elettrica
A quello del greggio si aggiunge un altro controsenso: Isab, spiega Spinaci, «soddisfa il 20 per cento della domanda di energia elettrica della Sicilia».
Mentre l’Italia vara procedure di emergenza per andare a sopperire l’eventuale ammanco di metano russo nella generazione elettrica, il venire meno della fornitura di Isab creerebbe un altro “buco” nel sistema.
Nel silenzio delle istituzioni, gli operai aspettano di capire come verrà stabilito l’embargo.
Il provvedimento, descritto come graduale per i primi mesi e definitivo a partire dal 2023, finora non è stato deciso: «Non crediamo che si fermerà tutto dall’oggi al domani, ma è necessario cominciare a pensare a tutto questo adesso», spiega il sindacalista.
La Germania
Mentre l’Italia non prende posizione sull’embargo e il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani è rimasto in Italia per varare in nuovo decreto per gli aiuti contro la crisi economica innescata dalla guerra in Ucraina, la Germania lavora a carte scoperte.
Il governo tedesco nei giorni scorsi non ha escluso l’esproprio di una raffineria posseduta a maggioranza dalla russa Rosneft, e il ministro per gli Affari economici e l'azione climatica Robert Habeck ha detto che «la Germania non è contro l'embargo al petrolio russo». Ma ha chiesto tempo. Nelle scorse settimane, invece, il cancelliere tedesco Olaf Scholz aveva avvertito che le conseguenze economiche per la Germania consigliavano grande prudenza su ogni forma di sanzione energetica. Per la Germania la dipendenza da Mosca al momento è del 12 per cento dell’import, per questo «aiuterebbe avere qualche mese in più».
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