- Mentre il nuovo piano di Philippe Donnet promette agli azionisti utili in crescita, dividendi a 5,6 miliardi e anche un piano di riacquisto delle azioni, Mediobanca e Caltagirone aumentano le quote con “artifici” finanziari.
- Mediobanca ha avviato una operazione di acquisto titoli di otto mesi di durata che aumenta di un quarto il suo peso azionario.
- Intanto da fine agosto Caltagirone ha acquistato poco più 34 milioni di azioni e venduto 25,7 milioni con opzioni sia put che call delle Generali. Sulla battaglia più importante dello scenario economico gli investitori sono senza capitali.
Il 17 giugno 2022 è la data di scadenza della maggioranza dei derivati con cui Francesco Gaetano Caltagirone si sta preparando all’assemblea di aprile che dovrebbe decidere del destino delle assicurazioni Generali: secondo quanto risulta dalle operazioni di compravendita degli amministratori delle assicurazioni Generali, in tutto dalla fine di agosto al 10 dicembre di quest’anno il vicepresidente del gruppo ha acquistato poco più 34 milioni di azioni e venduto 25,7 milioni con opzioni sia put che call, un ammontare che corrisponde a circa l’1,62 per cento della compagnia.
Affitti e prestiti
L’operazione è nei fatti una compravendita “in affitto” parallela a quella annunciata da Mediobanca il 23 settembre – un prestito titoli su 70 milioni di azioni – che permette alla compagnia guidata da Alberto Nagel di aggiungere il 4,42 per cento del capitale delle assicurazioni al suo portafoglio e salire per otto mesi al 17,22 per cento dei diritti di voto, senza investire realmente i suoi capitali.
Si potrebbe dire che tanto è dura nei toni la battaglia che vede contrapposto il primo azionista Mediobanca, che difende l’attuale amministratore delegato Philippe Donnet, al vicepresidente Caltagirone, quanto i principali duellanti, Del Vecchio alleato di Caltagirone escluso, stanno cercando di combattere al risparmio.
La battaglia più importante per gli equilibri economici italiani viene combattuta a colpi di titoli in prestito contro titoli in affitto, non proprio il miglior biglietto da visita per il capitalismo nostrano.
Il patto
Ieri da ambienti vicini al patto formato da Caltagirone, Del Vecchio e fondazione Crt, è arrivata la ormai attesa tuonata contro il management del gruppo sull’andamento del titolo dopo la presentazione del piano strategico 2022-2024, bocciato da Caltagirone, mentre Romolo Bardin, amministratore delegato della Delfin, la finanziaria di Del Vecchio, non si è nemmeno presentato al voto, sempre in polemica con Donnet.
Dopo aver segnato un più 1,2 per cento appena conclusa la presentazione del piano, il titolo delle Generali a Piazza Affari ha viaggiato sotto la media del Ftse Mib e dal patto il giudizio è stato subito al vetriolo: «Il mercato sta dando un primo commento al piano di Generali».
Eppure i giudizi degli analisti erano stati generosi, anche perché Donnet ha centrato e superato i target che si era prefissato.
Per i prossimi anni l’amministratore delegato prevede di corteggiare gli azionisti più di prima, con utili fino a 5 miliardi pari a un aumento tra il sei e l’otto per cento del tasso annuo composto di crescita dell'utile per azione, dividendi in crescita dai 4,5 miliardi di euro del vecchio piano fino a 5,2- 5,6 miliardi e anche un piano di riacquisto di azioni (buyback) da circa 500 milioni che contribuirà ulteriormente a remunerare i soci.
Questione di ambizioni
Il patto formato da Caltagirone, Del Vecchio e Crt però rimprovera all’amministratore delegato francese poca ambizione sulle operazioni di acquisizione, invocando lo spettro di Amundi e Pioneer.
Nel nuovo piano sono previsti tre miliardi per le operazioni di acquisizione (M&A) – «Mi sembrano una cifra corretta, che rappresenta il giusto equilibrio tra il capitale che serve per la crescita e il capitale che serve per remunerare gli azionisti», ha detto Donnet di fronte agli investitori.
Apparentemente indifferente a ogni polemica – «Il board ha approvato il piano strategico che presentiamo oggi», ha detto l’amministratore delegato senza nemmeno citare il fatto che è stato approvato a maggioranza, undici consiglieri su tredici – Donnet continua a ribadire che lui risponde agli azionisti tutti.
Il patto che gli ha dichiarato guerra rilancia promettendo la presentazione di un piano alternativo a quello ufficiale in vista dell’assemblea.
Del Vecchio investe
Del Vecchio, forse, proietta su Generali la voglia di una operazione di successo come la sua Exilor-Luxottica, una fusione di grande o media taglia e il sogno del sorpasso sui competitor europei, trasferendo le dinamiche del suo settore su quello assicurativo. Ma il quadro regolatorio e il contesto rendono ben più complicata la realizzazione di una simile operazione.
E il fondatore di Luxottica sta investendo: ancora tra l’8 e il 9 dicembre ha acquistato un altro milione di titoli delle Generali, aumentando la sua quota complessiva ora pari al 6,3 per cento e portando il patto con Caltagirone e Crt a circa il 15,6 per cento.
In attesa di capire quali siano le questioni di merito e le scelte alternative presentate dai contendenti, resta che persino il più grande critico della gestione Donnet, dopo la mossa senza capitali di Mediobanca con cui piazzetta Cuccia ha aumentato di un quarto il suo peso, Caltagirone ha invece reagito decidendo di non rischiare un investimento che non gli porti la sicurezza di centrare l’obiettivo: vedere la testa di Donnet rotolare.
In questo scontro con poco merito sulla più grande compagnia assicurativa italiana, in cui le ambizioni strategiche si confondono con quelle personali, la battaglia viene condotta rischiando ma solo fino a un certo punto.
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