«Siamo stati i primi, e lo ricordo con orgoglio a non firmare per il Cop 26 di Glasgow seguiti dalla Germania», ha detto il ministro dello Sviluppo, al tavolo automotive. E sul ministro della transizione: «Mi sta dando una grandissima mano».
Il ministro dello sviluppo Giancarlo Giorgetti rivendica con orgoglio il no dell’Italia allo stop alla vendita di auto diesel al 2035. Durante l’incontro sul settore automotive organizzato giovedì al ministero dello sviluppo, presenti le maggiori sigle sindacali e i ministri Daniele Franco, Roberto Cingolani, Enrico Giovannini, Andrea Orlando, Giorgetti si è felicitato del fatto che anche la Germania sia pronta a dire no al bando delle auto diesel al 2035 previsto dalla proposta di direttiva della Commissione europea e già approvata dal parlamento europeo.
L’Italia incentiva le auto a diesel
«Come Mise», ha detto il responsabile dello Sviluppo, «siamo stati i primi, e lo ricordo con orgoglio a non firmare per il Cop 26 di Glasgow seguiti dalla Germania e ora anche altri iniziano a chiedersi seriamente se non sia necessario un ripensamento sui tempi e modi della transizione ecologica che pongano al centro la responsabilità sociale ed economica insieme con la sacrosanta battaglia ambientale».
In vista di Bruxelles
Alla Cop 26 di Glasgow, l’Italia, seguita da altri paesi europei, non aveva aderito al documento Full electric e ora ha convocato il tavolo al Mise anche in vista dell’appuntamento a Bruxelles del prossimo 28 giugno sull’ambiente.
Giorgetti ha ringraziato il ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani «perché mi sta dando una grandissima mano su una posizione che abbiamo espresso come Mise al Cop 26 dove abbiamo rotto il muro dell’omertà».
In attesa di capire se il fronte dei paesi contrari al passaggio definitivo all’elettrico nel 2035 modificherà il pacchetto Fit for 55, le azioni di supporto alla transizione all’elettrico, dagli incentivi per l’auto elettrica, all’utilizzo dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Secondo i sindacati l’Italia è già troppo in ritardo.
«Per anni abbiamo ripetutamente chiesto alle istituzioni italiane di provare a modificare alcune decisioni europee, ma siamo rimasti completamente inascoltati», ha dichiarato al tavolo Gianluca Ficco, segretario nazionale Uilm per il settore auto. «Ora sarebbe imperdonabile fermarsi in attesa di ipotetiche modifiche alle politiche europee, che se ci saranno, difficilmente cambieranno la sostanza del problema: la transizione energetica è già iniziata, il diesel è da tempo in crisi e la fine del motore endotermico inizierà nel 2027 con l’introduzione dello standard euro 7».
Durissima la nota diffusa dal coordinatore nazionale del settore automotive per la Fiom-Cgi, Simone Marinelli: l’incontro al Mise, scrive Marinelli, «non ha portato alcuna novità al settore, un’occasione persa vista la presenza di tutti i ministri competenti e coinvolti nella transizione tecnologica e ambientale»
Secondo il sindacalista Cgil «il dibattito e il confronto non può e non deve concentrarsi sulla possibilità di modificare la Direttiva europea ma piuttosto di come la Ue supporta le lavoratrici e i lavoratori e le imprese in un percorso di grande trasformazione».
Per la Cgil le risorse apportate dal governo nel fondo per la transizione non bastano, «soprattutto se vengono drenate dagli incentivi all'acquisto».
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