L’ad Carlos Tavares lamenta i ritardi della politica nel varare il nuovo piano: “Aspettiamo da quasi un anno”. Lo stallo sui nuovi fondi frena il mercato delle auto a batterie
Nel giorno in cui ripartono gli incentivi all’acquisto di auto, Carlos Tavares, amministratore delegato di Stellantis, torna a chiedere altri e più robusti aiuti. In una visita allo stabilimento abruzzese di Atessa, Tavares ha detto ai giornalisti di avere «chiesto al governo di sostenerci nella produzione di veicoli elettrici. Vogliamo raggiungere il traguardo di un milione di veicoli prodotti [in Italia], ma dobbiamo avere sostegni alla produzione». Tavares ha detto di aver chiesto «da nove mesi un sostegno per la vendita di veicoli», e ha detto che «si sono persi nove mesi».
L’affermazione suona quantomeno strana, perché gli incentivi alla vendita di auto elettriche sono in vigore dal maggio del 2022, e i fondi disponibili nel 2023 sono rimasti inutilizzati per circa la metà. Il numero uno di Stellantis si riferiva in realtà all’incontro di quasi un anno fa, il 14 febbraio 2023, in cui il ministro delle Imprese Urso aveva promesso nuovi (e più robusti) incentivi al settore.
Tavares ha citato ieri la 500 elettrica prodotta a Mirafiori. A parte un paio di modelli Maserati, che non sono certo argomento di incentivi, l’utilitaria è in effetti ancora oggi l’unica auto elettrica prodotta nel nostro paese; proprio nei giorni scorsi l’azienda ha chiesto tre settimane di cassa integrazione per il calo della domanda.
Tutte le altre elettriche Stellantis però, anche di marchi ex Fiat, arrivano dall’estero: dalle Fiat 600 e Jeep Avenger fatte in Polonia alla futura Lancia Ypsilon che verrà prodotta in Spagna alla Fiat Panda che dovrebbe essere assemblata in Serbia.
Le radici
Nei giorni scorsi Stellantis è stata criticata da più parti. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha attaccato il trasferimento all’estero di una parte importante della produzione dell’ex Fiat. E anche Carlo Calenda di Azione se l’è presa con la politica di delocalizzazione.
Questa politica non risale certo alla gestione Tavares, ma ha radici negli anni di gestione Agnelli con Sergio Marchionne al Lingotto e ancora prima; lo spostamento delle produzioni di auto medio piccole in paesi a costi più bassi è stato attuato anche da tutti i concorrenti europei, ma in Italia non è stato compensato né dai marchi di alta gamma di Fiat (con i ripetuti flop dei piani di rilancio di Alfa Romeo, Lancia e Maserati) né dalle nuove tecnologie, su cui Fiat non ha investito. Dopo la fusione di FCA in Stellantis, le piattaforme elettriche sono inevitabilmente arrivate dalla parte francese del gruppo: tutti i modelli citati sopra, a parte la 500, hanno quell’origine.
Ora anche i nodi di mercato vengono al pettine: in Italia si vendono poche vetture elettriche anche perché Fiat, in ritardo sull’elettrificazione, ha remato per anni contro le auto a batterie. Per recuperare terreno, Tavares spera nella nuova versione degli incentivi, che il ministro Urso dovrebbe presentare il 1° febbraio.
Gli incentivi per le auto elettriche dovrebbero salire dagli attuali 5.000-3.000 euro (con o senza rottamazione) a 11.000-6.000, con ulteriori maggiorazioni fino a 13.750 euro per gli acquirenti con reddito Isee inferiore a 30.000 euro; più soldi dovrebbero arrivare (fino a 10.000 euro con rottamazione e Isee basso) anche per le ibride ricaricabili che sono quelle che più interessano a Stellantis: due Jeep prodotte a Melfi e l’Alfa Romeo Tonale di Pomigliano; resteranno anche i contributi (con meno fondi) per le auto senza spina con emissioni di CO2 fino a 135 grammi/km.
La riapertura ieri delle prenotazioni degli incentivi ha confermato che le critiche ai ritardi del governo giunte da più parti, non solo da Tavares, sono giustificate: nella prima giornata sono stati utilizzati oltre metà dei 120 milioni di euro destinati alle auto non ricaricabili, ma solo pochi milioni per le auto elettriche ed ibride ricaricabili.
Il motivo è semplice: mentre le auto “senza spina” sono quelle che si vendono comunque (e che peraltro non avrebbero bisogno di incentivi), gli acquirenti delle ultime due categorie sono rimasti alla finestra nella prospettiva di un aumento consistente dei bonus; il rischio è che il mercato si fermi per due mesi, poiché in attesa dei decreti attuativi la nuova struttura degli incentivi non sarà operativa prima di marzo.
© Riproduzione riservata