No del Consiglio di amministrazione Fs ai nomi proposti per la guida di Trenitalia e Rete ferroviaria italiana-Rfi dall’amministratore delegato Gianfranco Battisti. Ha votato contro perfino il presidente Gianluigi Vittorio Castelli
- Con quattro voti contro tre il consiglio di amministrazione delle Fs ha bocciato i nomi proposti dall’amministratore Gianfranco Battisti per la guida delle due più importanti società del gruppo, Trenitalia e Rete ferroviaria
- Hanno votato contro anche il presidente Fs, Gianluigi Vittorio Castelli e Wanda Ternau che fa parte del comitato interno per la scelta dei candidati
- È un clamoroso atto di sfiducia nei confronti del manager che dovrebbe gestire almeno 6 miliardi di euro del Recovery Fund per le infrastrutture
Quattro contro tre: lunedì sera il consiglio di amministrazione delle Ferrovie dello Stato (Fs) ha votato a sorpresa contro le nomine dei nuovi capi di Trenitalia e Rete ferroviaria italiana (Rfi), le due società che sono il cuore del gruppo. La prima con 28 mila dipendenti muove in tutta Italia le Frecce e le migliaia di altri treni; la seconda con 30 mila dipendenti gestisce l'infrastruttura (binari e segnalamento) e indirizza gli enormi investimenti pubblici su di essa. Sia la holding Fs, sia le controllate Trenitalia e Rfi, ma soprattutto quest'ultima, saranno nel futuro prossimo destinatarie insieme ad Anas (sempre del gruppo Fs) degli ingenti finanziamenti (si parla di circa 8 miliardi di euro) che arriveranno per le infrastrutture con il Recovery Fund. Il voto del consiglio di amministrazione Fs è un missile a doppia testata: contro l'amministratore delegato Gianfranco Battisti che quelle nomine le aveva proposte e contro la sua idea di poter gestire in prima persona e con l'ausilio di manager di sua scelta proprio l'enorme partita della nuova infrastrutturazione. Battisti è uno dei 6 manager individuati dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, per la gestione del Recovery.
Un nuovo consiglio di amministrazione Fs si terrà il 17 dicembre ed era stato convocato prima del passo falso della bocciatura delle nomine di lunedì. Non è ancora del tutto chiaro quale sarà l'ordine del giorno, se cioè tra gli argomenti trattati ci saranno di nuovo le nomine. In quest'ultimo caso i consiglieri dovrebbero esprimersi appena dieci giorni dopo il primo voto, quasi che nel frattempo potesse succedere qualcosa che li possa indurre a una sorta di ravvedimento verso i quattro candidati bocciati: l'ex presidente della commissione Trasporti della Camera, Michele Pompeo Meta (Pd), che avrebbe dovuto assumere la carica di presidente di Trenitalia. Mentre come amministratore delegato al posto del morettiano Orazio Iacono era stato individuato Luigi Corradi, in passato manager della francese Bombardier e da ultimo dell'indiana Titagarh Firema, aziende entrambe produttrici di materiale ferroviario e fornitrici di Fs. Poi Vera Fiorani che da capo della finanza Rfi sarebbe stata promossa amministratrice della stessa Rfi al posto di Maurizio Gentile ormai prossimo alla pensione, ma soprattutto sotto inchiesta per i due gravi incidenti ferroviari di Pioltello e Lodi. E infine il presidente di Rfi di cui al momento si sa solo che è una «professoressa di livello».
La votazione di lunedì sera è stata clamorosa. Due dei quattro consiglieri che hanno votato contro, Flavio Nogara e Andrea Mentasti, sono collegati alla Lega e quindi può essere considerato non eccezionale il loro no alla maggioranza ferroviaria caratterizzata da un'altra impronta politica. Ma gli altri due sono il presidente di Fs, Gianluigi Vittorio Castelli, e Wanda Ternau che fa parte del Comitato nomine. Il no di Castelli è sorprendente perché è del tutto inusuale che un presidente voti contro le proposte dell'amministratore delegato il quale almeno in teoria dovrebbe rappresentare gli orientamenti dell'azionista (in questo caso il ministero del Tesoro guidato da Roberto Gualtieri). E clamoroso è anche il voto contrario della Ternau che da componente del comitato nomine ha presumibilmente partecipato alla fase di individuazione dei candidati.
Non è ancora chiaro quale sia la genesi dell'imboscata tesa in consiglio. Le ipotesi sono tante. La prima è che Battisti non goda più della fiducia dell'azionista ministero del Tesoro e che quindi la bocciatura sia stata eterodiretta. La seconda ipotesi è che all'interno delle Fs si sia coalizzato un fronte a difesa dei manager di provenienza Fs messi da Battisti anche in questo caso da parte come in precedenza a beneficio di manager esterni. L'ultima ipotesi è che si tratti di una mossa tutta politica targata Lega, direttamente connessa alla più ampia partita delle opposizioni di governo sul Recovery e alle perplessità dell'ala governativa renziana. In ogni caso chi ne esce a pezzi è il numero uno Battisti. Il suo incarico alle Fs scade con l'approvazione del prossimo bilancio e la conferma non è scontata. Il voto contrario del consiglio si somma alla spinosa e mai chiarita vicenda su cui è in corso un'inchiesta della magistratura a proposito del risarcimento record di oltre 1 milione e 600 mila euro che gli era stato riconosciuto con due diverse causali dalle assicurazioni Generali quando ancora non era amministratore delegato, ma direttore di una divisione di Trenitalia.
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