- Mentre si discute di embargo verso il petrolio russo, ovvero il divieto per imprese e governi di ricevere il prodotto, il greggio di Mosca è già in difficoltà, e chi lo importava già oggi preferisce non rischiare denaro né consegne e si rivolge altrove.
- Venerdì il ministro degli Esteri ucraino ha chiesto di chiudere subito i rapporti commerciali. La Russia è il più grande esportatore mondiale di petrolio verso i mercati globali e il secondo più grande esportatore di petrolio greggio.
- L’Italia ha un import di greggio e prodotti raffinati (dal gasolio alla nafta) molto limitato, ma i prezzi sono già alle stelle. La Germania esclude sanzioni sull'energia: «Attualmente non c'è altro modo per garantire l'approvvigionamento energetico dell'Europa per il riscaldamento, la mobilità, l'energia elettrica e l'industria».
La Germania dice no all’embargo, ovvero al divieto di importazione, sul petrolio Russo, e a sanzioni per il settore energetico: «L'Europa – si legge nel comunicato della cancelleria tedesca di Olaf Scholz pubblicato questo pomeriggio - ha deliberatamente esentato dalle sanzioni le forniture di energia dalla Russia». E la presa d’atto: «Attualmente non c'è altro modo per garantire l'approvvigionamento energetico dell'Europa per il riscaldamento, la mobilità, l'energia elettrica e l'industria. È quindi di fondamentale importanza per i servizi di interesse generale e per la vita quotidiana dei nostri cittadini».
Gli Stati Uniti sarebbero pronti a stabilire l’embargo, ma mentre si discuteva la misura il greggio di Mosca è entrato in difficoltà, chi lo importava in molto casi ha preferito non rischiare denaro né consegne e si e rivolto altrove, al punto che il petrolio russo è stato venduto a prezzo scontato.
Una contrarietà ai prodotti di Mosca che ha cominciato a riguardare anche l’Italia: la raffineria in Sicilia che fa capo alla russa Lukoil si vede rifiutare i prodotti raffinati a partire dal greggio russo. Una catena di incertezze che ha portato il prezzo del greggio, scambiato a livello internazionale, a crescere e di conseguenza i carburanti a raggiungere livelli record.
Il prezzo del petrolio
Il petrolio “Ural”, peraltro «pesante» e meno facile da lavorare rispetto ad altri, riporta Ansa, sta perdendo valore. In questi giorni sta crescendo la differenza di prezzo tra il Brent – il petrolio del mare del Nord – e quello russo.
Mentre la crisi ucraina procede, il prezzo di un barile di Brent ha sfiorato domenica i 140 dollari, vicino al record assoluto di 147,50 dollari raggiunto nel 2008. Poco dopo l'apertura degli scambi elettronici, l'indice è schizzato a 139,13 dollari, per poi scendere a 130,45 dollari, con un aumento del 10,44 per cento. La quotazione dell’Ural si aggira a 20 dollari in meno.
La compagnia petrolifera britannica Shell ha fatto scalpore perché la settimana scorsa ne ha approfittato per acquistare un carico russo a prezzi molto inferiori rispetto alle quotazioni di mercato. «Non sentite l'odore del sangue ucraino nel petrolio russo?» ha twittato il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba riguardo la multinazionale. «Invito tutte le persone coscienziose in tutto il mondo a chiedere alle multinazionali di tagliare tutti i rapporti commerciali con la Russia» l'appello di Kuleba. La compagnia ha annunciato che donerà i ricavi a favore dei rifugiati ucraini.
I dati
Gli Stati Uniti sarebbero già pronti a procedere con l’embargo. Secondo Mosca questa decisione «distorcerebbe significativamente il mercato globale dell'energia» e «produrrebbe conseguenze piuttosto gravi», ha dichiarato il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov.
Gli Stati Uniti sul fronte petrolifero sono quasi totalmente indipendenti, e la maggioranza degli americani secondo un sondaggio Reuters-Ipsos (l'80 per cento) è convinta che vadano fermati gli acquisti, mentre l'81 per cento è a favore di nuove sanzioni.
L'Agenzia internazionale dell'energia (Iea) in un’analisi dal titolo “Il ruolo smisurato della Russia nei mercati petroliferi” ha dato un quadro della situazione. La Russia, ricorda l'Aie, è il terzo produttore mondiale di petrolio dopo Stati Uniti e Arabia Saudita.
La produzione totale di petrolio degli Stati Uniti è stata di 17,6 mb/g mentre l'Arabia Saudita ha prodotto 12 mb/g. Nel gennaio 2022, la produzione totale di petrolio della Russia era di 11,3 milioni di barili al giorno (mb/g), di cui 10 mb/g di petrolio greggio, 960mila barili al giorno (kb/g) di condensati.
Nonostante la Russia sia il terzo paese produttore, è il più grande esportatore mondiale di petrolio verso i mercati globali e il secondo più grande esportatore di petrolio greggio dopo l'Arabia Saudita. Circa il 60 per cento delle esportazioni di petrolio della Russia va all'Europa dell'Ocse e un altro 20 per cento alla Cina.
A novembre, l'ultimo mese per il quale sono disponibili le statistiche ufficiali mensili sul petrolio, l'Europa dell'Ocse ha importato un totale di 4,5 milioni di barili al giorno di petrolio dalla Russia (34 per cento delle sue importazioni totali), di cui 3,1 milioni di barili al giorno erano petrolio greggio e materie prime e 1,3 di prodotti petroliferi.
Circa 750 mila b/g di greggio vengono consegnati in Europa attraverso il sistema oleodotti Druzhba. I più immediatamente a rischio sono i circa 250 mila b/g di petrolio russo che transitano in Ucraina attraverso il ramo meridionale dell'oleodotto Druzhba per rifornire Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca.
La Cina è il maggiore acquirente singolo di petrolio russo, con una media di 1,6 mb/g di greggio nel 2021, equamente divisi tra oleodotto e rotte marittime. La Russia è anche un importante fornitore di greggio a Bielorussia, Romania e Bulgaria e di prodotti alla maggior parte dei paesi dell'ex Unione Sovietica, inclusa l'Ucraina.
L’Italia e l’Europa
L'Italia, che si approvvigiona con 72 tipi diversi di greggio da 22 paesi del mondo, nel 2021 ha importato da Mosca solo per il 10 per cento di greggio, ovvero 5,14 milioni di tonnellate (meno 1,9 per cento sul 2020).
Per quanto riguarda i prodotti raffinati, nei primi dieci mesi del 2021 dalla Russia sono state importate poco più di un milione di tonnellate – soprattutto gasoli, olio combustibile e virgin nafta –, una piccola percentuale rispetto agli oltre 55 milioni di tonnellate di prodotti consumati nei 12 mesi del 2021. Se sul fronte approvvigionamento è plausibile che l’Italia non abbia problemi, i prezzi invece risentirebbero dello shock relativo al divieto di acquisto dei prodotti russi: quindi continuerebbero ad aumentare tutti i carburanti.
La cancelleria tedesca di Olaf Scholz oggi ha pubblicato un comunicato: «Tutti i nostri passaggi sono progettati in modo tale da colpire duramente la Russia e sono sostenibili a lungo termine. L'Europa ha scientemente esentato dalle sanzioni le forniture di energia dalla Russia». Con una presa d’atto: «Attualmente non c'è altro modo per garantire l'approvvigionamento energetico dell'Europa per il riscaldamento, la mobilità, l'energia elettrica e l'industria. È quindi di fondamentale importanza per i servizi di interesse generale e per la vita quotidiana dei nostri cittadini».
Il Venezuela
Sul fronte interno è indubbio che la Russia risentirebbe dell’embargo. Il precedente più prossimo è l'embargo totale economico, finanziario e commerciale nei confronti del Venezuela imposto dall’amministrazione Trump nell’agosto 2019.
Proprio come la Cuba di Fidel Castro. Per la prima volta in 30 anni, riportò la stampa, una sanzione così dura è stata inflitta a un paese dell'emisfero occidentale, mentre l'embargo totale oltre a Cuba colpisce l'Iran, la Corea del Nord e la Siria.
Il provvedimento varato dal presidente americano ha previsto il congelamento in Usa di tutti i beni e gli asset di proprietà di individui ed entità governative venezuelane, ma anche il divieto di qualsiasi tipo di transazione con tali soggetti, compresa la Banca Centrale del Venezuela e la compagnia petrolifera statale.
L'embargo unilaterale applicato al Venezuela, ha detto il presidente Nicolás Maduro un anno fa, «ha significato la perdita del 99 per cento delle entrate in valuta pregiata», e questo «ha avuto un effetto devastante sui salari e sul lavoro delle missioni sociali, ferendo a morte il nostro welfare nazionale».
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