Sabato 15 marzo si preannuncia come una giornata di forte mobilitazione per il settore della grande distribuzione. I dipendenti della svedese Ikea incroceranno le braccia in tutti i punti vendita italiani, con manifestazioni già programmate a Carugate (Milano), Anagnina (Roma) e Afragola (Napoli).

Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs hanno proclamato lo sciopero nazionale dopo mesi di trattative infruttuose con l'azienda. Una vicenda che non riguarda solo la multinazionale svedese, ma getta luce sul reale impatto della contrattazione di secondo livello, che non sempre si traduce in un miglioramento delle condizioni dei dipendenti.

Un accordo peggiorativo

Il nodo principale della vertenza è rappresentato dal contratto integrativo aziendale in deroga al Ccnl, è scaduto dal lontano 2018 ed è ancora senza prospettive di rinnovo.

Una situazione resa ancora più critica dal fatto che il contratto applicato ai lavoratori del colosso svedese dell'arredamento deroga al contratto collettivo nazionale del commercio, che si basa ancora su parametri risalenti al 2011, evidenziando un congelamento delle condizioni contrattuali che perdura da oltre un decennio.

«Ci troviamo di fronte a un paradosso», commentano i rappresentanti delle organizzazioni sindacali confederali. «Ikea comunica all'esterno valori di inclusione e sostenibilità, ma nei confronti dei suoi oltre 7.400 dipendenti in Italia adotta politiche che vanno nella direzione opposta».

La denuncia è quella di un progressivo smantellamento delle tutele, con l’introduzione di un trattamento differenziato tra vecchi e nuovi assunti che genera profonde disparità all'interno dell'azienda.

I nuovi dipendenti, infatti, non possono accedere alle stesse maggiorazioni per il lavoro notturno e festivo riservate ai lavoratori storici, creando così una frattura interna che i sindacati definiscono inaccettabile. A questo si aggiunge l’eliminazione della cosiddetta “malattia statistica", una tutela importante per chi si ammala, e l’introduzione dell’obbligatorietà del lavoro festivo, che complica ulteriormente il già difficile equilibrio tra vita lavorativa e privata.

Il tema dei contratti in deroga

Il caso Ikea si inserisce in un contesto più ampio di crisi della contrattazione integrativa nel sistema italiano, con la ministra del Lavoro Elvira Calderone che ha evidenziato una crescita senza precedenti nella stipulazione di questi tipi di accordi, a suo avviso sintomo di un miglioramento della condizione complessiva dei lavoratori italiani.

Secondo Maurizio Del Conte, docente di Diritto del Lavoro all’università Bocconi, la realtà è un po’ diversa: «Assistiamo sempre più spesso a una distorsione del sistema: i contratti aziendali di secondo livello, che dovrebbero migliorare le condizioni dei lavoratori rispetto ai minimi garantiti dal Ccnl, rischiano di trasformarsi in strumenti per ridurre le tutele».

Del Conte individua la causa principale in un sistema contrattuale frammentato: «Troppi contratti nazionali in competizione tra loro hanno portato a una forma di dumping contrattuale, in cui anche le sigle sindacali confederali finiscono per firmare accordi al ribasso».

Nel caso specifico di Ikea, la contrattazione aziendale si sta trasformando in un'occasione di riduzione delle garanzie piuttosto che in un'opportunità di miglioramento, dato che molti contratti integrativi proposti dalle grandi aziende si concentrano più sul welfare aziendale, che gode di una fiscalità agevolata, che su un aumento delle retribuzioni.

La denuncia dei sindacati

Un aspetto particolarmente critico evidenziato dalle sigle promotrici della mobilitazione riguarda il riconoscimento delle professionalità: il nuovo assetto contrattuale proposto da Ikea, denunciano i sindacati, penalizza la crescita professionale dei dipendenti, con un sistema che, invece di premiare le competenze acquisite, riduce le prospettive di carriera.

A fronte di un fatturato in continua crescita, l’azienda svedese non sembra intenzionata a condividere i benefici economici con la sua forza lavoro.

I sindacati segnalano anche l'alto tasso di contratti part-time, spesso senza possibilità di trasformazione in full-time, e una riduzione degli spazi di contrattazione nei punti vendita di prossimità. «Mentre l'azienda si presenta come un modello di sostenibilità sociale, nei fatti sta comprimendo i diritti dei lavoratori», sottolineano i rappresentanti di Filcams, Fisascat e Uiltucs.

La protesta continua

La mobilitazione sindacale non si esaurirà con lo sciopero di sabato. Per lunedì 17 marzo è già stata proclamata un'altra giornata di protesta, che coinvolgerà i lavoratori delle sedi Rcmp (i centri per la progettazione da remoto) e So (Service Office). I sindacati promettono ulteriori iniziative se l'azienda continuerà a mantenere posizioni rigide al tavolo delle trattative.

Le richieste dei lavoratori sono articolate ma chiare: rinnovo del contratto integrativo con aumenti salariali equi, parità di trattamento tra tutti i dipendenti, maggiore tutela in caso di malattia, mantenimento della volontarietà del lavoro festivo e riconoscimento delle professionalità con reali opportunità di crescita interna.

Lo sciopero indetto dai lavoratori Ikea rappresenta un banco di prova per il futuro delle relazioni sindacali: se la contrattazione aziendale diventa uno strumento per ridurre le tutele anziché ampliarle, il rischio è quello di un progressivo indebolimento dei diritti per tutti i lavoratori, in un sistema che già fatica a garantire condizioni contrattuali adeguate.

La replica di Ikea

Ikea conferma che, purtroppo, le negoziazioni relative al rinnovo del Contratto Integrativo Aziendale si sono interrotte dopo una lunga e importante trattativa, avendo appreso che le Organizzazioni Sindacali hanno ritenuto non soddisfacente la proposta aziendale presentata.

Pur nel rispetto delle decisioni dei sindacati, siamo dispiaciuti dell’esito riscontrato, in quanto l’impegno dell’Azienda era volto a migliorare ulteriormente le condizioni economiche già riconosciute a tutti i co-worker dall’attuale Contratto Integrativo con interventi sia sul versante del welfare che delle maggiorazioni, in IKEA già ampiamente migliorative rispetto a quanto previsto dal contratto nazionale.

In particolare, la proposta di IKEA intendeva incrementare le maggiorazioni per il lavoro domenicale e festivo e creare un premio uguale e inclusivo accessibile a tutti i co-worker, con un significativo aumento degli importi: ad esempio per un addetto vendita full time l’importo del premio avrebbe superato i €2.000 lordi.

Inoltre, sarebbero stati previsti maggiori investimenti in formazione per sostenere i percorsi di sviluppo dei co-worker attraverso l’accrescimento delle competenze specialistiche, e l’introduzione di un importo annuale per tutti i lavoratori da poter spendere su una piattaforma di welfare in beni o servizi. Infine, la nostra proposta comprendeva ulteriori benefit innovativi quali un supporto alle persone che accedono a percorsi di procreazione medicalmente assistita o nei confronti di co-worker che intraprendono percorsi di transizione di genere.

Ikea ribadisce di non aver proposto alcun peggioramento rispetto a quanto già riconosciuto dalle normativa e dal Contratto Integrativo vigente. In tal senso, ad applicare il Contratto Integrativo vigente e con esso tutti i benefici in esso previsti. Infine, per quanto riguarda le aperture dei nuovi formati (PAOP), Ikea ribadisce che si tratta di formati innovativi che consentono di essere più vicini alle esigenze dei clienti e precisiamo che all’interno degli stessi tutti i diritti sindacali previsti dalla normativa vigente sono garantiti.

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