- La Camera dei deputati ieri ha approvato l’ultima versione della finanziaria mettendo fine alla battaglia interna alla maggioranza di governo su banca Monte dei Paschi di Siena.
- Da una parte sono state confermate le norme salva-banche, ma, accanto a queste, è arrivato l’emendamento salva-faccia per quella parte di maggioranza che per settimane ha frenato l’operazione tentando di limitare i generosi incentivi alle fusioni.
Il braccio di ferro politico è terminato quando il ministero dell’Economia ha serrato i ranghi e il consiglio di amministrazione di Monte Paschi ha varato un piano industriale basato sugli impegni alla privatizzazione.
Doveva essere un emendamento salva-faccia da affiancare a una legge di bilancio salva-banche, ma non è riuscito granché. La Camera dei deputati ieri ha approvato l’ultima versione della finanziaria mettendo fine alla battaglia interna alla maggioranza di governo su banca Monte dei Paschi di Siena e a cui è legato anche il destino di Unicredit, la seconda banca italiana.
Da una parte sono state confermate le norme salva-banche, un pacchetto di incentivi che in caso di aggregazione riconosce le perdite come crediti di imposta: un premio fiscale che solo per Mps vale circa 3 miliardi di euro e, nel caso che il matrimonio allo studio del ministero dell’Economia e delle finanze vada a buon fine, circa altrettanti per Unicredit.
La norma è utile per accelerare sulle aggregazioni bancarie in una fase delicata per il credito e aggravata dalla crisi pandemica, ma anche per mettere in sicurezza i conti di Mps, e con loro i conti del bilancio pubblico che col prossimo aumento in programma da 2,5 miliardi di euro avrà versato a Siena 10 miliardi di soldi dei contribuenti, in attesa di prendersene 10 di rischi legali e vendere la banca come concordato con la commissione europea.
Accanto alla norma salva-banche, però, è arrivato l’emendamento salva-faccia per quella parte di maggioranza, una fronda nutrita di parlamentari Cinque stelle, che per settimane ha frenato l’operazione tentando di limitare i generosi incentivi alle fusioni.
Il braccio di ferro politico è terminato quando il ministero dell’Economia ha serrato i ranghi e il consiglio di amministrazione di Monte dei Paschi ha varato un piano industriale basato sugli impegni alla privatizzazione.
A questo punto per coprire la retromarcia si è aguzzato l’ingegno: domenica è stato aggiunto un comma per impegnare il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri a riferire «preventivamente in parlamento in ordine a eventuali operazioni di aggregazione societaria o di variazione della partecipazione detenuta dal ministero in Monte dei Paschi di Siena».
Peccato che il mercato bancario sia tra i più regolati tra i mercati regolati e che quel «preventivamente» se interpretato alla lettera vorrebbe dire che l’azionista dovrebbe annunciare una operazione di mercato a deputati e senatori, mentre le leggi prevedono che gli investitori debbano essere informati tutti allo stesso momento per avere tutti le stesse possibilità di guadagno.
A meno di non creare una speculazione in Borsa, il ministro potrà dire solo quello che è stato fatto finora o riferire quello che è stato appena deciso e comunicato sul mercato azionario. Il dubbio è che quelli che si sono accontentati dell’idea, alla faccia del salva-faccia, non lo abbiano capito.
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