Due dati per inquadrare con efficacia il tema dei profitti record dell’Opec+ in questa calda estate sui mercati energetici: a giugno, l'Arabia Saudita ha annunciato un avanzo di bilancio quest'anno di 15 miliardi di dollari, con 80 miliardi di dollari previsti entro la fine del 2022. L’Aramco, la società energetica del regno saudita, ha annunciato un profitto record di 48,8 miliardi di dollari per il secondo trimestre del 2022, segnando un aumento del 90 per cento su base annua. Questo è il più grande profitto trimestrale di qualsiasi società quotata, secondo l’agenzia Bloomberg.

L’alto dato riguarda la Russia dove l'aumento dei volumi delle esportazioni di petrolio, insieme all'aumento dei prezzi della benzina, farà aumentare quest’anno i guadagni di Mosca dalle esportazioni di energia a 337,5 miliardi di dollari, un aumento del 38 per cento rispetto al 2021, secondo un documento del ministero dell'Economia russo visto dall'agenzia di stampa Reuters. Il balzo dei ricavi, se si concretizza, aiuterà a sostenere l'economia di Mosca di fronte alle ondate di sanzioni occidentali.

(AP Photo/Lisa Leutner, file)

Come è possibile? Ma allora funzionano davvero le sanzioni alla Russia come si è chiesto l’Economist? In questo quadro l'Opec e i paesi alleati produttori di petrolio stanno valutando, per non far calare i profitti, la quantità di greggio da fornire a un'economia globale in frenata (la banca svizzera Ubs prevede una recessione al 60 per cento negli Usa dal precedente 40 per cento di possibilità) poiché i timori di rallentamento hanno spinto i prezzi molto al di sotto dei picchi estivi.

E questa è una preoccupazione per produttori come l'Arabia Saudita e la Russia, le cui casse statali hanno beneficiato (e di molto come abbiamo visto) dei prezzi del petrolio che hanno raggiunto il picco a giugno a oltre 120 dollari al barile, ma una boccata d’ossigeno per gli automobilisti americani che hanno visto i prezzi alla pompa diminuire insieme al costo del greggio. 

L'alleanza dei membri dell'Opec guidati dall'Arabia Saudita e dai paesi non membri, inclusa la Russia, sta determinando i livelli di produzione per ottobre dopo aver deciso il 3 agosto solo un aumento simbolico di 100 mila barili al giorno per settembre. E andare incontro ai consumatori americani non è il loro obiettivo. Gli analisti si aspettavano che l'incontro di ieri non avrebbe dovuto comportare alcun cambiamento nei livelli di produzione dopo che il gruppo ad agosto ha terminato di ripristinare i tagli effettuati durante la profondità della pandemia di Covid-19 dopo mesi di aumenti costanti e moderati. E invece non solo il gruppo, riunito in videconferenza, ha deciso di tagliare di 100mila barili al giorno, ma ha anche dichiarato possibile un nuovo incontro informale prima della riunione ufficiale del 5 ottobre «per rispondere se necessario agli sviluppi del mercato».

Il viaggio di Biden a Gedda

(Ap)

Il presidente americano Joe Biden ha cercato di spingere l'Arabia Saudita ad aumentare la produzione di petrolio dopo l'invasione russa dell'Ucraina, pressioni politiche culminate in un viaggio a Gedda a luglio sperando che la visita ai massimi livelli avrebbe contribuito a ripristinare le relazioni con il principe ereditario Mohammed bin Salman. Ma la potenziale ripresa dell'accordo nucleare iraniano - e con esso il ritorno del greggio iraniano sul mercato - hanno preoccupato l'Arabia Saudita irrigidendone la posizione per ulteriori cali del prezzo del petrolio. 

Un nuovo accordo nucleare con Teheran potrebbe ripristinare fino a 1,3 milioni di barili al giorno di esportazioni di petrolio iraniano. Pechino è già un cliente di peso degli ayatollah iraniani. E ieri un portavoce del ministero degli Esteri iraniano ha dichiarato che il paese è pronto a soddisfare una parte maggiore della domanda europea di gas e petrolio, se verranno revocate le sanzioni nei confronti di Teheran. Dall’altra parte Riad, in un delicato balletto diplomatico tra Mosca e Washington, desidera sia riaffermare la sua alleanza di sicurezza con gli Stati Uniti, ma sta anche cercando di preservare un tacito patto petrolifero con Mosca che ha rafforzato le entrate petrolifere di entrambi.

La Russia di Vladimir Putin ha affermato che smetterà di fornire petrolio ai paesi che sostengono l'idea di limitare il prezzo (price cap) delle forniture energetiche russe a causa del conflitto in Ucraina. Le sue consegne di gas in Europa sono state ridotte, il che probabilmente provocherà ulteriori picchi di prezzo.

Il petrolio greggio Brent era sceso a circa 95 dollari al barile dai 120 dollari di giugno a causa dei timori di un rallentamento economico e di una recessione in Occidente, prima dell’annuncio di ieri. Il mese scorso, il principale produttore Opec dell'Arabia Saudita aveva già ipotizzato la possibilità di tagli alla produzione per far fronte a ciò che ritiene un calo eccessivo del prezzo del greggio. L'offerta era comunque limitata e molti stati dell'Opec stavano già producendo sotto gli obiettivi prefissati proprio per mantenere alte le quotazioni.

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