La revisione del Piano, approvata dall’Unione europea, fa dimagrire inizialmente le prossime rate diminuendo le entrate nelle casse italiane. Secondo le stime del Sole 24 Ore il recupero delle cifre sarà concentrato in gran parte nel 2026. Giorgetti rilancia: «Rimodulazione aiuta economia reale»
Il governo ha salutato come un trionfo il via libera dell’Unione europea alla revisione del Pnrr. La spesa finale è infatti aumentata da 191,5 miliardi di euro a 194,4 miliardi, seppure spalmati in una diversa maniera. Un risultato sicuramente importante per l’esecutivo, in primis per il ministro Raffaele Fitto che ha portato avanti la trattativa con Bruxelles. Ma appena riposto lo spumante per i brindisi i numeri rivelano come sia stata scelta la strada del rinvio, che nell’imminente porterà meno soldi nelle casse dello stato italiano. Secondo le stime fatte dal Sole 24 ore, infatti, la quinta rata legata agli obiettivi da raggiungere entro il prossimo 31 dicembre scende da 18 a 12 miliardi di euro.
La successiva rata, relativa ai target del primo semestre del 2024, scende di un miliardo, passando da 11 a 10 miliardi di euro. Dunque, nel prossimo anno l’Italia incasserà tra i 7 e gli 8 miliardi di euro in meno dopo la revisione voluta da Fitto. Le risorse andranno quindi recuperate nelle successive rate, in particolare l’ultima, la decima, che sarà quasi raddoppiata, passando – sempre secondo le stime del Sole – da 18 miliardi e mezzo di euro a 33 miliardi. Ma bisognerà andare spediti, visto che ci sono da conseguire 150 obiettivi per l’ultimo semestre di attuazione del Pnrr.
Pnrr, la guerra sui numeri
Il day after è quello che dà il via al balletto sui numeri. Nella versione fornita dal governo, ci sono a «disposizione della crescita economica italiana altri 21 miliardi di euro, in pratica una seconda manovra economica in gran parte destinata allo sviluppo e alla competitività del tessuto produttivo italiano». Da Palazzo Chigi evidenziano che «molte delle misure indirizzate alla crescita, alle infrastrutture e al sostegno del tessuto produttivo sono state contemplate negli interventi riformulati del Pnrr e non nella Legge di Bilancio». La revisione, sostiene la premier Giorgia Meloni, «si concentra fondamentalmente su due questioni: da una parte superare le criticità che esistevano nell'attuazione di alcune misure che erano state precedentemente previste perché non vogliamo perdere neanche un euro di queste risorse e, dall'altra, concentra queste risorse sul sostegno alla crescita con un percorso più incisivo di riforme e investimenti».
Anche il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, intervenuto al Forum internazionale del Turismo, con la revisione del Piano «Spendiamo meglio e soprattutto in funzione dell'economia reale e dell'industria, e spendiamo forse meno nella spesa che, ahimè, abbiamo visto troppo spesso nelle nostre città e comuni, opere fatte così perché c'erano soldi che piovevano dal cielo».
Restano comunque vari nodi da sciogliere su tutti il taglio di oltre 2 miliardi di euro inizialmente destinati all’edilizia popolare e residenziale, tema centrale dopo le promesse fatte dal ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini. Dal Movimento 5 stelle arriva una bacchettata al governo, accusato di fare propaganda sui numeri del Pnrr. «La riformulazione, ottenuta dal Governo Meloni a causa della sua incapacità di gestire il Piano, non porta affatto 21 miliardi in più, come sostenuto dalla Presidente del Consiglio, né 12 miliardi in più, come invece ha detto il ministro dell'Economia, peraltro cadendo in una goffa contraddizione con la stessa premier», ha osservato il senatore del M5s, Mario Turco. «Basta la semplice aritmetica – ha aggiunto il fedelissimo di Giuseppe Conte – per capire dove sta la verità. Il dispositivo per la ripresa e la resilienza, vero cuore del Pnrr, passa da 191,5 a 194,4 miliardi, confermando l'equilibrio tra prestiti e sovvenzioni ereditato dalla Meloni dalla precedente formulazione del Pnrr».
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