- Questa volta non si può dire che all’attività parlamento italiano siano mancate diligenza e trasparenza.
- Nella relazione approvata al Senato sul piano di ripresa e resilienza non solo sono elencate in maniera analitica tutte le mancanze del progetto elaborato finora, con tanto di una strategia per l’industria digitale più chiara di quella presentata dai diversi governi.
- Vengono anche elencate le richieste di finanziamenti, da quella esplicita di un aumento delle spese militari con tanto di creazione di «smart district» militari al Sud, fino ai fondi per Roma Capitale, domandati anche “in vista del Giubileo”.
Questa volta non si può dire che all’attività parlamento italiano sia mancata la diligenza e la trasparenza. Nella relazione approvata al Senato sul piano di ripresa e resilienza non solo sono elencate in maniera analitica tutte le mancanze del progetto elaborato finora, con tanto di una strategia per l’industria digitale e più chiara di quella presentata dai diversi governi finora. Ma ci sono anche richieste esplicite di fondi, che siano per un aumento delle spese militari e della creazione di «smart district» militari al Sud o per indirizzare finanziamenti su Roma Capitale, «anche in vista del Giubileo».
Con il voto di ieri si è chiusa, ufficialmente, la prima fase di confronto parlamentare sul piano di ripresa e resilienza. Quella successiva avrà pochi giorni di tempo, una decina forse, prima che il progetto venga consegnato ufficialmente alla Commissione europea.
Il calendario, infatti, è stato rivisto, e la data per la presentazione del piano completo in parlamento è slittata attorno al venti di aprile. Prima il ministero dell’Economia presenterà lo scostamento di bilancio e il documento di programmazione economica e finanziaria. Tanto è vero che la sottosegretaria all’economia, Laura Castelli, di fronte ai deputati ha confermato quello che avevamo già anticipato: le interlocuzioni con il parlamento proseguiranno anche nella fase di dialogo con la commissione europea a maggio e giugno.
La relazione votata dalle camere presenta delle osservazioni importanti: prima di tutto chiede di dettagliare quali spese dei progetti previsti nel Pnrr saranno spesa corrente, cioè spese strutturali e non investimenti una tantum, e quali devono essere quindi anticipate nel documento di programmazione economica e finanziaria. Una distinzione cruciale che ancora non era stata fatta. e a cui si associa anche la richiesta di una ricognizione rapida delle esigenze di personale della pubblica amministrazione, oltre che una valutazione dell’impatto di genere, ambientale e sui giovani e un nuovo dettaglio di come vengono spesi i fondi a livello territoriale, la richiesta accolta dal ministro dell’Economia Daniele Franco è comunque che al Sud vadano più del 34 per cento dei fondi totali.
Rifare i conti
I parlamentari ricordano prima di tutto che i conti non tornano: per ora i progetti presentati ammontano a 210,9 miliardi, rispetto ai 196,5 miliardi assegnati all’Italia dal programma Next Generation Eu. Il risultato è che potrebbe essere necessario l’intervento di capitali privati o la selezione di alcuni progetti. E infatti anche per questo di pensare alla possibilità di project financing, di un intervento della Banca europea degli investimenti e ipotizza anche la creazione di un non meglio specificato «fondo sovrano pubblico privato».
Siccome i calcoli del piano del governo Conte sono stati fatti comprendendo anche i fondi di coesione, deputati e senatori chiedono che i finanziamenti per la coesione utilizzati siano poi ristabiliti e vincolati territorialmente. Lo stesso vale per i fondi per le zone terremotate che devono essere aggiuntivi.
A livello di monitoraggio il parlamento chiede quello che già si deve fare, cioè un portale dove si possa monitorare obiettivi e stato di avanzamento dei progetti e un confronto ogni quattro mesi con il parlamento (Conte aveva promesso di più: ogni tre mesi). Oltre a governance e strumenti di monitoraggio, mancano «gli strumenti che si intendono adottare per contrastare efficacemente infiltrazioni criminali, frodi ed episodi corruttivi nella gestione dei progetti finanziati dal Piano stesso». E sono sempre più necessari visto che il parlamento chiede di applicare al Recovery norme ad hoc sugli appalti: insomma un modello Genova esteso, quasi a volere aggirare il problema della riforma degli appalti. Una delle tante riforme raccomandate, ma non ancora dettagliate nel piano attuale.
© Riproduzione riservata