- Con Alitalia pensavamo di aver visto di tutto, ma ora con Ita Airways (un'Alitalia travestita) il governo si sta superando.
- Il confronto con le altre compagnie europee, apparso anche sulla stampa, è stato superficiale come quello tra mele e pere. In tutte le aziende di servizi ad alta intensità di lavoro, e in quelle dei trasporti in particolare, il dato del salario tabellare non basta per valutare e confrontare una retribuzione.
- Nessun consiglio di amministrazione al mondo approverebbe questa scelta industriale.
Con Alitalia pensavamo di aver visto di tutto, ma ora con Ita Airways un'Alitalia travestita) il governo si sta superando. Nel pieno di un processo di vendita (parziale, ai tedeschi di Lufthansa) che non si può neppure definire svendita visto che tutti gli oneri attuali e futuri, a partire dai debiti, restano in capo al Mef, si firma un accordo per l'aumento salariale del 38 per cento per i piloti, del 23 per cento per gli assistenti di volo e del 15 per cento per il personale di terra.
Perdita di 500 milioni per fine anno
Un'azienda che perde quasi due milioni di euro al giorno, e che prevede una perdita di 500 milioni a fine anno, si carica di un altro onere di almeno 200 milioni. Onere che in realtà viene caricato sui contribuenti che, è bene ricordarlo, si stanno già facendo carico del costo di 4 mila cassintegrati di Alitalia. Sembra che tra le ragioni degli aumenti ci sia il fatto che i cassintegrati, percependo una di indennità mensile più alta di un addetto di Ita, non accettano di tornare al lavoro quando richiamati. Sembra un paradosso ma è così.
Il consiglio di amministrazione di Ita approverà formalmente l'aumento dei salari venerdì 24 febbraio in una riunione straordinaria che fa propria la tesi sindacale secondo cui salari dei dipendenti di Ita Airways «sono tra i più bassi d’Europa», anche inferiori a quelle delle compagnie low cost. Nessun consiglio di amministrazione al mondo approverebbe questa scelta industriale. Del resto Ita doveva assicurare una netta discontinuità con la vecchia Alitalia, proprio a partire dagli stipendi. Mentre gli aerei sono quelli di Alitalia, così come il personale (visto che non è entrato nessuno proveniente dalle altre compagnie italiane) e pure gli slot.
Il confronto con le altre compagnie
Il confronto con le altre compagnie europee, apparso anche sulla stampa, è stato superficiale come quello tra mele e pere. In tutte le aziende di servizi ad alta intensità di lavoro, e in quelle dei trasporti in particolare, il dato del salario tabellare non basta per valutare e confrontare una retribuzione. Ci sono infatti da confrontare le ore lavorate, che variano dalle 55 mensili di Ita alle 80/85 di Easy Jet, per non parlare dei piloti di Ryanair che fanno anche fino a 90 ore al mese, ma raggiunto il tetto ministeriale di 900 ore l'anno sono costretti a fermarsi e a restare due mesi senza stipendio. Molti di loro sono a partita Iva e hanno base anche all'estero. I congedi parentali non esistono e il fondo volo è interamente pagato dal lavoratore e non per metà dall'azienda come in Italia. Inoltre, i voli fuori servizio delle low cost non sono retribuiti.
Difficile pensare che i membri del consiglio di amministrazione di Ita che approverà gli aumenti abbia fatto una comparazione di questo tipo. L'unico che ne è perfettamente al corrente è l'amministratore delegato Fabio Lazzerini, che però per tenere in vita un'azienda decotta fa finta di non sapere. Così come fanno spallucce il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti e quello dei Trasporti, Matteo Salvini.
Quello che conta per Il governo è stipulare l'alleanza con Lufthansa per mantenere in piedi ancora una volta una compagnia che porta tanto consenso, sapendo benissimo che gli accordi che firmerà prevedono che le perdite saranno a carico dello stato e gli utili, se ci saranno, verranno suddivisi tra Ita e la compagnia tedesca.
Quel che resta del “limone” italiano sarebbe stato meglio farlo spremere a Lufthansa o Air France direttamente, lasciando loro il controllo azionario. Del resto, in queste due compagnie aeree gli stati tedesco e francese hanno una componente azionaria nettamente minoritaria.
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