I vertici dell’azienda e il ministro del made in Italy, Adolfo Urso, tornano a riunirsi per la prima volta dopo le dimissioni di Carlos Tavares. Jean Philippe Imparato, responsabile per l'Europa, ha l’arduo compito di segnare un cambio di passo nelle relazioni tra la multinazionale franco-italiana dell’auto e il nostro paese
Stellantis e il governo italiano tornano a riunirsi attorno a un tavolo, per la prima volta dopo le dimissioni di Carlos Tavares dalla carica di amministratore delegato. A rappresentare l’azienda davanti al ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, e ai rappresentanti delle organizzazioni sindacali nell’incontro di oggi sarà Jean Philippe Imparato, responsabile per l'Europa della multinazionale franco-italiana dell’auto.
Il manager francese ha l’arduo compito di segnare un cambio di passo nelle relazioni tra Stellantis e il nostro paese, portando avanti le interlocuzioni sul "Piano Italia" con l'obiettivo di riaffermare la centralità dell’Italia nei progetti di sviluppo del gruppo automobilistico. Il milione di veicoli l’anno promesso da Tavares è rimasto una chimera, la gigafactory di Termoli è ancora in alto mare, la cassa integrazione la fa da padrona in tutti gli stabilimenti, l’indotto è in sofferenza.
Da oggi si inizierà a capire se partirà un nuovo corso, o se il disimpegno di Stellantis dalle attività italiane proseguirà sulla via tracciata dall’ex ad.
La scommessa di Urso
«Faremo i compiti a casa per il 17, e vedrete che compiti». Così si è espresso il ministro delle Imprese in audizione al Senato a proposito dell’incontro di oggi. Urso, che è sempre stato critico sulla gestione Tavares e ha apprezzato la fase di transizione gestita da Imparato e dal presidente di Stellantis, John Elkann, vede nelle dimissioni del manager portoghese un’occasione per un “reset” delle relazioni tra l’azienda e il governo italiano.
«Penso che in quella sede potremo riuscire a dire che nel prossimo anno vi saranno risorse pari o anche superiori a quelle che erano previste in origine nel Fondo automotive», ha dichiarato il ministro, dopo che nella legge di Bilancio del 2024 sono stati tagliati 4,6 miliardi di euro degli 8,7 inizialmente previsti al momento dell’istituzione del Fondo nel 2022, a opera del governo Draghi.
Il titolare del Mimit proverà a sfoderare un altro suo cavallo di battaglia per convincere Stellantis a investire in Italia: la modifica del Green deal. Intervenuto sabato ad Atreju, Urso ha dichiarato che se non cambieranno le regole europee sulle emissioni – su tutte le multe per le aziende automobilistiche che non riducono l’impatto di CO2 e lo stop alla produzione di motori a combustione entro il 2035 – sarà una «Caporetto dell’auto europea».
Un tasto su cui Stellantis batte da sempre, ma che difficilmente basterà a risollevare un settore sempre più in affanno. Fermare la transizione rischia di essere un sollievo momentaneo, con il solo effetto di ritardare l’inevitabile.
La posizione dei sindacati
A pensarla così sono soprattutto i sindacati, che hanno più volte evidenziato come la mancanza di produzioni non è causata dalla transizione ecologica, ma dalla mancanza di investimenti, e che il rifiuto di investire sul motore elettrico avrà il solo effetto di spalancare le porte ai produttori cinesi. I rappresentanti delle organizzazioni sindacali hanno già incontrato Jean-Philippe Imparato la scorsa settimana a Mirafiori, chiedendo l’apertura di un serio confronto sul futuro dell’automotive in Italia.
«È necessario garantire la continuità occupazionale per affrontare le emergenze per i lavoratori, a cui non sono assicurati a oggi gli ammortizzatori sociali», ha dichiarato Michele De Palma, segretario generale della Fiom-Cgil.
«Per affrontare la transizione ecologica è necessario un piano di investimenti programmati, che dia autonomia ai brand italiani nell’ambito di ricerca, sviluppo e produzione di tutti gli impianti». Non c’è nuovo corso senza nuovi investimenti, quelli promessi da Tavares e rimasti solo sulla carta.
La questione gigafactory
Un caso emblematico, a proposito di investimenti in sospeso, è quello della gigafactory di Termoli: il progetto di costruire in Italia una fabbrica per la produzione di batterie per auto elettriche è stato annunciato nel 2020, ma a quattro anni di distanza i lavori per la costruzione non sono ancora partiti.
E mentre da noi, nonostante gli ultimatum del governo italiano, è tutto fermo, in Spagna Stellantis ha raggiunto un accordo con il gruppo Catl per investire 4 miliardi di euro in una joint venture per costruire un impianto di batterie al litio su larga scala a Saragozza, con l’avvio della produzione previsto entro la fine del 2026.
Le batterie prodotte a Saragozza saranno per auto di piccola dimensione, mentre quelle previste a Termoli sono invece per vetture grandi. Acc, la joint venture nata tra Stellantis, Mercedes-Benz e TotalEnergies che dovrebbe realizzare l’impianto di Termoli, prevede di confermare i piani «nel corso del primo semestre del 2025». Ma se sarà effettivamente un nuovo corso, lo capiremo già oggi.
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