- Sembra che l’abbondanza di risorse pubbliche di origine europea a molti politici sia suonata come una sorta di “liberi tutti”, quindi che le detestate analisi economiche dei singoli progetti non siano più così necessarie.
- Valutare è ancora necessario, almeno per le priorità. Ma lo è soprattutto per la trasparenza politica delle scelte. I decisori possono ovviamente decidere diversamente da quanto emerge dai dati, ma non in modo arbitrario.
- Esistono molte tecniche di valutazione che dicono sempre di “si”, sono valutazioni di comodo, gradite al ”principe”.
Sembra che l’abbondanza di risorse pubbliche di origine europea a molti politici sia suonata come una sorta di “liberi tutti”, quindi che le detestate analisi economiche dei singoli progetti non siano più così necessarie. Sgombriamo il campo da scuse “emergenziali”: le infrastrutture di cui parliamo hanno tempi molto lunghi di realizzazione ed è del tutto assurdo pensare un’emergenza eterna.
Questo è parso particolarmente vero nel caso delle infrastrutture di trasporto, dove la tipologia di gran lunga più onerosa, l’Alta velocità (Av), è stata proposta per un gran numero di linee nuove, senza alcuna verifica dell’opportunità di tale scelta rispetto ad altre. Infatti non sono state presentate a supporto dei progetti neppure analisi di traffico.
Una linea Av è due volte onerosa: la prima è per i costi di costruzione, dato che postula tracciati con basse pendenze e alti raggi di curvatura, quindi in proporzione molti più manufatti (gallerie e viadotti). Ma la seconda è ancora più estrema: le linee Av come tutte le ferrovie sono realizzate a totale carico delle casse pubbliche, al contrario di quasi tutte le altre infrastrutture di trasporto.
Valutare è irrinunciabile
Bastano dei calcoli elementari per verificare che gli utenti Av (che pur hanno fretta per definizione, quindi redditi mediamente medio-alti), se non pagasse tutto l’erario, si ridurrebbero drasticamente. Dunque, almeno per selezionare le priorità, valutare sembra irrinunciabile.
Il decisore politico può poi fare scelte anche in contrasto ai portati delle analisi economiche o ambientali, ma è molto diverso se lo fa argomentando contro quanto emerge dei dati, o a priori sulla base di vaghe assunzioni ideologiche.
Per le scelte infrastrutturali del Pnrr è stata fatta una generica promessa di presentare analisi adeguate per ciascun progetto. Ma questa promessa non sembra credibile: non è politicamente possibile che si cancellino neppure i progetti più costosi. A risorse allocate (circa 25 miliardi di finanziamento diretto, e 62 in totale), si potrebbe mai ammettere pubblicamente, e anche verso l’Europa, di essersi sbagliati per non aver fatto i conti?
Dire dei no
Le valutazioni economiche indipendenti che dicano dei “no” sono poco gradite dal committente politico come lo sono i regolatori indipendenti. Molte tecniche di valutazione “benevolenti” sono invece diffuse e apprezzate, come lo sono i consulenti che le applicano con sagacia.
Si tratta delle analisi del tipo “valore aggiunto” che ovviamente, assumendo nullo a priori il costo dei fattori, danno sempre risultati positivi.
Poi ci sono tecniche specifiche per i trasporti, che usano in modo distorto l’analisi costi-benefici, gonfiando questi ultimi senza tener conto dei cosiddetti “costi non osservabili”, che nell’uso modellistico diventano “costanti modali”. Sono della famiglia nota come “costi cessanti”, usati per i progetti ferroviari che altrimenti non risulterebbero fattibili.
Infine, una omissione banale ma importantissima per le analisi ambientali delle infrastrutture: si considerano spesso solo i benefici ambientali generati dallo spostamento da un “modo” meno inquinante a uno più inquinante, senza quantificare le emissioni, rilevantissime, in fase di cantiere (che per esempio hanno portato a valutare quasi metà dell’Av spagnola un danno netto per l’ambiente).
Vi sono anche pseudo-analisi econometriche che spiegano mirabili crescite in aree servite dall’Av, senza curarsi di spiegare crescite anche superiori altrove.
Dire sempre sì
La analisi che non dicono sempre “sì” sono del tipo costi-benefici sociali: infrastrutture semideserte non superano il test. Recentemente vi sono stati rilevanti avanzamenti in questo tipo di analisi (inviso “da destra” perché troppo favorevole alla spesa pubblica, e “da sinistra” perché troppo poco attento agli aspetti distributivi). Riguardano in particolare gli aspetti fiscali e di valutazione del surplus sociale nei casi di cambio modale, (fattori tutt’altro che trascurabili), e la valutazione dei benefici ambientali in caso di “internalizzazione dei costi esterni”.
Non tutto è risolto, come emerge da una rassegna di imminente pubblicazione (Egea-Bocconi “L’analisi economica e ambientale dei progetti di trasporto” a cura dello scrivente e con prefazione di Tito Boeri), ma questo non giustifica la scelta di non valutare specificamente nessun progetto e, nella modellistica macroeconomica usata nel Pnrr, di assumere a priori tutti gli investimenti come “ottimi” al fine della crescita economica.
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