- Il ministero dell’Economia guidato da Daniele Franco ha annunciato a sorpresa di aver avviato una trattativa in esclusiva per la vendita di Ita Airways con la cordata formata da Air France e dal fondo americano Certares specializzato in vacanze e turismo
- Scartata contro ogni previsione l’offerta della compagine formata da Lufthansa e dalla grande compagnia di navigazione Msc dell’italo-svizzero Gianluigi Aponte che per settimane è stata considerata la favorita
- Il governo non ha però fissato una data per la conclusione della vicenda spalancando la porta al sospetto che se la partita non sarà chiusa prima delle elezioni possa saltare tutto così come avvenne 14 anni fa ai tempi di Berlusconi
La scadenza è stata rispettata, le previsioni no. Il governo uscente di Mario Draghi aveva promesso che avrebbe deciso entro la fine del mese per la vendita di Ita Airways, la compagnia che da un anno ha preso il posto di Alitalia.
Ed è stato di parola: il 31 agosto ha annunciato di aver scelto. Ma contrariamente a tutti i pronostici, la preferenza non è andata a Msc più Lufthansa, l’accoppiata di ferro tra un colosso del mare e la più grande compagnia aerea d’Europa.
A sorpresa il ministero dell’Economia guidato da Daniele Franco ha preferito l’altra cordata, quella composta dal fondo americano di investimento Certares specializzato nei viaggi e nel turismo più le compagnie aeree Air France-Klm e l’americana Delta.
Il ministero ha annunciato di aver aperto con questa compagine un negoziato in esclusiva al termine del quale Ita Airways sarà ceduta con accordi vincolanti, ma solo «in presenza di contenuti pienamente soddisfacenti per l’azionista pubblico», cioè lo stato italiano.
Il comunicato del ministero non indica date entro le quali la trattativa per Ita dovrà essere conclusa e questa omissione apre la porta al sospetto che, nel caso in cui essa dovesse protrarsi fin dopo le elezioni, il rischio che salti tutto all’aria come in passato non è affatto remoto.
Soprattutto se nel nuovo governo fosse presente Fratelli d’Italia, il partito che a più riprese in questi giorni ha espresso tutta la sua contrarietà alla vendita. Ammesso e non concesso quindi che non ci siano sorprese nella procedura avviata, sempre da mettere in conto quando si parla della compagnia di Fiumicino, a questo punto come in un estenuante gioco dell’oca in cui la politica fornisce i dadi, si torna alla casella di 14 anni fa, al tempo in cui Alitalia sembrava di fatto già venduta ad Air France-Klm.
Gioco dell’oca
Come è andata a finire lo sanno tutti. Nonostante il 18 novembre 2008 al Sommet européen de l’aviation di Bordeaux si fosse arrivati a un passo dall’accordo con l’amministratore di Air France Jean Cyril Spinetta, di lì a qualche giorno quella quasi vendita fu ignorata e Alitalia consegnata da Berlusconi a un manipolo di «capitani coraggiosi».
Berlusconi ebbe così modo di vantarsi di aver rispettato l’impegno assunto in campagna elettorale che prevedeva lo sbarramento allo straniero dei cieli italiani, ma la cordata da lui affidata a Roberto Colaninno si dimostrò ben presto una iattura. A distanza di 14 anni si può dire che quello fu l’inizio della fine della compagnia di bandiera italiana.
Alitalia non fu affatto risanata e neanche restò in mani italiane. Con i conti ormai in rosso fisso, da lì a qualche anno è stata di fatto ceduta per volere del capo del governo di allora, Matteo Renzi del Pd, a Etihad, la compagnia dello sceicco di Abu Dhabi. Ed è stato un secondo fallimento perché gli arabi non sono stati affatto il cavaliere bianco annunciato da Renzi, anzi, hanno preso a Fiumicino tutto quello che potevano mentre la compagnia italiana continuava ad avvitarsi nei suoi problemi tanto che a maggio del 2017 è fallita un’altra volta e affidata alle cure, si fa per dire, di un’amministrazione straordinaria.
Due anni dopo, mentre al governo si davano il cambio quasi tutti i partiti, è stata lanciata Ita Airways che sta all’Alitalia dei tempi migliori come una gallina sta a un’aquila. Ita è una compagnia piccola, con un terzo dei dipendenti rispetto ad Alitalia e senza più i due assi collaterali del suo business, la manutenzione e l’handling.
Anche la flotta è stata tagliata, ridotta all’inizio ad appena una cinquantina di aerei, la metà di quelli Alitalia, poi fatti diventare 67 nonostante fosse chiaro a tutti che il destino della nuova mini compagnia non sarebbe stato lo sviluppo in autonomia, ma quello di finire venduta.
Tutta l’operazione sembrava cucita addosso agli interessi di Lufthansa e per mesi questo è apparso agli osservatori l’esito già scritto della vicenda.
Schiaffo a Lufthansa
Invece esce sconfitta la grande compagnia tedesca che da anni aveva fatto più di un pensiero su quella italiana guardando soprattutto ai suoi slot e al mercato ricco del nord Italia da convogliare verso gli hub tedeschi, a cominciare da quello di Francoforte. E anche Msc di Gianluigi Aponte incassa un no inatteso dopo che si era prodigata mettendo sul tavolo insieme a Lufthansa la ragguardevole cifra di 850 milioni di euro per Ita. Dopo aver voltato le spalle all’Italia per decenni, Aponte per Ita aveva modificato l’approccio rivalutando la piazza italiana e ora chissà se lo smacco non lo induca a cambiare di nuovo i suoi piani.
L’offerta di Certares e Air France è assai diversa da quella Msc-Lufthansa. Quest’ultima relegava il ministero dell’Economia, cioè lo stato italiano in una posizione marginale, proprietario di appena il 20 per cento dell’azionariato. Al contrario Certares e Air France lasciano allo stato italiano il 45 per cento e 2 rappresentanti su 5 in consiglio di amministrazione facendo balenare l’idea di una sorta di cogestione che potrebbe ingolosire anche il futuro governo.
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