- Sarà una partenza ad handicap quella di Ita, con numerose limitazioni operative imposte dai regolamenti aeronautici internazionali e nazionali
- Aut aut del presidente Altavilla ai sindacati: o firmate un contratto con tagli del 30 per cento o niente contratto e al suo posto un regolamento aziendale
- Organico ridotto da 10.500 a 2.800 dipendenti. Per gli esclusi entrerà in vigore la decima cassa integrazione fino al 22 settembre 2022
Sono poche le certezze che accompagnano la gestazione di Ita, la compagnia aerea che dal prossimo 15 ottobre proverà a prendere il posto di Alitalia. E questi pochi punti fermi sono purtroppo prevalentemente negativi. In cima alla lista c’è il lavoro che sarà falcidiato, poi la composizione della flotta che sarà dimezzata e i voli intercontinentali e quelli per la Sardegna che spariranno dall’offerta. E poi i creditori della vecchia Alitalia costretti a abbandonare la speranza di riavere i loro soldi sull’altare della partenza della nuova compagnia. Per inanellare questa bella sfilza di negatività lo stato impegna tre miliardi di euro, anche se in più tranche, sperando non siano per l’ennesima volta soldi buttati al vento.
Sono vent’anni che la compagnia aerea italiana chiude i bilanci in perdita e da ultimo, prima del covid, a colpi di 600 milioni di euro l’anno. L’Europa pretenderebbe che la nascita di Ita avvenisse in discontinuità assoluta con Alitalia, ma il rischio è che per per quanto riguarda i risultati economici, almeno nel breve periodo ciò sia impossibile. Il governo e i capi della nuova compagnia a cominciare da Alfredo Altavilla, ex Fca di scuola Sergio Marchionne, promettono che nel giro di quattro o cinque anni Ita sarà più bella e forte di Alitalia. Ma viste le forti limitazioni con cui essa è costretta a partire e considerato inoltre la permanente incertezza sul futuro del trasporto aereo a causa del covid, le promesse sembrano più figlie di un atto di fede che di una previsione ponderata.
Limitazioni ai voli
Le limitazioni all’operatività sono vistose e dichiarate sullo stesso sito istituzionale, anche se in una posizione defilata. C’è scritto che «in questa prima fase non è stato possibile inserire tra le rotte in vendita quelle con oneri di servizio pubblico (come ad esempio i voli sulla Sardegna e Comiso) poiché Ita non è assegnataria dei bandi di continuità territoriale e non può rilevare automaticamente tali rotte nel momento in cui Alitalia cesserà le operazioni». Insomma, sardi e siciliani dovranno accontentarsi sperando ci siano low cost pronte a soddisfare le esigenze senza alzare i prezzi dei biglietti. Ita inoltre «per alcune destinazioni extra Ue (Algeria, Argentina, Brasile, Giappone, Stati Uniti) sta completando il processo di certificazione necessario per avviare la commercializzazione e prevede di mettere in vendita i biglietti per tali paesi quanto prima». Non tanto presto, però, perché le nuove compagnie come Ita sono sottoposte a regole stringenti e non possono ottenere prima di un anno l’Etops, cioè l’autorizzazione a effettuare voli intercontinentali sorvolando gli oceani. In pratica dal 15 ottobre gli unici voli possibili per Ita fuori dal contesto europeo saranno quelli con l’Egitto.
Per la nascita di Ita stanno per essere sacrificati i lavoratori Alitalia. Il numero, intanto: da 10.500 dovranno diventare 2.800, il più grande taglio a una compagnia che pure di riduzioni ne ha subite parecchie in questi ultimi vent’anni. In un primo periodo molti di loro (quelli non assunti da Ita) saranno coperti dalla decima proroga della cassa integrazione, questa volta della durata di un anno, dal prossimo 22 settembre fino al 22 settembre 2022. Quindi per loro pagherà lo stato mentre per il dopo ancora una volta si vedrà. Da alcuni giorni è stata avviata una trattativa con i sindacati, ma solo quelli firmatari dei contratti Alitalia, cioè Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Anpac, Anpav, Usb. Sono stati esclusi Cub e Navaid, le organizzazioni più critiche nei confronti dell’operazione Ita. E ciò appare un vistoso controsenso perché se Ita è una compagnia nuova di zecca com’è possibile che i suoi capi accettino solo chi ha firmato in precedenza i contratti con un’altra compagnia estranea come Alitalia? In ogni caso le trattative sono partite male, i sindacati hanno proclamato uno sciopero per il 24 settembre.
Altavilla O’Leary
Al tavolo del confronto il nuovo presidente Altavilla ha usato argomenti ultimativi: o firmate subito il contratto con tagli per assistenti di volo e piloti intorno al 30 per cento in media, oppure è anche peggio. Decido unilateralmente di uscire da Assaereo, cioè da Confindustria, per quanto riguarda le retribuzioni mi attengo a un regolamento aziendale sul modello Fca e poi assumo chi voglio, dentro o fuori Alitalia. E anche questo è un altro clamoroso controsenso che va nella direzione opposta a quella seguita da governo e Enac, l’ente dell’aviazione civile, che vorrebbero organizzare il trasporto aereo con un contratto unico nazionale. Ita, cioè una compagnia nuova e interamente foraggiata dallo stato, il contratto decide all’opposto di farselo in casa. Come se Altavilla fosse il nuovo Michael O’Leary, l’inventore del fenomeno Ryanair, con i soldi dei contribuenti, però.
Anche per la composizione della flotta i controsensi non mancano. Al momento la flotta di Ita è composta da due aerei, un A330 e un A320. Alla partenza dovrebbero diventare 52, tutti Airbus più un piccolo Embraer per volare a London City dove la pista è troppo corta per gli Airbus. In teoria Ita potrebbe acquistare gli aerei da chi vuole, in pratica è previsto che acquisterà aerei Alitalia. Un decreto del governo rafforza una vecchia disposizione berlusconiana e stabilisce che i commissari Alitalia vendano gli aerei a Ita a trattativa privata con un obbligo che vanifica di fatto il senso stesso della trattativa. I creditori di Alitalia che con la vendita della flotta speravano di vedere qualche soldo possono mettersi il cuore in pace.
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