Da chief technology officer di Leonardo avipresa e resilienza. Ora è un dirigente di Leonardo in aspettativa «fino a fine mandato» che si occupa di quel piano. Ma dice che il suo lavoro è stato proprio quello di togliere nome e cognome ai progetti.
eva elencato in parlamento tutte le tecnologie per le quali l’azienda poteva candidarsi ad attuare progetti del piano di r- Cingolani è passato da Leonardo alla guida del ministero della Transizione ecologica, una delle caselle più importanti per la gestione del recovery plan e dei fondi a cui anche Leonardo ambisce.
- Il ministro Cingolani attualmente è un dirigente di Leonardo in aspettativa. Fonti di Leonardo spiegano che, in attesa della scelta di un successore, dal 19 febbraio scorso l’incarico è stato affidato ad interim al direttore generale Valerio Luigi Cioffi.
- La durata dell’aspettativa di Cingolani dipende da quella del suo incarico come ministro: l’aspettativa dura «fino a fine mandato».
Erano gli ultimi giorni del governo Conte quando l’amministratore delegato di Leonardo Spa, Alessandro Profumo, veniva invitato in audizione parlamentare a spiegare i progetti elaborati dalla società di aerospazio e difesa per rispondere agli obiettivi del piano nazionale di ripresa e resilienza italiano da 200 miliardi. Leonardo è una società cruciale nell'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza, perché tra quelle controllate dal ministero del Tesoro è l’unica a poter contare su avanzate competenze tecnologiche.
Di fronte alle commissioni parlamentari, Profumo ha spiegato con quali tecnologie l'azienda potrebbe competere per l’assegnazione dei fondi del Recovery Plan, dai progetti per la sicurezza del cloud pubblico alla sorveglianza del territorio ai fini della tutela ambientale, fino alla gestione “intelligente” del ciclo dei rifiuti. Insomma, dalla la transizione digitale a quella ecologica.
Tecnologie trasversali al punto che alla fine dell’intervento, Bruno Tabacci aveva preso la parola e aveva dato sfoggio alla capacità molto democristiana di dissimulare l’ironia con molta serietà. «È confortante», aveva detto Tabacci, «sapere che potete dare una risposta su tutto».
Il deputato aveva chiesto ulteriori spiegazioni sulle tecnologie in campo e per rispondergli era intervenuto direttamente Roberto Cingolani, il Chief technology and innovation officer della azienda che negli ultimi anni ha seguito la creazione di una rete di laboratori altamente innovativi e il nuovo piano strategico al 2030.
Ministro in prestito
A meno di tre mesi di distanza, Alessandro Profumo resta al timone di Leonardo. Tabacci, invece, è diventato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio del governo Draghi e ha ottenuto una delle deleghe più ambite: quella all’aerospazio. Ambita al punto che per diversi giorni l’intero pacchetto di nomine è rimasto bloccato in attesa della sua assegnazione.
Cingolani invece è passato da Leonardo alla guida del ministero della Transizione ecologica, una delle caselle più importanti per la gestione del recovery plan e dei fondi a cui anche Leonardo ambisce.
Il ministro Cingolani attualmente è un dirigente di Leonardo in aspettativa. Fonti di Leonardo spiegano che, in attesa della scelta di un successore, dal 19 febbraio scorso l’incarico è stato affidato ad interim al direttore generale Valerio Luigi Cioffi, che dall’autunno 2020 guida la direzione che riporta direttamente all’amministratore delegato Profumo sui progressi del piano strategico 2030.
La durata dell’aspettativa di Cingolani dipende da quella del suo incarico come ministro: l’aspettativa dura «fino a fine mandato». In teoria, quindi, concluso l’incarico, il ministro torna a fare il manager di Leonardo. Anche se potrebbe anche andare diversamente e potrebbe non tornare indietro: se l’incarico durasse due anni «fino alla fine della legislatura», nel frattempo il posto dove lavoravo prima potrebbe essere andando ad altri, ci dice il ministro.
Il caso di Cingolani non è quindi un caso revolving door, le porte girevoli, come si dice nel caso ci siano state le dimissioni, ma di open door: porte sempre aperte tra politica e affari. Che stanno diventando lo standard, anche se di solito nella direzione opposta: Pier Carlo Padoan è stato cooptato nuovo presidente di Unicredit mentre era un deputato in carica del Partito democratico. Lo stesso è successo a Marco Minniti, deputato Pd che è stato assunto come dirigente proprio da Leonardo, per guidare una neonata fondazione che si dedica a Mediterraneo e Libia, paese del quale si è occupato Minniti da ministro dell’Interno nel governo Gentiloni (ha stipulato memorandum che poi hanno, tra l'altro, generato commesse proprio a Leonardo).
I conflitti di interesse dei membri del governo sono governati da una legge varata ai tempi di Silvio Berlusconi nel 2004, a suo tempo molto criticata perché con maglie così larghe da non creare problemi all’ex Cavaliere che era l'azionista di riferimento del gruppo Mediaset. Eppure quella “legge Frattini” si è dimostrata fin troppo severa per gli standard della classe dirigente italiana. E proprio Leonardo (all'epoca ancora chiamata Finmeccanica) ha fatto da banco di prova: nel 2013 Gianni De Gennaro passa dal governo Monti, dove era sottosegretario con delega all’Intelligence, a presidente di Finmeccanica-Leonardo. La sua situazione è delicata, perché Leonardo è un'azienda attiva nel settore della sicurezza, sul quale hanno grande impatto le decisioni di un sottosegretario all'Intelligence.
L’allora ministro del Tesoro Fabrizio Saccomanni chiede un parere preventivo all’Antitrust perché la nomina di De Gennaro, perché l'incarico potrebbe essere incompatibile. La legge Frattini prevede un periodo di incompatibilità di un anno «dal termine della carica di governo nei confronti di enti di diritto pubblico, anche economici, nonché di società aventi fini di lucro che operino prevalentemente in settori connessi con la carica ricoperta».
Nel caso del potente De Gennaro, prevale una sottile interpretazione giuridica fondata sull'avverbio «prevalentamente». Poiché De Gennaro si occupava di tante cose, non soltanto di quelle di competenza di Finmeccanica, e soltanto con episodiche sovrapposizioni, la nomina a presidente poteva avere il via libera. Quando De Gennaro ha lasciato il posto, nel 2020, al suo posto è arrivato un altro uomo di intelligence, l'ex capo dell’agenzia esterna Aise Luciano Carta, ma la questione era stata già superata ai tempi di De Gennaro.
Il problema con Cingolani ora potrebbe riproporsi: proprio l’audizione di Profumo e le attività dello stesso Cingolani sul dossier del Recovery Plan certificano gli interessi di Leonardo alle decisioni del governo in materia. Ma essendo Cingolani un dirigente in aspettativa, e con una aspettativa misurata sulla sua durata del mandato ministeriale, come si fa a rispettare l’anno di incompatibilità tra incarico politico e incarico aziendale? Non si può e non si farà, nessuno sembra essersi posto il problema. Forse anche nel suo caso tutti si aggrapperanno all'avverbio che salvò la poltrona di De Gennaro, «prevalentemente».
Eppure Cingolani pare sensibile alla questione dei conflitti di interesse: spiega di aver lasciato tutti i suoi incarichi precedenti, compreso il posto in consiglio di amministrazione della Ferrari e di aver deciso di portare a conclusione un corso all’università Bocconi rinunciando al rimborso. «Dal punto di vista finanziario quello del ministro è un incarico non paragonabile a quello precedente, ma finché dura questa cosa la farò, si fa per servizio. L’orizzonte temporale ovviamente non è lunghissimo, quindi aspetto di vedere come evolverà».
Il ministero della Transizione ecologica è stato il primo l’anno scorso a introdurre la prassi europea dell’agenda trasparente, obbligando a segnalare tutti gli incontri fuori o dentro l’orario di lavoro con quelli che vengono definiti portatori di interesse. Ma Cingolani dice che, per ora, delle cose che riguardano Leonardo non si è occupato per niente.
I progetti
A febbraio Profumo e Cingolani hanno spiegato bene quali sono gli ambiti di intervento in cui Leonardo è pronta a intercettare gli obiettivi del Recovery plan.
Le capacità di super calcolo sviluppate negli ultimi anni, le tecnologie di cloud computing e di cybersecurity, rispondono a uno dei progetti più importanti del recovery: quello per fornire alle strutture dello stato e in generale alla pubblica amministrazione «un cloud sicuro e indipendente», come lo ha definito il Cingolani- manager.
Poi c’è il global monitoring (monitoraggio globale), capitolo che include tutti i sistemi di sorveglianza, monitoraggio e di raccolta dati utilizzati per scopi civili e di gestione predittiva.
Le tecnologie satellitari sviluppate da Leonardo attraverso la società Telespazio rispondono alla nuova idea dello spazio come quarto dominio militare su cui l’Unione europea ha grandi progetti seguiti in questi anni dal sottosegretario M5s Riccardo Fraccaro. L’uso civile delle tecnologie satellitari significa, per esempio, la messa in sicurezza delle infrastrutture, come reti elettriche e idriche, o la protezione di aree boschive dagli incendi, salvaguardia delle aree marittime e delle coste, ma anche monitoraggio dei monumenti e agricoltura di precisione.
I progetti sull’intelligenza artficiale di Leonardo possono essere usati anche per le smart cities, città intelligenti, per la gestione del traffico e del trasporto pubblico locale, e in particolare il controllo delle flotte di mezzi pubblici, grazie all’uso di sensori e di algoritmi per la manutenzione predittiva.
Ma proprio Cingolani aveva spiegato che, grazie alla simulazione di scenari complessi, potevano essere applicate anche alla gestione del ciclo dei rifiuti e per rendere la manifattura più sostenibile.
Poi c’era la sanità e la gestione sicura dei dati sanitari: altro capitolo cruciale del piano di ripresa e resilienza, che vale molti fondi e su cui Leonardo sta sviluppando progetti.
Cosa fa Cingolani
Leonardo sta lavorando anche sul suo core business, puntando all’elettrificazione e l’ibridizzazione dei velivoli, ma anche sull’utilizzo di nuovi materiali termoplastici che hanno un ciclo di produzione più sostenibile, per cui ha creato un laboratorio congiunto con la multinazionale della chimica Solvay.
«La strategia sui materiali è importante, dalle batterie alle infrastrutture», aveva spiegato ai parlamentari il Cingolani uno.
Ad oggi tra i progetti del piano di ripresa e resilienza che corrispondono a quanto proposto in audizione troviamo tutta la parte delle tecnologie satellitari e della sicurezza dei dati, che dipendono da colleghi ministri, ma anche progetti meno scontati come appunto la digitalizzazione del trasporto pubblico.
Solo il rafforzamento e la digitalizzazione delle smart grid vale da sola 2,72 miliardi di euro, mentre per il capitolo dell’economia circolare i progetti non sono ancora chiari.
Nome e cognome
Come può garantire che i progetti non siano pensati ad aziendam, cioè su misura delle esigenze di Leonardo? Cingolani dice che da quando è diventato ministro il suo lavoro è andato nella direzione di opposta.
«Io - dice – ho ricevuto solo schede di progetti con nome e cognome, cioè nella prima fase i progetti sembravano tutti identificati con gli attuatori», cioè con le istituzioni pubbliche o private che le avevano proposte.
Il piano è stato cambiato, dice: «Ora non c’è rimasta nessuna traccia dei progetti con nome e cognome, ma è stato tutto costruito come si fa un programma quadro».
Quando gli si fa notare che in ogni caso la stesura dei progetti può influenzare chi si aggiudicherà i fondi, spiega che le gare saranno aperte a tecnologie differenti, per esempio sia idrogeno verde che idrogeno blu, ma con obiettivi chiari: «Faremo gare europee e l’ente gestore di queste gare non è il ministero».
Sul suo conflitto di interesse dice di non aver avuto molto tempo per pensarci. Le tecnologie di Leonardo sono trasversali al punto da poter farla «competere su qualsiasi gara», ammette, «ma non si può fare nemmeno reverse discrimination (discriminazione al contrario».
«Se si prende una decisione sull’assetto azionario di Leonardo potrò astenermi», ma per il resto, su decisioni del suo ministero o degli altri ministri «seguirò tutto quello che mi dicono di fare».
Chissà che qualcuno nel governo, allora, inizi a dire qualcosa.
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