Lo ha rivelato l’agenzia Reuters, dopo che da giorni dalla banca di Orcel sono filtrati giudizi negativi sulla dote finanziaria che serviva per oliare l’operazione.
Troppo esose le richieste di Unicredit per acquisire la parte buona di Monte dei Paschi di Siena, tanto che l’esecutivo vorrebbe interrompere i negoziati con il gruppo guidato da Andrea Orcel.
La notizia è stata riportata dall’agenzia di stampa Reuters che ha spiegato come gli sforzi per raggiungere un accordo su un costoso piano di ricapitalizzazione sarebbero falliti.
Venti giorni fa, Orcel aveva inviato una lettera al Tesoro chiedendo di chiudere la trattativa entro il 27 ottobre. L’amministratore delegato di Unicredit ha dettato le condizioni per acquisire una banca in crisi ormai da dieci anni: almeno sette miliardi di dote finanziaria, due in meno rispetto agli inizi del negoziato.
È ora di dire la verità sul Monte dei Paschi di Siena
Una cifra che, però, per coincidenza di tempi, il Tesoro dovrebbe sottoscrivere proprio nei giorni in cui si scrive la legge di bilancio che destina otto miliardi di euro al taglio delle tasse, in particolare dell’Irpef, e su cui i partiti affastellano richieste diverse ma sempre al rialzo per fame di risorse.
La fase politica, insomma, rende più difficile presentare e vendere il salvataggio del Monte dei Paschi all’opinione pubblica. E questo a prescindere dall’esistenza o, meglio dalla non esistenza, al momento di una soluzione alternativa e quindi dalla maggiore di difficoltà di trovare un’altra opzione senza che la banca fallisca prima.
Orcel, poi, ha detto anche quello che non vuole: non vuole Mps Capital Service, non vuole il ramo del gruppo specializzato nel leasing, non vuole il consorzio informatico e non vuole le direzioni generali, strutture che appesentirebbero Unicredit inutilmente e che creano anche problemi di gestione politica. Il ragionamento del banchiere è chiaro: lo stato ha la possibilità di riassorbire almeno una parte di questi diversi servizi. Ma c’è da dire che la posizione di Unicredit, che non ha voluto commentare la ricostruzione di Reuters, non è cambiata.
Il segretario generale della Fabi, Lando Maria Sileoni, il principale sindacato dei bancari, ha avvertito che in ogni caso non saranno accettati tentativi «di macelleria sociale» sul personale. «Vedremo pure», aggiunge, «se tutto questo bailamme è solo una prova di forza tra gli attori della partita e di questo negoziato».
Ufficialmente senza il paracadute Unicredit, per Monte dei Paschi resta la via dell’aumento di capitale da 2,5 miliardi da realizzare entro aprile 2022. Anche perché il deficit di capitale previsto al 30 giugno del 2022, secondo i conti di agosto, si è aggravato di un altro mezzo miliardo.
Quello che è certo è che al Tesoro nei giorni passati sono stati ricevuti Giuseppe Castagna e Massimo Tononi, amministratore delegato e presidente del Banco Bpm per discutere degli sportelli che potrebbero essere ceduti, per questioni antitrust, come risultato dell’operazione Unicredit Mps.
In quell’occasione, sembra essere stata ventilata anche l’idea di un piano B, di una fusione Bpm Mps, ma i fondamentali – Bpm è ben più piccolo di Mps – la rendono complicatissima e rischiosa.
In ogni caso, se la trattativa tra Unicredit e governo dovesse davvero fallire – oggi si era parlato persino della possibilità di un comunicato congiunto, che però non si è visto – l’esecutivo dovrebbe chiedere alla Commissione europea una proroga rispetto alla scadenza per la vendita del Monte dei Paschi, fissata finora al 2021.
Non è detto che l’ottenga, ma soprattutto non è detto che banca Mps possa aspettare ancora molto.
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