- Il prospetto dell’operazione svela che le banche che garantiscono l’aumento possono ritirarsi a certe condizioni. Mentre l’investimento di Algebris è a sua volta condizionato all’impegno degli istituti di credito.
- Nella sua valutazione inviata alla banca il 7 ottobre scorso, la Banca centrale europea evidenzia che i rischi sono alti sul fronte del modello di business e dell’adeguatezza patrimoniale.
- Se anche andasse tutto bene, la patrimonializzazione di Mps risulterebbe sotto la media delle banche europee a fine 2024, creando un ostacolo alla eventuale operazione di fusione.
L’aumento di capitale di Monte dei Paschi di Siena «sarà un thriller fino all’ultimo». Lando Sileoni, segretario generale della Fabi, il maggiore sindacato dei bancari, ha dato la migliore definizione dell’operazione con cui da ieri Mps cerca di raccogliere 2,5 miliardi di euro sui mercati. Delle oltre 500 pagine di prospetto, approvato dalla Consob, decine e decine sono dedicate a elencare i rischi, la maggior parte dei quali sono classificati come di «media probabilità» e quindi di «alta rilevanza».
Il consorzio di garanzia
E tra i primi illustrati ci sono le clausole dell’accordo sottoscritto il 13 ottobre scorso dalle banche del consorzio di garanzia che, avverte il documento, «attribuiscono ai Garanti la facoltà di far cessare l’efficacia dei propri impegni di garanzia al ricorrere di taluni eventi di forza maggiore, ovvero di circostanze straordinarie, nonché a fronte del verificarsi ovvero del mancato verificarsi di determinate condizioni». Inoltre, si scopre sempre leggendo il documento, se le banche revocassero il loro impegno, nemmeno il fondo Algebris sarebbe tenuto a rispettare i suoi obblighi di sottoscrizione. Dei diversi casi che darebbero mani libere agli istituti di credito, previsti dalle clausole, ne viene specificato soltanto uno: se si dovesse pubblicare un supplemento al prospetto e dopo la pubblicazione ci fosse un impatto negativo che a giudizio delle stesse banche garanti possa pregiudicare il successo dell’aumento.
I tempi del romanzo thriller, in ogni caso, non saranno solo le due settimane ad alta tensione dell’aumento di capitale, che ieri sono iniziate con una cascata di vendite sui diritti di sottoscrizione da parte dei vecchi soci, destinati a vedere i loro titoli fortemente diluiti, per usare un eufemismo.
Ieri Sileoni ha detto anche che il governo deve uscire dal capitale della banca entro il 2024 e questo significa mettersi subito alla ricerca di un acquirente terminata la ricapitalizzazione.
Non si tratta di un giudizio da condividere o meno, ma di una presa d’atto della lettura del prospetto. Nella sua valutazione inviata alla banca il 7 ottobre scorso, la Banca centrale europea evidenzia che i rischi sono alti sul fronte del modello di business e dell’adeguatezza patrimoniale e medio alti per quanto riguarda l’adeguatezza di liquidità e la gestione dei rischi e la governance interna.
Rischi ispettivi e giudiziari
Mps, poi, è ancora in attesa dei risultati di tre diverse ispezioni avviate dalle autorità di vigilanza: una dalla Consob e due della Bce, la prima cominciata a febbraio sull’adeguatezza dei modelli interni e la seconda avviata ad aprile sui criteri di classificazione dei crediti che potrebbe portare a richieste di nuovi accantonamenti e quindi con «impatti negativi del gruppo».
La Bce ha già chiesto per il 2023 di inviarle un rapporto sui modelli di stress test adottati dalla banca e prevede già di inviare correzioni nella prossima primavera.
Alla data di pubblicazione del documento, poi le richieste arrivate alla banca nei diversi procedimenti giudiziari a suo carico – petitum – ammontano a 5,5 miliardi, con gli accantonamenti nel fondo per rischi e oneri ammontano ad appena 900 milioni di euro. Mentre le richieste stragiudiziali classificate «a rischio soccombenza probabile» ammontano a 2,2 miliardi di euro. Il documento, dopo aver elencato i vari procedimenti giudiziari, avverte che le stime potrebbero cambiare e che le risorse accantonate potrebbero essere insufficienti.
Ma anche se tutto andasse bene, e il piano presentato a luglio fosse rispettato – un inedito considerato che solo dell’ultimo piano l’istituto ha mancato sette macro obiettivi - a fine 2024 la banca avrebbe comunque un Tier 1 Ratio, l’indicatore principale della capitalizzazione, inferiore di 70 punti base rispetto al livello medio delle banche significative europee. «Il persistere di tale gap, nel lungo periodo, potrebbe rappresentare un possibile ostacolo a future operazioni di fusione con un partner industriale», si legge nel documento. E non è il solo ostacolo: secondo il documento gli accordi con Axa, partner industriale che contribuisce all’aumento fino a 200 milioni di euro, praticamente il doppio del valore in Borsa attuale della banca, prevedono che in caso di cambio di azionista, Mps possa dover acquisire le joint venture a sue spese.
Il piano adottato a giugno, poi, prevede stime macroeconomiche ottimistiche su tutti i fronti per il 2023, e una crescita maggiore al due per cento per l’Italia, mentre l’esposizione verso i titoli di debito dello stato italiano è in aumento al 10 per cento dell’attivo del gruppo. Le nuove prospettive di recessione sarebbero molto preoccupanti per altri istituti, per Mps è solo l’ultimo dei rischi.
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