Quattromila posti di lavoro a rischio, lo spettro della chiusura di tre stabilimenti e una promessa di aiuto governativo che non convince lavoratori e sindacati. È questa la complicata situazione in cui versa Beko Italy, la divisione del gruppo turco Arcelik, azienda leader nella produzione di elettrodomestici, che opera nel nostro Paese.

Una vicenda iniziata il 17 gennaio 2023, con l’annuncio della cessione – approvata definitivamente il 7 marzo successivo – da parte di Whirlpool del 75 per cento delle sue attività nell’area comprendente Europa, Medio Oriente e Africa, un’operazione che ha consegnato ai turchi il controllo di cinque stabilimenti nella Penisola.

Riassetto globale

La sempre più agguerrita concorrenza delle aziende asiatiche ha però spinto Arcelik a un riassetto su scala globale, con la chiusura di due stabilimenti in Polonia e uno nel Regno Unito. Anche l’Italia potrebbe essere coinvolta nella ristrutturazione decisa dalla casa madre turca.

Il 7 novembre scorso, durante un incontro al ministero delle Imprese, Beko ha presentato un piano industriale preliminare, in cui ha evidenziato le difficoltà nei settori della refrigerazione e del lavaggio, manifestando l’intenzione di concentrarsi sul settore del cooking, che include la produzione di forni e piani cottura. Un campanello d’allarme per il futuro dei tre stabilimenti dedicati al comparto del freddo: quelli di Siena, Cassinetta di Biandronno, vicino a Varese, e Comunanza, in provincia di Ascoli Piceno.

Il ministro Adolfo Urso ha provato a tranquillizzare i dipendenti, dichiarando che con l’esercizio del golden power, sarà possibile tutelare l’occupazione. La questione, però, appare tutt’altro che definita: domani è previsto un nuovo incontro al ministero, dal quale i sindacati sperano di uscirne con un quadro più chiaro e rassicurante.

Garanzie che mancano

Già l’1 maggio 2023, poco dopo l’ufficializzazione della cessione al gruppo Arcelik degli stabilimenti italiani di Whirlpool, il governo italiano ha ufficializzato con un DPCM l’esercizio del golden power nei confronti di Beko Europe per tutelare l’interesse nazionale, con particolare riguardo alla salvaguardia degli stabilimenti e dei livelli occupazionali in Italia.

In merito all’incontro del 7 novembre, il Ministero delle Imprese ha dichiarato – tramite un comunicato – che «l’esercizio del Golden power su Beko ha permesso l’avvio di un confronto con il gruppo turco, scongiurando situazioni simili a quelle registrate recentemente in Polonia e nel Regno Unito». I sindacati però sono piuttosto scettici a riguardo: «Vogliamo vederci chiaro», dice Barbara Tibaldi, membro della segreteria nazionale della Fiom-Cgil. «Nell’incontro del 7 novembre i rappresentanti di Beko ci hanno spiegato che perdono cento milioni di euro l’anno, in particolare sul comparto del freddo e delle lavatrici, e hanno necessità di tagliare. Con il golden power gli stabilimenti sarebbero salvi, ma bisogna capire bene quasi sono le condizioni a cui il governo potrebbe esercitarlo».

Tutto è ancora poco chiaro, però, a cominciare dal piano di riorganizzazione di Beko richiesto dal Ministero, che non è ancora stato presentato. Gli stabilimenti più a rischio sono quelli in cui si producono frigoriferi e lavatrici, che al momento impiegano gran parte della forza lavoro italiana: 400 posti a Comunanza, 300 a Siena e 700 a Cassinetta di Biandronno. In totale sono 1.400 i lavoratori, senza contare i dipendenti amministrativi, che rischiano di perdere il posto. Ma nessuno dei 4.000 dipendenti di Beko Italy si sente davvero al sicuro in questo clima d’incertezza: il timore è che l’abbandono del comparto del freddo sia solo il primo passo di un processo graduale di abbandono del nostro paese da parte dell’azienda turca, che potrebbe decidere di trasferire le produzioni altrove, dove il costo del lavoro è più basso.

I dubbi riguardano anche la sostenibilità economica degli stabilimenti una volta ridimensionati: a Cassinetta due terzi della fabbrica sono dedicati al comparto del freddo e del lavaggio, ed è difficile immaginare che resti in piedi con i soli piani cottura. «Come si può consentire a una multinazionale di venire in Italia per svuotare gli stabilimenti e mandare a casa la gente? Siamo diventati un parcheggio? La politica batta un colpo», continua Tibaldi.

Film già visto

Timori tutt’altro che infondati, alla luce delle ultime mosse di Beko. Lo scorso 5 settembre l’azienda ha annunciato la chiusura di due stabilimenti in Polonia, a Lodz e a Wroclaw, con il conseguente licenziamento di 1.800 dipendenti. Due mesi prima era stata la volta dello stabilimento di Bristol, in Inghilterra, specializzato nella produzione di asciugatrici, che impiegava 300 dipendenti. La produzione è stata spostata in Romania e Turchia, dove i costi sono più contenuti. La speranza è che adesso non sia arrivato il turno dell’Italia.

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