- La premier chiede la fiducia mettendo le mani avanti sulla legge di bilancio e rinviando il confronto più difficile: quello sulle pensioni.
- Poi parla a imprese, autonomi e piccoli evasori. Promette detassazione, inneggia alla libertà di produrre e le due flat tax.
- Rispetterà le regole del debito e fa una retromarcia obbligata sugli investimenti esteri. Per il resto la sua idea forte è che la stabilità politica è premessa della crescita e solo lei la può dare.
Poche misure concrete e molti messaggi a imprese, autonomi, evasori e necessariamente agli investitori nel discorso con cui Giorgia Meloni ha chiesto la fiducia alle Camere.
Sul fronte economico Meloni come previsto mette le mani avanti sulla legge di bilancio, «poco tempo» per scriverla e troppi ridotti i margini. La premier rimanda in un colpo solo il confronto più duro con alleati e sindacati sulle pensioni e segue la via già imboccata da Draghi: prorogare l’esistente con quote destinate ad alcuni e pagate da tutti per almeno un altro anno.
«Un nuovo patto fiscale»
Annuncia, in compenso, un «nuovo patto fiscale», addirittura una «rivoluzione copernicana» dell’introduzione delle misure bandiera del programma di coalizione - quoziente familiare e le due finte flat tax e una profonda revisione dei criteri di lotta all’evasione. La pace fiscale di Salvini diventa nel gergo meloniano «tregua». La lotta all’evasione sarà serrata, ma a partire da «evasori totali, grandi imprese e grandi frodi sull’Iva», la valutazione dell’azione dell’Agenzia delle entrate sarà legata agli importi incassati. Il messaggio si legge in filigrana: l’evasione dei piccoli è tollerata.
Agli autonomi la premier promette l’estensione delle tutele dei dipendenti, sacrosanta se si abolisse per loro il regime fiscale ad hoc.
Meloni dà ragione all’Economist
Meloni fa professione di fede nelle regole Ue sul debito e una retromarcia pubblica e necessaria sugli investitori esteri, che accoglierà con favore in ottica di «benefici reciproci».
Riscrive la storia: si sofferma soprattutto sulla crescita mancata degli ultimi dieci anni, a trazione centrosinistra, e innalza Giulio Tremonti a padre del Pnrr. Per il resto il pensiero più forte che esprime è che la chiave della crescita e dell’attrazione degli investimenti è la stabilità politica, dando ragione alla copertina tanto criticata dall’Economist.
Libertà di produrre
Parla soprattutto alle imprese - «Non disturbare chi vuole fare» - attacca il reddito di cittadinanza, bottino a cui togliere risorse, indica la libertà di produrre tra quelle fondamentali, promette detassazione di premi produttività, fringe benefit, welfare aziendale e soprattutto delle assunzioni, alle imprese ad alta intensità di lavoro per definizione le meno innovative. Incassa subito l’apprezzamento di Carlo Bonomi, presidente di Confindustria.
© Riproduzione riservata