Resta a disposizione della procura il materiale acquisito con le perquisizioni di febbraio. L’inchiesta per reati fiscali ha preso il via da un esposto di Margherita Agnelli
Nell’estenuante contesa legale per l’eredità miliardaria di Marella Caracciolo, vedova di Gianni Agnelli, il pendolo delle sentenze segna un punto a favore di Margherita Agnelli, la figlia dell’Avvocato. Venerdì 28 marzo, infatti, il tribunale del Riesame di Torino ha respinto il ricorso dei legali di John, Lapo e Ginevra Elkann, i tre figli di Margherita, e del loro commercialista Gianluca Ferrero, che chiedevano il dissequestro del materiale acquisito dalla Guardia di finanza nelle perquisizioni del mese scorso.
Patrimonio offshore
I giudici hanno quindi dato ragione alla procura del capoluogo torinese. I pm Marco Gianoglio, Mario Bendoni e Giulia Marchetti hanno avviato la loro indagine dopo un esposto di Margherita, che lamenta di essere stata esclusa dall’eredità della madre Marella, morta nel 2019, di cui sarebbe stata falsamente dichiarata la residenza in Svizzera. A cascata, da questa accusa deriverebbe, tra l’altro, la possibile evasione fiscale su un ingente patrimonio occultato in paradisi offshore, dal Liechtenstein ai Caraibi.
L’indagine penale, che corre parallela a un procedimento civile sull’eredità di Marella Caracciolo Agnelli, potrebbe finire per rimettere in discussione addirittura l’assetto di controllo della Dicembre, la società, che vede John Elkann come azionista di maggioranza, da cui dipende l’impero finanziario e industriale della famiglia torinese, dalla holding Exor fino a Stellantis. Un risultato clamoroso e che al momento appare tutt’altro che scontato. Intanto, però, con la conferma del sequestro, torna nella disponibilità della Procura un’ingente mole di materiale che potrebbe aprire nuovi scenari investigativi.
L’ultima sentenza segue un pronunciamento del Riesame di due settimane fa che invece aveva disposto la restituzione di quanto sequestrato in una prima perquisizione, l’8 febbraio scorso, negli uffici della fiduciaria torinese P (gruppo bancario Pictet), nell’abitazione di John Elkann e nello studio del commercialista Ferrero. In sostanza, il giudice aveva ordinato il dissequestro di una gran mole di documenti e di database informatici in parte relativi alla società Dicembre, mentre i pm hanno potuto trattenere le carte collegabili in qualche modo all’indagine sulla residenza fiscale di Marella Agnelli e alla sua posizione fiscale.
Di fatto il tribunale ha ritenuto che la Procura avesse realizzato una sorta di pesca a strascico prelevando documentazione che poco o nulla avrebbe avuto a che fare con le ipotesi di reato su cui si stava indagando. Nella prima fase dell’indagine, i pm hanno comunque raccolto, grazie anche a numerosi interrogatori, una serie di elementi che giudicano utili a provare la presunta “esterovestizione” della residenza di Marella Caracciolo Agnelli. È anche emerso che nell’ottobre scorso John, Lapo e Ginevra Elkann hanno sanato dal punto di vista fiscale un patrimonio di 900 milioni di euro, intestato a società del Liechtenstein.
Nuovi indagati
La svolta di inizio marzo, con il dissequestro ordinato dal tribunale, era stata ovviamente accolta con grande favore dalla difesa di Elkann. I magistrati hanno invece scelto di cambiare tattica ordinando un nuovo sequestro, ma ampliando l’ipotesi di reato anche a una presunta truffa ai danni dello Stato. Una truffa che sarebbe stata realizzata attestando con “artifici e raggiri” una falsa residenza svizzera di Marella Caracciolo Agnelli con tutte le conseguenze fiscali del caso, compresa l’esclusione dall’asse ereditario di Margherita Agnelli, visto che nella Confederazione non esiste l’istituto della legittima nella successione. I pm avevano anche esteso il procedimento a due nuovi indagati, cioè Lapo e Ginevra Elkann, in aggiunta al fratello John, a Ferrero e al notaio svizzero Urs von Grueningen.
La tesi della difesa
Oltre a contestare la pertinenza e la proporzionalità, ai fini dell’accusa, del materiale sequestrato, gli avvocati Paolo Siniscalchi, Federico Cecconi e Carlo Re, difensori dei tre Elkann, si erano opposti in base al principio del “ne bis in idem”, che vieta che uno stesso soggetto possa essere processato due volte per lo stesso fatto. Inoltre, secondo i legali, l’aggiramento dell’imposta di successione dichiarando una falsa residenza estera sarebbe stata, al massimo, un illecito amministrativo.
Ebbene, con la sentenza di ieri, il tribunale del Riesame questa volta ha respinto l’istanza dei difensori, ritenendo che vi siano gravi indizi di reato. Documenti, carteggi e materiale informatico restano quindi nella disponibilità degli investigatori, mentre gli avvocati che assistono John, Lapo e Ginevra Elkann si riservano di esaminare le motivazioni della sentenza per decidere se presentare ricorso per Cassazione.
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