- Con l’acquisizione di Autostrade per l’Italia insieme a Cassa depositi e prestiti e Blackstone, il fondo Macquarie ha fatto un incredibile affare.
- Macquarie ha assoldato come suo rappresentante l’ex presidente di Cdp Claudio Costamagna.
- Una strategia ripetuta più volte, variando di settore in settore: Fulvio Conti, ex amministratore delegato di Enel, si è occupato della faccenda Open Fiber, di cui Enel era azionista.
Si dice che il banco vince sempre, ma bisognerebbe aggiornare il detto ai giorni nostri: il fondo vince sempre. Con l’acquisizione di Autostrade per l’Italia insieme a Cassa depositi e prestiti e Blackstone, il fondo Macquarie ha fatto un notevole affare, considerando la redditività sicura di Autostrade, soppesata anche ai piani alti di Cdp all’epoca dell’acquisizione, la dimensione della concessione, e la garanzia di dividendi costanti, al netto degli investimenti.
Per riuscire a ottenere una preda così ghiotta, Macquarie ha usato la strategia migliore in un paese a concorrenza limitata per trattare in un comparto a concorrenza limitata: ha assoldato come suo rappresentante l’ex presidente di Cdp Claudio Costamagna e, con lui, la sua dote di entrature politiche, e un buon rapporto con l’amministratore delegato dell’era precedente da quella dell’attuale ad Dario Scannapieco, Fabrizio Palermo.
Una strategia ripetuta più volte, variando di settore in settore: Fulvio Conti, ex amministratore delegato di Enel, ex Telecom, presidente della Società italiana gas, partecipata e poi venduta dal fondo, si è occupato di numerose partite, mentre Enel era socio di Open Fiber.
Altro nome della scuderia è Roberto Sambuco, che per lo studio Vitale aveva seguito gli accordi di Tim con il fondo americano Kkr e che era in ottime relazioni con l’ex amministratore delegato Luigi Gubitosi.
La strategia oggi non è cambiata con l’ultimo arruolato, Luca Ricci, ex manager di Cdp: al momento della sua nomina Macquarie ha tenuto a specificare in un comunicato che Ricci si occuperà esattamente degli investimenti in cui anche Cdp è azionista, come Open Fiber e Aspi, appunto.
A domanda su eventuali norme interne per evitare questo tipo di passaggi senza soluzione di continuità, Cdp ricorda il suo status di «operatore di mercato» e quindi di non prevedere specifiche incompatibilità.
Ricci inoltre, spiega la cassa, «non è una figura apicale e, peraltro, Macquarie non è, allo stato, un concorrente di Cdp, per cui non si è ritenuto di applicare specifiche tutele».
Dove investire
Macquarie è un colosso globale degli investimenti, conosciuto in Australia, la madrepatria, soprattutto come istituto di credito, ma con interessi nei più diversi settori in giro per il mondo: dalle commodity, che nell’ultimo periodo hanno contribuito generosamente ai conti, alle infrastrutture tradizionali, dalle telecomunicazioni agli idrocarburi, l’ultimo affare è la compagnia del gas delle Hawaii.
Il fondo può immettere liquidità immediata dove manca, spesso in settori che necessitano grossi investimenti ma che il pubblico non riesce o rinuncia a gestire, e in effetti spesso è utile a gestire operazioni troppo onerose per altri soggetti, in cambio chiede alti rendimenti. Il fondo vince sempre, dicevamo.
Il caso spagnolo
Del resto se qualcuno avesse voluto esaminare la storia di Macquarie avrebbe trovato molti esempi illuminanti su un approccio che prevede pochi investimenti, molti utili, e che in alcuni casi si è tradotta nel caricare il debito sulle società oggetto di acquisizione.
In Spagna due anni fa era stata la Cnmv, la autorità per il mercato equivalente a Consob, a mettere in discussione l’operato dei fondi come Macquarie, azionista dal 2017, assieme a Cvc e poi a Omers, della Compania Logistica de Hidrocarburos (CLH), particolarmente indebitata.
In generale in tutti i sei anni di bilanci presi in esame dall’autorità tutti gli utili erano stato distribuiti come dividendi.
Secondo la stampa spagnola CLH ha chiuso il 2021 con un debito finanziario lordo di 1,4 miliardi di euro e 150 milioni di euro in cassa, distribuendo dividendi doppi rispetto agli investimenti.
Oggi la compagnia ha cambiato nome Exolum e dopo i grossi guadagni dell’ultimo periodo del settore energetico, il fondo Omers ha deciso di vendere la sua partecipazione e anche Macquarie sta cercando di cederla.
Il caso spagnolo è interessante anche perché anche in Spagna Macquarie sta investendo come in Italia anche nelle telecomunicazioni, per esempio con una partecipazione in Onivia, società che dopo aver portato la fibra ottica, in alcune delle principali città spagnole, ora si sta occupando di connettere le zone rurali, insomma il corrispettivo di Open Fiber.
In ogni paese, c’è un mercato che ha bisogno di molta liquidità velocemente e che poi può dare ottimi ritorni. E il contesto regolatorio che fa la differenza tra quello che il fondo può permettersi di fare o meno.
In Gran Bretagna, il fondo australiano ha iniziato da infrastrutture e reti, guadagnandosi la definizione di «canguro vampiro» da parte del Sunday Times per aver succhiato 1,6 miliardi di sterline in cedole dalla più grande distributore d’acqua della nazione la società Thames Water, caricandola allo stesso tempo di 11,4 miliardi di debiti che le hanno permesso di abbattere le tasse da pagare ai contribuenti.
Da qualche anno però è diventato il grande prestatore delle squadre della Premier League, a cui chiede di pagare il dazio dei proventi dei diritti televisivi, in cambio di liquidità per il calcio mercato o persino per gli stadi.
Il suo bouquet va dal Crystal Palace allo Sheffield United al Leicester City che Claudio Ranieri ha portato in cima alla serie A.
Secondo i contratti depositati al registro delle imprese inglesi, le squadre devono ovviamente garantire la loro permanenza in Premier League o rassegnarsi a pagare in caso di fallimento.
Gli affari con i Benetton
In tutto questo i Benetton, che di rendite e profitti se ne intendono, conoscono Macquarie dai tempi in cui il fondo era azionista di Aeroporti di Roma, partecipazione lasciata anche lì con ottimo guadagno.
Giusto un mese prima dell’accordo per l’acquisizione di Aspi, merito soprattutto di Costamagna e Palermo, a novembre 2020, Macquarie aveva portato a casa un altro affare non da poco negli Stati Uniti proprio con una controllata dell’Atlantia dei Benetton, la spagnola Abertis Infrastructuras.
A inizio del 2020, prima dello scoppio della pandemia, il governo spagnolo aveva revocato le concessioni autostradali ad Abertis che se rinnovate avrebbero garantito entrare sicure fino al 2048.
Nel giro di pochi mesi però Abertis riesce ad acquisire da Macquarie, in consorzio con un’altra società, la Manulife investment management, un’altra concessione fino al 2070 negli Stati Uniti.
Il primo accordo è sottoscritto a novembre e viene finalizzato con Macquarie infrastructure partners II a dicembre 2020, pochi giorni prima che, a sua volta, il consorzio formato da Cdp Macquarie e Blackston presentasse la sua offerta per l’acquisizione di Aspi.
Abertis ottiene il 55,2 per cento della società Elizabeth River Crossings gestore di quattro tunnel essenziali per superare il fiume Elizabeth e un tratto autostradale collegato nell’area di Norfolk in Virginia, infrastrutture che, come è spiegato nel comunicato che illustra l’operazione, non necessitano di investimenti.
Per Abertis, che oggi è la società più indebitata del gruppo Atlantia, il consolidamento a bilancio della nuova concessione vale da solo un aumento del margine operativo lordo del 13 per cento.
Siccome è l’anno della pandemia, il traffico è crollato rispetto ai periodi precedenti, come si legge nell’analisi allora realizzata da Fitch sul rating della società, sotto osservazione per il debito e con un rating BBB stabile. Macquarie vende quando la concessione è meno redditizia, ma nel lungo termine tornerà ad esserlo anche se Fitch presuppone come base un aumento del pedaggio di dimensioni superiori al 3,5 per cento.
Guadagnano tutti. I fondi che lo fanno per definizione e gli imprenditori che ne copiano il modello. Lo faranno anche un mese più tardi in Italia, a parti invertite.
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